Sotto il titolo di "La rivolta nazionalista irachena del 1941" il nostro sito-bersaglio riporta un lungo e documentato articolo sull'argomento, ripreso senza nulla mutare dal sito di divulgazione storiain.net dove è assai probabile che Alberto Rosselli lo avesse in prima istanza pubblicato.
Noi siamo meno amanti del copia ed incolla, cerchiamo di utilizzarlo il meno che sia possibile e solo in caso di effettiva necessità. Avendo poco da obiettare o da aggiungere a quanto scritto da Rosselli, rimandiamo i nostri lettori alla fonte originale.
A nostro avviso è interessante, piuttosto, il sottotitolo con cui l'articolo viene riproposto, "L'alleanza tra la Germania e i ribelli islamici di Mesopotamia". Rosselli non ha utilizzato il termine "islamico" in alcun capoverso, e neppure compaiono i vocaboli "islam" o "credente", il che fa pensare che l'"islamicità" dei "ribelli" non sia affatto considerata da Alberto Rosselli come un fattore determinante, o anche solo di una qualche importanza. Nel suo scritto abbonda invece il vocabolo "nazionalista", praticamente l'unica connotazione di qualche importanza attribuita a Rashid Ali al Gaylani ed alla sua rivolta, il cui contenuto "antiebraico" va inteso come corollario. Ed i concetti di nazione e di nazionalismo non sono nati in dar al'Islam: rappresentano uno dei principali apporti ideologici "occidentali" alle dottrine politiche degli ultimi tre secoli.
Si può tranquillamente concludere che una lettura in chiave religiosa o "occidentalista" della rivolta nazionalista irachena rischia di essere controproducente, dal momento che nel testo di Rosselli si citano anche le alleanze tedesche con la cattolicissima Ungheria e con quella Romania in cui l'antisemitismo era un pilastro portante delle onnipresenti idee nazionaliste, o quella Francia di Vichy propalatrice di una rivoluzione nazionale anch'essa antisemita, anch'essa ispirata ai valori del cattolicesimo più intransigente.
Tutto questo, e sicuramente anche altri dettagli che al momento ci sfuggono, lascia pensare che l'articolo tratto da storiain.net sia stato maldestramente piegato a scopi denigratori addirittura meno chiari del consueto: si deve concluderne che, nel 1941, gli "islamici" iracheni strizzavano l'occhio alla Germania? In questo non si sarebbero distinti in nulla da una lunga teoria di movimenti politici e di personaggi che l'"occidentalismo" ha da tempo riabilitato. E' un modo di dare del "nazista" al regime di Saddam Hussein? In tal caso, si tratterebbe di un "nazista" che ha accolto con tutti gli onori ambasciatori e denaro occidentalissimi; gli esponenti di secondo piano del Ba'ath e dell'esercito sono stati rimessi al loro posto con ogni cura dopo l'aggressione statunitense, dal momento che gli aggressori non sapevano più a che santo votarsi per vedere di capir qualcosa in una realtà locale di cui ignoravano tutto, al punto di aver pianificato "ricostruzioni" e presenze sul campo basandosi su una vecchia guida turistica. E', in ultimo, un modo per stigmatizzare come "nazista" il variegato e sempre mutevole fronte di fazioni in lotta tra loro e contro l'occupazione? Oltre a presupporre informazioni di primissima mano e competenze in geopolitica mediorientale di livello non comune, un'operazione del genere dovrebbe tenere conto delle commistioni sempre meno chiare tra occupanti ed occupati, che da anni hanno demolito nel modo più drastico la visione, onnipresente all'inizio del 2003 su tutti i mezzi di informazione, di un'invasione "buona" e foriera di democrazia. Una visione da barzelletta, se non corrispondesse ad una tragedia. Ad una tragedia, per giunta, tanto prevista quanto evitabile.