L'"occidentalismo" si nutre di miti distorti, di bugie, di emotività demente e di nemici preconfezionati. In più casi abbiamo avuto modo di evidenziare come la decontestualizzazione degli avvenimenti, la costruzione di un nemico di malvagità metafisica e la sistematica distorsione delle fonti (quando non l'invenzione pura e semplice) siano gli strumenti principali della propaganda "occidentalista". Il tutto sfocia solitamente nella produzione di negletti libercoli e di pamphlet che nessuna persona dotata di un minimo di cognizione di causa si degna neppure di confutare.
E' il caso, in un esempio tra tanti, del "Cristianità ed Islam" che Severino Bortolan -un sacerdote lombardo, sembra- ha scritto anni fa per le Edizioni Kolbe.
Non avendo sottomano il libro, dobbiamo fidarci delle citazioni "occidentaliste", della cui accuratezza abbiamo imparato a dubitare; ci scusiamo fin d'ora se dovesse capitarci di attribuire al Bortolan i demeriti che, invece, appartengono al suo estimatore e recensore. Le citazioni sono in corsivo. I nostri commenti in testo normale.


"I musulmani sono sicuri che l'Italia sarà islamizzata. Omar Bakri, portavoce del Fronte Internazionale Islamico, settore Europa, citando un detto attribuito a Maometto: Prima Costantinopoli, poi Roma, ha dichiarato: "Costantinopoli, che oggi si chiama Istanbul, è stata effettivamente islamizzata. Ora toccherà a Roma. Nessun musulmano dubita che l'Italia sarà islamizzata e che la bandiera dell'Islam sventolerà su Roma (v. La Repubblica, 14 settembre 1998).

Nel corso delle nostre pur brevissime peregrinazioni mediorientali e centroasiatiche non abbiamo mai incontrato nessuno che ci esponesse certezze di questo genere. Forse perché la vita e la quotidianità dei "musulmani" -o meglio, di chi in medio Oriente ed in Asia centrale vive- sono governate da priorità di tutt'altro ordine, come la partecipazione attiva alla società civile o, più spesso, il puro e semplice guadagnarsi la giornata. Questo "Fronte internazionale islamico" si ritrova come tale, stando a Google, esclusivamente nel suddetto articolo pubblicato da "Repubblica" e nei siti e nei blog che l'hanno preso per buono. Abbiamo motivo di ritenere che l'influenza di esso "fronte" sugli eventi passati, presenti e futuri sia dubbia, ed abbiamo motivo di dubitare persino dell'esistenza di una simile organizzazione. Allo stesso modo la "profezia" sulla conquista di Roma, attribuita ad un Inviato che non si capisce quale interesse potesse avere per una Roma così lontana e dal prestigio così appannato come era quella del VII secolo, risulta nel migliore dei casi una traduzione distorta, nel peggiore una favoletta propagandistica.


Il cardinale Giacomo Biffi afferma: "Gli islamici nella stragrande maggioranza e con qualche eccezione, vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra vita individuale e associata, in ciò che ha di più essenziale, di più prezioso, di più irrinunciabile. Essi vengono a noi ben decisi a rimanere sostanzialmente diversi, in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro".
C'è qualcuno che può smentire quest' affermazione? Bisognerebbe guardare a quanto sta accadendo nel mondo e anche in Italia, per rendersi conto come siano realistiche le parole dell' arcivescovo di Bologna. Chi pensa che una pacifica convivenza possa essere possibile una volta che i musulmani raggiungano un numero considerevole, dovrebbe, tanto per fare un esempio, guardare a ciò che sta avvenendo nelle isole Molucche in Indonesia. La causa principale del massacro che va avanti da anni è il tentativo di islamizzazione di un arcipelago che, a causa del passato coloniale, fino a pochi anni fa era a maggioranza cristiana. Si può ritenere che, anche in questo caso, molti dei musulmani arrivati nelle Molucche siano persone pacifiche alla ricerca di un terreno da coltivare, ma non si può ignorare che chi ha favorito tale migrazione aveva altro in mente. Così quelli che nel gennaio 1999 sono iniziati come scontri interetnici, si sono trasformati, con l' arrivo dei volontari per la guerra santa, in una vera pulizia etnica a danno dei cristiani, costretti a fuggire e disperdersi in altre isole dell'Indonesia. Qualcosa di analogo è accaduto in Bosnia. La comunità internazionale si è commossa per i musulmani brutalizzati dai serbi. Ma è un fatto che alla fine della guerra la composizione etnica della Bosnia è cambiata a danno dei cattolici, anche perche i musulmani hanno avuto l' aiuto economico e soprattutto militare dei paesi islamici, Arabia Saudita in testa.


