Le prime pubblicazioni fallaciane dal 2001 in avanti ebbero sui media l'effetto che abbiamo tante volte indicato e stigmatizzato in questa sede: la monopolizzazione, per i nobili fini del profitto e dell'imposizione del pensiero unico liberista, di tutti gli spazi a disposizione, cui seguì a ruota l'utilizzo criminale degli scritti di Oriana Fallaci da parte degli "occidentalisti", a giustificazione dell'ingiustificabile senza contemplazione di alcun diritto di replica, pena la morte mediatica (prodromo di quella civile) per chiunque si azzardasse. Un effetto stemperato col tempo, visto il reiterarsi di tematiche molto al di là di ogni logica che i seguenti libelli hanno mostrato. Tuttavia, l'iniziale acriticità con cui penne poco aduse all'adulazione ed al servaggio si schierarono a favore delle non immortali proposizioni vergate non gratis da New York stupisce, adesso che son passati anni, e vieppiù stupisce il fatto che praticamente nessuno ha mai fatto ammenda di certe bassezze, nonostante la sanguinosa realtà quotidiana rovesciata in ogni casa dall'ebetudine delle televisioni.
Uno tra i pochi a levarsi l'elmetto, a rinsavire di schianto e a rendersi conto delle boiate scritte a suo tempo è stato Giovanni Sartori, che controbilanciò nel 2002, presenziando all'incontro cui si fa cenno più avanti, e ancor di più nel 2005 con l'articolo citato di séguito, un infelice "Uditi i critici ha ragione Oriana" scritto nell'ottobre del 2001. In quattro anni erano successe diverse cose, a cominciare dalle pazzesche guerre degli yankee in Medio Oriente ed in Asia Centrale coronate dagli splendidi successi che sappiamo, e la lunga e spregevole tirata fallaciana su embrioni e referendum non andò giù al politologo, che sullo stesso Corrierone rimise al suo posto la fastidiosa islamofoba estimatrice del panzerpapst.
A tutt'oggi, l'esempio di Sartori ha trovato pochissimi imitatori, fatto salvo il manipolo di addetti alla cultura che di chinare la testa proprio non ne hanno mai voluto sapere, e che annovera tra le proprie file personaggi come Franco Cardini. Proprio a Franco Cardini, che di recente ha dedicato buona parte delle proprie pubblicazioni al dar al'Islam ed ai rapporti tra Europa ed Islam, si deve un testo collettaneo uscito nel 2002 ed intitolato, significativamente, "La paura e l'arroganza". Riportiamo la recensione presentata qui, invitando i nostri lettori a confrontare il metodo e la serietà degli "occidentalisti" a quello dei pochi che di farsi incantare non hanno proprio voluto saperne.

 

Recensione a La paura e l’arroganza a cura di Franco Cardini
Alessandro Bedini (Giornalista e saggista)

La paura e l’arroganza, il libro edito da Laterza e curato da Franco Cardini, è anche una risposta alle tesi che Oriana Fallaci ha espresso ne La rabbia e l’orgoglio. Ma il libro non è solo questo. È un’analisi a trecentosessanta gradi sulla situazione intemazionale creatasi prima e dopo l’11 settembre, una riflessione a più voci sulla inutilità dell’attacco americano all’Afghanistan, la peggior risposta possibile – secondo gli autori – al fenomeno terrorista.
Il tratto essenziale de La paura e l’arroganza è la volontà di dar voce a coloro che dissentono dal sistema informativo messo in piedi come una gioiosa macchina da guerra poche ore dopo l’attacco alle Twin Towers e che ha in seguito sviato l’opinione pubblica da quella che poteva essere l’indispensabile riflessione sul meccanismo di causa-effetto che ha innescato una delle crisi più gravi degli ultimi cinquant’anni. Il volume curato da Cardini incollaborazione con il Centro Intemazionale di dialogo Interculturaìe e Interreligioso Dia-Légein, che ha sede a Firenze, ha come coautori intellettuali italiani e stranieri, di provenienza e cultura differenti, ma animati dal desiderio di andare al di là dello specchio dei luoghi comuni.
Massimo Fini, Marco Tarchi, Giannozzo Pucci e chi scrive, sono presenti con i loro interventi nella sezione «Voci dall’Italia» proponendosi di ricontestualizzare gli avvenimenti che hanno portato a quel clima di emergenza psicologica che ha creato una vera e propria cortina fumogena.
Nel capitolo «Voci dall’Europa» si trovano i saggi di Alain De Benoist, il noto intellettuale francese, direttore delle prestigiose riviste «Nouvelle Ecole» e «Krisis» e di Eric J. Hobsbawm.
Una sezione apposita è dedicata alle «Voci dall’America». Vi compaiono i saggi di Noam Chomsky, Michael Mandel, Michel Chossudovsky, V.K. Shachikumar e Mahmood Mamdani.
I curatori del volume hanno voluto inoltre riservare uno spazio alle «Voci dall’Islam» per sottolineare la necessità di confrontarsi anche con quelle opinioni sistematicamente demonizzate dopo gli attacchi di New York e Washington, a prescindere dai loro contenuti, a dimostrazione che un dialogo non solo è sempre possibile ma addirittura indispensabile. In questa parte del libro si possono leggere gli interventi dell’Ayatollah Khamenei, sul rapporto tra Stati Uniti e Iran, di Jamil Barakat e di Tariq Ali.
Il libro è chiuso dalla postfazione, a cura del gruppo Dia Légein. Secondo gli autori la politica estera americana favorisce obiettivamente lo sviluppo dei movimenti fondamentalisti: l’appoggio incondizionato a Israele, che opprime il popolo palestinese, la guerra infinita all’Iraq, con un embargo che ha già provocato centinaia di migliala di morti civili senza scalfire il potere di Saddam Hussein, la presenza di truppe americane sul suolo Saudita, sacro alla religione islamica, rappresentano altrettanti detonatori che possono scoppiare da un momento all’altro.
«Combattere il terrorismo senza chiedersi che cosa lo produca – osserva Alain De Benoist – condanna all’impotenza». E aggiunge: «comprendere non equivale a legittimare, e ancor meno ad approvare. Ma rinunciare a comprendere il terrorismo porta a renderlo incomprensibile». L’iperterrorismo del resto ha come caratteristica dominante quello del non avere una base territoriale, essendo le sue basi mobili e dunque sfuggenti. L’attacco all’Afghanistan rischia dunque di essere stato inutile per aver provocato migliata di morti civili innocenti. «Ci è parso che far vendetta e chiamarla giustizia, fare i propri interessi e chiamarla libertà, siano mistificazioni dalle quali dobbiamo liberarci se vogliamo capire il mondo quale esso è», osserva Franco Cardini. Il libro, uscito il 6 settembre [2002, n.d.r.], è stato presentato il giorno dopo, alla Libreria Feltrinelli di Firenze; sono intervenuti: Giovanni Sartori, Franco Cardini, Marco Tarchi e Danilo Zolo; moderatore: Francesco Carrassi direttore de «La Nazione».