Luglio 2006. Il mondo del calcio peninsulare sta rivelando i propri segreti di Pulcinella, al punto che molti commentatori rinunciano perfino a fare della satira su quello che la giustizia sportiva prima e quella ordinaria poi stanno facendo venir fuori da qualche mese a quella parte.
A venticinque anni da un affaire scommesse che aveva per un attimo sollevato il coperchio su un calderone di corruzione e favori incrociati in cui il più pulito aveva la rogna, all'inizio di maggio la divulgazione ad opera di ignoti di una serie di intercettazioni telefoniche mostra un barlume di verità circa quello che tutti sanno benissimo da decenni, vale a dire che nei campionati, ormai a tutti i livelli, c'è poco di sportivo e ancora meno di corretto. Niente di grave, in fondo, niente che chi avesse preso in mano i libri scritti da Carlo Petrini non sapesse o non si aspettasse.
Con questo background sociale e sportivo, lo stato che occupa la penisola italiana viene rappresentato ai mondiali di calcio in Germania da una formazione che, guarda tu il caso, arriva stavolta fino alla finale e vince per la quarta volta il campionato del mondo. Il 1982 è lontano, gli uomini sono ben lungi da essere gli stessi, in tribuna non c'è più Sandro Pertini che, al 3 a 1 proprio contro la Germania, finalmente esultò come per dire "toh, béccati questa...!" e che si vedeva era dai tempi della guerra partigiana che aveva un conto aperto coi tedeschi. La vittoria del 2006 è una vittoria mutilata anche per il più accanito dei tifosi, ed il quadro già poco edificante, amarognolo e sospetto per proprio conto viene completato da un Gianluigi Buffon sventolante una bandiera con una croce celtica.
In complesso, i mondiali del 2006 rappresentano se mai un motivo in più per non essere affatto orgogliosi di essere sudditi dello stato di cui sopra; il nostro sito-bersaglio, invece, si sgola in un lungo apologo teso a difendere tale Materazzi, dovizioso giocator di pallone, reo di aver provocato con qualche parola la reazione piuttosto scomposta del suo collega Zidane. Chi scrive si interessa talmente poco di quel che combinano ventidue adulti in mutande in mezzo ad un campo da aver fatto autentica fatica a buttar giù queste dieci righe; nulla di quanto attiene a quel mondo lo tocca minimamente ed Il corollario di wags e di denaro che vi ruota attorno costituisce, se mai, ulteriore elemento a discredito dell'intera questione.
Gli "occidentalisti", naturalmente, la "pensano" in modo un po' diverso e sono stati pronti a gridare allo scandalo per la rabbiosa reazione di Zidane, che noi invece abbiamo motivo di ritenere abbastanza fondata; sono le stesse persone che, con ogni probabilità, due anni prima hanno approvato assieme ad Oriana lo sputo di Totti all'indirizzo dello svedese Poulsen.
Insultare, prendere a sputi gli avversari -o aggredire paesi già in ginocchio, ché la weltanschauung "occidentalista" ci mette poco ad equiparare le due cose- è prassi riservata agli ariani; come ha osato Zidane risentirsi per la divina supremazia di un segnato dal Dio giusto?
Con queste premesse, è chiaro che un'eventuale revisione dei risultati sul campo che avesse messo in discussione il risultato finale del torneo ed avesse assegnato a tavolino la finale alla rappresentativa francese sarebbe stata accolta da iononstoconoriana.com con sincera e rumorosa soddisfazione.