Il fatto che il cardinale Giacomo Biffi si lasci andare a certe affermazioni ci fa pensare che non abbia mai messo il naso fuori dal palazzo dell'arcivescovado. Milioni di persone restano allegramente estranee alla "vita individuale ed associata" perché passano la giornata a fare lavori schifosi e la notte a dormire il sonno del bruto ammassati in celle da galera, con la prospettiva di mandare a casa quel po' di soldi che servono a migliorare le condizioni di vita della loro famiglia e soprattutto a pagare i debiti contratti per "prendere d'assalto l'Occidente". I credenti purtroppo sono una minoranza e sono scoraggiati dal mantenere salde le loro posizioni dall'onnipresenza di proposizioni contrarie cui sottostanno dalla mattina alla sera, che siano l'abbondanza di alcolici o la pornocrazia che dell'"Occidente" rappresentano i lati più invasivi e più redditizi. Se divenissimo "come loro", ossia astemi e lavoratori instancabili, a rimetterci sarebbe solo quell'"industria del lusso" che agli occhi del mondo rappresenta il vero volto dell'"Occidente", assai meglio di qualunque religione più o meno rivelata.
Paragonare le condizioni della penisola italiana a quelle delle Molucche significa essere dotati di una perfetta ignoranza nel campo della storia contemporanea e della geopolitica, a meno che non lo si faccia ad ulteriore demonizzazione di questioni che possono essere spiegate con termini e cause assolutamente immanenti.
I "bosniaci" hanno avuto aiuto economico -assai più che militare- dall'Arabia Saudita e dalla Turchia (sono stati i turchi a ricostruire il ponte di Mostar, bombardato dai cattolicissimi croati) e ci sarebbe stato da meravigliarsi del contrario. Ovviamente, una permanenza di qualche giorno a Mostar o a Sarajevo mostrerebbe a Giacomo Biffi -ed anche a Severino Bortolan- che nonostante tutto, nonostante le nefandezze della guerra e le distruzioni che hanno depauperato in modo irreparabile le testimonianze culturali e documentali della regione, la macchina della convivenza ha ripreso grosso modo a girare; un risultato che ci pare assai più importante di una "islamizzazione" che oltretutto non ci preoccupa affatto.


Monsignor Cosmo Ruppi, arcivescovo di Lecce, molto impegnato nell' accoglienza agli immigrati disse: "Sorge il sospetto che vi siano regie occulte che guidano e dirigono questo enorme movimento di popoli di maggioranza islamica. Vedere, infatti, profughi e immigrati che, pur accolti fraternamente, mostrano con la mano il segno del "vinceremo" , lascia costernati e perplessi. Quando il cardinale Biffi afferma che gli islamici vengono da noi risolutamente decisi a rimanere sostanzialmente diversi, in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro, dice l' esatta verità. Ai reggitori della cosa pubblica è più che doveroso chiedere il diritto della reciprocità, che non viene quasi mai concesso dai paesi da dove provengono questi immigrati" (v. Il Giornale, 4 gennaio 2001).

