Dove non arrivò la giustizia statale arrivarono i giustizieri del popolo. Talat Pasa, condannato in contumacia e rifugiato in Germania, fu ucciso nel marzo 1921 da Soghomon Tehlirian, un giovane che aveva avuto l'intera famiglia sterminata e che nel processo, celebratosi tre mesi dopo, fu assolto.
Le sue orme furono seguite da altri giovani armeni che nell'Europa degli anni Venti, percorsa da violenze squadriste e da fremiti rivoluzionari, riuscirono ad uccidere a Roma Said Halim Pasa, il gran visir del tempo di guerra, e di nuovo a Berlino il capo dell'Organizzazione Speciale Bahaettin Sakir. Cemal Pasa, che era stato governatore di quella Siria in cui per i pochi sopravvissuti alle marce di evacuazione la morte arrivava alla fine di un calvario indescrivibile, venne ucciso a Tbilisi. Enver, anch'egli contumace, morì invece in Tajikistan nel 1922 combattendo contro i bolscevichi.
Le uccisioni non erano casuali né opera di pochi individui determinati; dietro quella che venne battezzata operazione Nemesi esisteva un'organizzazione costituita dal Dashnak per giustiziare i responsabili del genocidio. La prima vittima della Nemesi fu tuttavia un armeno, Harutiun Meguerditchian, che aveva consegnato a Talat l'elenco delle centinaia di intellettuali uccisi il 24 aprile 1915, nella giornata che decapitò la nazione armena e ne segno l'inizio della fine.
La Nemesis fu diretta da Armen Garo, che già aveva guidato la delegazione armena alla conferenza di pace in Francia, e lanciata in segreto nel 1919 a margine di un congresso nazionale ad Erevan. Era prevista l'eliminazione di cinquanta condannati in contumacia dai tribunali imperiali e quella di altri settecento tra esecutori e collaboratori alla deportazione, ma con il trattato di Losanna l'organizzazione cessò praticamente di operare.
Con l'inglobamento nell'URSS della repubblica armena e con il successivo periodo di pace difficile, cui pose termine la seconda guerra mondiale, sul genocidio calò una coltre di silenzio e di disinteresse. Un disinteresse tanto perentorio che Hitler poteva affermare nel 1939, alla vigilia di intraprendere un altro ed altrettanto devastante genocidio, che nessuno più si ricordava degli armeni.
Proprio le vicende della shoah, invece, contribuirono a rimettere in moto un processo di ripresa di coscienza che, partendo dalla definizione e dalla sanzione sul piano internazionale del reato di genocidio, giunse negli anni Sessanta a riportare la questione armena all'attenzione dell'opinione pubblica. Alla rinascita di un interesse culturale di ricerca, di memoria e di divulgazione fece da pendant, negli anni 1969-1986, l'attività dell'ASALA, l'Esercito Segreto per la Liberazione dell'Armenia forte di qualche centinaio di combattenti, che dalle sue basi libanesi compì attacchi spettacolari contro personale diplomatico e proprietà turche. Divisosi a causa di dissensi interni, privato delle sue basi dall'invasione israeliana del 1982 e pesantemente criticato da buona parte della diaspora armena, ASALA ha da allora virtualmente cessato di operare, anche se in tempi successivi al 1986 ha rivendicato un attacco -non coronato da successo- contro l'ambasciatore turco in Ungheria.






Bibliografia
 
Marcello Flores, Il genocidio degli armeni, Il Mulino, 2006
Armenians.com presenta la storia dell'organizzazione ASALA.