Ah, la passione per la "regia occulta"! Ai tempi erano le plutocrazie demogiudaicomassoniche, adesso che con gli ebrei non possono più rifarsela devono ringraziare "Al Qaeda" o il suddetto -e molto sfuggente- "Fronte Internazionale Islamico", capitati a proposito per concretizzare il nemico che trama nell'ombra! Chissà se Cosmo Ruppi non abbia mai interpretato le dita aperte a V come segno di contentezza per lo scampato pericolo di una traversata difficile e rischiosa, invece di fare tanta dietrologia. In un "paese" come questo, ridotto in condizioni tali da non poter dare lezioni a nessuno in nessun campo, ben vengano gli "islamici" -qualunque cosa siano- a farci "diventare come loro"; serverà a procurare per lo meno l'illusione di un arresto della caduta. Se don Bortolan vuole la "reciprocità" si accomodi pure: gli hotel di Abu Dhabi e quelli di Ryadh sono affamatissimi di mano d'opera ricattabile e a buon mercato, esattamente come quelli di Stoccarda o di Bergamo.


Monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Corno, condivide il pensiero dei due alti prelati (v. La Provincia, Corno, 29 novembre 1998). Gli italiani dimenticano facilmente il passato, la loro storia, gli eccidi, le distruzioni compiute dai musulmani. Invece i musulmani non hanno mai dimenticato l'Europa e in particolare l'Italia. In alcune università arabe si insegna che bisogna vendicare il disonore di Poitiers del 732, che bloccò l' avanzata dei musulmani sui Pirenei e la sconfitta inflitta loro dalle armate cristiane, sotto le mura di Vienna, nel 1683, con la quale fu impedita la conquista dell'Europa da parte dei musulmani. Essi rivendicano specialmente la Spagna e l'Italia, da cui dicono di essere stati cacciati. Perciò se ritornano vengono a riconquistare la loro terra. Non bisogna dimenticare che l'Islam ha già salde radici secolari in Europa, essendo paesi musulmani l' Albania, la Bosnia, la Turchia, a proposito della quale si sta lavorando per la sua entrata nell'Unione Europea, con le conseguenze negative facilmente prevedibili. Questa volta l'Islam tenta la conquista dell'Italia e dell'Europa soprattutto con l'immigrazione clandestina, che sarebbe più giusto chiamare emigrazione, cioè spostamento d'interi popoli che portano con se le proprie tradizioni, a cominciare da quelle religiose, alle quali non vogliono rinunciare. I musulmani non sanno che farsene delle parole dei progressisti europei che esortano ad una pacifica integrazione, alla creazione di una società multietnica e multiculturale. Sono velleità e pii desideri negati dai fatti. Basta guardare a quello che avviene in qualche nostra città, come Torino, dove i musulmani hanno fatto scappare dal centro storico gli italiani là residenti perché la vita era diventata per loro insopportabile. Di questo si è lamentato nel Duomo anche l' attuale arcivescovo cardinale Severino Poletto. Se poi il nostro sguardo supera la barriera delle Alpi per vedere quello che avviene in Francia e in Inghilterra, allora ci accorgiamo che là, dove l' emigrazione è in atto da decenni, si sono formate due società parallele ed ostili (cfr. Vittorio Messori, La sfida della fede, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1993, pp 369-370).

Siamo perfettamente d'accordo: gli abitanti della penisola italiana hanno dimenticato perfino gli eccidi dei tedeschi e dei repubblichini, non si capisce perché mai dovrebbero ricordare quelli dei cosiddetti "musulmani".
Uscendo dal generico, sarebbe interessantissimo sapere quali sono, queste "università arabe" dove si insegna la vendetta contro il disonore di una Poitiers che è stata mitizzata solo in "Occidente", o di una Vienna che gli stessi sovrani turchi sapevano impresa temeraria, e che fu assediata più per iniziativa dei più periferici dei vassalli della Sublime Porta che non per il volere di un "Islam" metafisico. Se questo "Islam" ha già "radici secolari" in Europa, a maggior ragione si dovrebbe evitare di considerarlo qualcosa di estraneo o -peggio- di negativo per l'identità europea, e l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea non dovrebbe essere temuto da nessuno.
I motivi che spingono tante persone a passare con ogni mezzo il mare ed a sparire nelle metropoli d'Europa non hanno alcunché a che fare con un paventato "islam conquistatore" la cui esistenza è tutta da dimostrare (e quand'anche fosse?); è Massimo Fini (2004) a ricordare che "gli 'islamici', come gli altri immigrati del Terzo Mondo, non vengono da noi per conquistarci. Ci vengono per necessità. A nessuno piace lasciare i propri luoghi d'origine, le proprie case, le proprie famiglie, le proprie abitudini. Ed è stata proprio la pervasività del modello occidentale a devastare l'habitat, economico e sociale, in cui vivevano questi immigrati dal Terzo Mondo, soprattutto dal Nord e dal Centro Africa, riducendoli, spesso, alla fame e costringendoli a venire nei nostri Paesi a cercarvi una vita dopo che gliela abbiamo distrutta". Dopo aver tolto loro tutto, dovremmo togliergli anche l'anima?
In "città come Torino" i nuovi venuti hanno saputo utilizzare a loro pro, e giustamente, risorse e disponibilità che i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana neppure sanno intravedere: adattandosi ad usare le strade come strade e le piazze come piazze, non come salotti, ridando vita a centri urbani che stavano diventando a misura di parassiti immobiliari e che essi hanno restituito alla misura di cittadino e di lavoratore. Questo lo diciamo sorvolando con estrema signorilità sullo sfruttamento assoluto e gagliardo di cui molte di queste persone finiscono vittime. Che la vita nei centri storici sia diventata "insopportabile" per gentùcola redditiera che campava sugli affitti sborsati da altri, è cosa che ci rallegra immensamente. Chi ha bisogno di soldi cominci con l'andare a lavorare. Le "società parallele ed ostili" continueranno a rimanerlo finché ci sarà qualcuno che trarrà utili e suffragi dal definire racaille i poveri delle periferie. E finché si continuerà allegramente a dimenticare in che condizioni erano, tanto per fare un esempio, i dintorni della basilica di St Denis fino a tutti gli anni Sessanta. Ad infondere speranza e voglia di collaborare a chi ci viveva furono quei preti operai della Jeunesse Ouvrière Chrétienne che quei benpensanti più o meno fascistoidi che hanno nell'"occidentalista" medio la loro incarnazione attuale odiarono fin da subito.


I musulmani in Francia hanno occupato le periferie di grandi città, come Parigi, dove la fanno da padroni, ed in Inghilterra mirano addirittura a creare uno stato islamico nello stato inglese. Nel 1989, una delegazione di musulmani ha presentato al ministro dell'interno una serie di richieste: il finanziamento pubblico di scuole musulmane, l'introduzione nel diritto di famiglia di alcune norme islamiche relative al matrimonio, al ripudio della moglie, all' eredità che favorisce i figli maschi ed alla tutela dei bambini in cui prevale il potere del padre e della sua famiglia d' origine. Nel 1990, su ispirazione dell'Istituto islamico di Londra, finanziato dal governo iraniano, è stato pubblicato a Londra un Manifesto musulmano che propone la creazione di uno stato islamico non territoriale all'interno di quello britannico, dotato di parlamento, magistratura, pubblica istruzione (cfr. Mondo e Missione, febbraio 1991, p. 118).

I "musulmani" in Francia non sono padroni proprio di niente, e anche sul fatto che siano dei credenti ci sarebbe non poco da dubitare. La formazione umana e culturale delle banlieues, la vita quotidiana, sono di una vacuità assoluta ed eccezionalmente lontana da qualunque percorso formativo che contempli l'adesione ad un credo tradizionale. Le iniziative "islamiche" nel Regno Unito vedono la partecipazione e l'organizzazione del Muslim Council of Britain, sul cui sito compaiono le foto di feste affollatissime in Trafalgar Square, ma nessun intento collegabile alla formazione di "uno stato nello stato", cosa che invece riuscì benissimo a tale Licio Gelli ed alla sua loggia massonica Propaganda Due, e senza scomodare alcun "islam".


Il professore Khalil, docente al Pontificio Istituto Orientale di Roma dice:"Gli islamici che arrivano in Occidente sono sociologicamente molto deboli, ma convinti di avere la migliore religione. Si trovano di fronte degli occidentali che hanno dato vita ad una società opulenta, ma religiosamente molto debole. Nasce così negli islamici la convinzione ed un concreto progetto, con date e scadenze precise, di poter convertire all'lslam tutti gli occidentali. L'Islam è visto nella fase ascendente, mentre l'Occidente, col Cristianesimo al suo interno, appare a loro nella fase discendente, spiritualmente morto" (v. Mondo e Missione, febbraio 1991, p.115).

Abbiamo motivo di dubitare che gli "islamici che arrivano in 'Occidente'" si pongano problemi di questo tipo. E' più facile che se le ponga qualche "occidentalista" cui il crollo del Muro di Berlino ha tolto dalla vista il nemico metafisico che ne legittimava l'azione e lo stipendio. In ogni caso, che l'"Occidente" sia spiritualmente morto è un'altra di quelle cose che ci guardiamo bene dal mettere in discussione, trovandola difficile da contestare.


Bruno Etienne, dell'Istituto Ricerca e Studi sul mondo arabo e musulmano di Aix-en-Provence (Francia), aggiunge: "In seguito alla sconfitta del 1967, la riaffermazione del religioso nel mondo islamico, è stata di un' ampiezza inattesa: i differenti movimenti di reislamizzazione, al di là delle loro differenze, sono portatori di una contestazione, di una rottura con la società occidentale e con i valori fondatori del sistema sociale nato dalla decolonizzazione. Si oppongono ad un Islam di compromesso pronto ad assuefarsi ad una modernità portata dalla secolarizzazione, affermando la volontà di risuscitare l'età d'oro dell'lslam e la loro parola d'ordine è: "Il Corano è la nostra costituzione" (ibid.).

La riaffermazione non del religioso, ma di un modello di gestione della cosa pubblica che fosse quanto più libero possibile dall'influenza colonialista è alla base del successo della rivoluzione islamica del 1979, che ha contribuito ad ulteriormente alimentarla. I sistemi sociali nati dalla decolonizzazione hanno rappresentato quasi ovunque un peggioramento della colonizzazione medesima, contribuendo poco o punto al miglioramento delle condizioni di vita. Di qui la ricerca di una via autenticamente propria allo sviluppo. Il Libro non è la costituzione di nessuno; le repubbliche che si definiscono "islamiche" hanno, invece, costituzioni lunghe e scritte. Nel caso della Repubblica Islamica dell'Iran, l'articolo 3 assegna al governo, tra le altre cose, la responsabilità "di creare un ambiente favorevole allo sviluppo delle virtù morali basate sulla fede e sulla pietas, e la lotta contro tutte le forme di vizio e di corruzione". Un paragone con la prassi dei governi occidentali, e ancora di più con quella dei governi apprezzati dagli "occidentalisti", sarebbe per lo meno umiliante, anche solo a livello di intenzioni.


I musulmani nell'Europa occidentale sono 26 milioni, con migliaia di moschee, centri culturali e altre istituzioni per la diffusione dell'Islam. Essi si inseriscono nel tessuto sociale europeo attraverso quattro tappe: la richiesta di aiuto per affrontare le necessità della vita, alloggio, cibo, assistenza medica; apertura di centri culturali e moschee spesso luoghi di diffusione di idee eversive nei confronti della nostra società e di appoggio alle organizzazioni terroristiche; la domanda del permesso di soggiorno dato che la grande maggioranza è entrata in Europa clandestinamente; la richiesta del riconoscimento delle leggi coraniche che regolano la vita delle loro comunità, anche se sono in contrasto con le leggi degli stati europei, L'enorme risorsa dei petrodollari dell' Arabia Saudita e di altri paesi islamici è usata non per togliere la povertà delle loro popolazioni, ma per costruire migliaia di moschee in Europa e nel mondo, centri culturali, e armare e sostenere i combattenti islamici in tutto il mondo. La povertà della loro popolazione è usata come mezzo di penetrazione di musulmani in Europa.
Già Maometto diceva: "Chi emigra sappia che la sua emigrazione è fatta per Allah e per il suo profeta". La Turchia e l' Albania, non rispettando i ripetuti accordi con l'ltalia, appoggiano l'invasione musulmana dell'Europa e dell'Italia, studiata e diretta da una regia superiore non troppo occulta. Le ingenti somme di denaro con le quali Bin Laden finanzia il suo Fronte Internazionale lslamico, derivano in parte dalle sue attività finanziarie, dislocate per lo più nel mondo occidentale, e in parte dal sostegno dei 26 milioni di musulmani che vivono in Europa. Lo sceicco Omar Bakri, portavoce europeo del suddetto fronte, ha detto che i musulmani in Europa gli assicurano i proventi della elemosina islamica legale prescritta dal Corano, i quali ammontavano a 1800 miliardi di lire all'anno (v. La Repubblica, 23 agosto 1998).


Ancora una volta torna l'uso, tutto "occidentalista", di sparare cifre da capogiro sul numero di appartenenti ad un credo che, a differenza di quello cattolico, non ha mai tenuto un registro dei credenti. Si noti che per un "occidentalista" sono "tappe di conquista" quella che un essere pensante definisce "integrazione coronata da successo dopo un iter lungo e progressivo". In questi tempi di islamofobia costruita a tavolino, se l'Arabia Saudita non utilizzasse in questo modo i "petrodollari" si direbbe che "tiene la popolazione nella miseria" per comprare le Rolls Royce agli sceicchi. Invece, per qualche strano motivo, degli sperperi dei padroni del petrolio si parla sempre meno. Forse perché non sperperano più come un tempo, ed hanno cominciato a creare ricchezza in patria oltre che a finanziare le necessità dei credenti all'estero. Da molto tempo gli stati petroliferi attirano lavoratori da altri paesi, dall'India, dalle filippine, dall'Africa; i cittadini sauditi, qatariani, omaniti o kuwaitiani in Europa si contano sulla punta delle dita, il che significa che"la povertà della popolazione" che vive nella penisola araba è fuori dalla questione. A meno che, come più volte in questa sede stigmatizzato, non si voglia far credere che dar al'Islam vada inteso come un tutto metafisicamente malvagio.
La citazione delle parole attribuite all'Inviato è, come al solito, monca, per renderla facilmente travisabile e decontestualizzabile. Per intero, lo hadith da cui è tratta afferma (riferito da Imam Bukhari e Imam Muslim):

Abu Hafs Omar ibn al-Khattab (Allah si compiaccia di lui) ha detto:
Ho sentito dire al messaggero di Allah (pace su di lui):
"Le azioni valgono secondo le intenzioni ed ogni uomo avrà secondo il suo intento. Chi emigra per Allah e il suo messaggero sappia che la sua emigrazione vale come fatta per Allah e il suo messaggero; mentre chi emigra per avere dei benefici materiali o per sposare una donna, sappia che la sua emigrazione vale per lo scopo per cui è emigrato."


Il resto dello sproloquio, secondo il quale Bin Laden direbbe a turchi ed albanesi come comportarsi e secondo il quale questo Omar Bakri, da anni occhiutamente spulciato da Scotland Yard, disporrebbe di novecento milioni di euro raccolti in Europa e destinati alla "islamizzazione" del continente non è degno di confutazione. Se mai, va notato come la Turchia sia, da circa settant'anni, uno stato laico e laicizzato, i cui governanti mai e poi mai si metterebbero a comportarsi in modo diametralmente opposto ai principi costituzionali cui fa buona guardia un armatissimo e rispettato esercito.


Un' altra importante fonte di finanziamento del terrorismo viene dallo spaccio della droga prodotta nei paesi musulmani: Marocco, Turchia, Afghanistan, Tunisia, Algeria, ecc. e venduta dai giovani musulmani ai nostri giovani. Così ottengono due risultati, per loro molto importanti, la rovina della nostra gioventù e i soldi per distruggere la nostra civiltà. A proposito di terrorismo islamico in Italia, occorre ricordare che già nel 1996, dodici persone furono arrestate a Milano, sospettate di fornire sostegno allo jai, gruppo armato islamico. A Torino, dopo pochi mesi, furono arrestati sedici algerini accusati di fare parte dello stesso gruppo. A Bologna, ancora nel 1996, fu smantellata un'organizzazione legata al Gia (gruppo islamico armato). Dietro una società di facchinaggio ci sarebbe stata una struttura per finanziare la guerra santa."

Si noti: la lista dei "paesi musulmani" produttori di droga comprende il "democratico" Afghanistan redento dalla barbarie automaticamente grazie all'invasione americana (nonché restituito ai suoi benedetti papaveri, ben inteso), quella Tunisia e quel Marocco che di "musulmano" hanno sempre meno e di "occidentale" sempre di più, e l'Algeria alle cui spaventose vicende recenti non è certo estranea la prassi "occidentalista" e neocolonialista. Se qualcuno vende droga agli "occidentali", significa che qualcuno la compra; nella penisola italiana, peraltro, è in gran voga quella cocaina di cui si fa grand'uso anche ai piani alti dei palazzi del potere e che molto difficilmente può essere correlata in qualsivoglia modo all'"islam".
Il Fronte Islamico di Salvezza ha vinto nel 1991 almeno due tornate elettorali amministrative; in seguito ha stravinto anche le elezioni politiche. L'esercito algerino pensò bene di non riconoscere il risultato elettorale, organizzò un golpe e mise fuori legge il FIS, che si riorganizzò come movimento di resistenza. Invece che cianciare di "guerra santa" e di sancire in ogni sede con effetto penale e retroattivo chi è il "terrorista" e chi no, sarebbe il caso di dare una scorsa a qualche bignami di storia contemporanea: si scoprirebbe anche che il governo algerino ha fatto di tutto per impedire la pubblicazione in Francia di un libro intitolato La sporca guerra, scritto da un ex ufficiale governativo che racconta da testimone oculare di come molti tra i massacri di civili avvenuti nel suo paese siano attribuibili non alla guerriglia, ma alla strategia della tensione instaurata dal governo illegittimo per giustificare sul piano internazionale la sua permanenza al potere. Il libro è stato pubblicato sia in Francia che altrove ed è stato tradotto da Terre di mezzo; gli eventi descritti fanno riferimento agli anni Novanta.
Ecco un estratto del libro, trovato in http://www.broderie.it/pages/pagesPolis/Habib_Souaidia.htm. Avvertiamo che occorre un po' di stomaco forte.

Mohamed Moutadjer era un uomo di sessant'anni. Due dei suoi figli erano terroristi attivamente ricercati.
Dopo averlo torturato, il maggiore Ben Amhmed, comandante del mio reggimento, lo ha trascinato nel cortile e ha... urinato su di lui davanti a tutti ripetendo: "Chiama quei cani dei tuoi figli, che vengano in tuo aiuto, adesso!".
Dopo questa scena barbara, lui ed altri due soldati hanno sparato una raffica sul vecchio. Il suo cadavere è stato lasciato insepolto.
Tutti gli altri sono stati ugualmente assassinati, dopo essere stati torturati, alcuni per molti giorni.
In otto sono stati sgozzati e gettati in un campo. Due cadaveri nudi sono stati gettati accanto alla stazione; altri cinque sono stati lasciati sulla riva dell' oued Isser.
Due prigionieri, un ragazzo di quindici anni e un uomo di circa trentacinque anni, sono stati bruciati vivi. Non dimenticherò mai questa scena.
Oltre a me erano presenti i tenenti Abdelhak e Ramdane del Centro militare d'investigazione e i tenenti Bouziane, Chemseddine e Boukachabia del 25° Reggimento di ricognizione.
Davanti a tutti il tenente Chemseddine aveva fatto mettere in ginocchio i due prigionieri e li aveva cosparsi di A72, un liquido altamente infiammabile utilizzato come carburante per alcuni mezzi blindati.
"No, non lo farà!" continuavo a ripetere a uno dei miei colleghi. Il ragazzino supplicava, piangeva sotto lo sguardo sprezzante dei militari che lo circondavano.
Il tenente ha acceso un pezzo di plastica e lo ha gettato sugli indumenti dell'infelice, che si è subito trasformato in una torcia umana.
Le sue urla di dolore, una cosa da resuscitare i morti, sono state interrotte da una raffica sparata a bruciapelo. Il suo compagno, che aveva assistito alla scena, era ammutolito per il terrore.
Pochi minuti dopo avrebbe subito la stessa sorte.