Traduzione da Conflicts Forum.

La tensione e la confusione che colpiscono il cuore del mondo sunnita stanno trascinando nel vortice anche i membri del Consiglio degli Stati del Golfo. Il CSG è un raggruppamento politico guidato dall'Arabia Saudita: si trova diviso e letteralmente scardinato dalle tensioni che il repentino cambio di linea politica adottato dall'Arabia Saudita ha esercitato su di esso. Un decreto reale criminalizza i sauditi che combattono al di fuori del paese e indica come "terroristi" svariati gruppi jihadisti (ma, cosa fondamentale, non tutti); riserva una menzione particolare soprattutto ai Fratelli Musulmani. L'Arabia Saudita, sentendo che i Fratelli Musulmani si stanno indebolendo dopo che in Egitto sono finiti sotto il fuoco tambureggiante della repressione, sta cercando di far sì che tutti i paesi del CSG, e anche quelli che non appartengono al CSG ma in cui i Fratelli Musulmani sono comunque presenti, li definiscano per decreto come organizzazione terroristica. Come ha scritto un editorialista del Golfo, sembra che l'Arabia Saudita abbia deciso di spazzar via una volta per tutte i Fratelli Musulmani.
I sauditi non vogliono solo spazzare via i Fratelli; vogliono anche fare tabula rasa di qualunque critica indiretta alla loro linea politica, specie di quelle dirette al feldmaresciallo al Sissi che arrivano via etere dal Qatar. I sauditi pretendono che Qaradawi [teologo egiziano che conduce una trasmissione tv su Al Jazeera, N.d.T.] venga dichiarato "persona non grata" e che ad Al Jazeera venga messa la sordina, se non proprio fatta fuori del tutto. La pressione sul Qatar è forte, e lo Huffington Post scrive che i sauditi hanno anche chiesto la chiusura di due think tank ameriKKKani basati nel paese. Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi hanno ritirato i loro ambasciatori da Doha, ora che l'Egitto viene considerato come futuro membro del CSG anche gli egiziani si trovano spalla a spalla coi sauditi e gli Emirati nella "guerra" contro il Qatar e contro i Fratelli Musulmani.
Ci sono due diverse questioni alla base delle tensioni interne al CSG. Due temi su cui l'Arabia Saudita ha repentinamente e platealmente cambiato linea politica con conseguenze che vanno al di là delle schermaglie con il Qatar e che vanno a colpire in vario modo con gli interessi dei vari stati del Golfo. Questo li mette a contrasto con l'Arabia Saudita.
Nel corso degli anni Sessanta e Settanta l'Arabia Saudita si è servita di intellettuali dei Fratelli Musulmani esuli dall'Egitto per conferire allo wahabismo una rispettabilità accademica. A questo si arrivò tramite una storiografia focalizzata sulla pietas degli antenati (i Salal), collocata all'interno di una concezione ideologica che fornì concretezza allo wahabismo. I Fratelli Musulmani furono schierati dai sauditi anche come efficacissimi strumenti propagandistici contro il nasserismo e il baathismo. Solo che dagli anni Novanta in poi l'Arabia Saudita si è rivolta contro di loro, pensando che i Fratelli Musulmani avessero abusato della generosità saudita attaccandosi al flusso dei petrodollari non per servire agli interessi dei sauditi, ma per interesse loro proprio. Cosa ancora più grave, i Fratelli Musulmani avevano cambiato la narrativa salafita in modo da asserire che la sovranità emana dal popolo piuttosto che dal monarca saudita. Questa "deviazione narrativa" causa tra i reali sauditi timori particolarmente forti non tanto per quello che i Fratelli Musulmani stanno facendo per minare direttamente l'assetto governativo saudita, ma perché essi rappresentano la più grossa sfida possibile alla legittimità della famiglia regnante. L'Arabia Saudita non ha mai perdonato ai Fratelli Musulmani questo tradimento.
L'esperienza del Qatar e del Kuwait con i Fratelli Musulmani è stata piuttosto diversa. In Qatar i Fratelli Musulmani hanno comunicato il proprio autoscioglimento nel 1999, facendo così venire meno ogni sensazione che l'emirato fosse minacciato dall'interno. Il Kuwait invece è stato capace di arginare il movimento islamico grazie ad un sistema di governo costituzionale in cui si permette l'espressione di concezioni politiche diverse ed in cui sono ammesse le manifestazioni di protesta. Per questo in Qatar ed in Kuwait, a differenza di quanto successo in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi, nessuno si è scomposto più di tanto perché i Fratelli Musulmani hanno preso il governo al Cairo o perché l'influenza degli islamici è andata aumentando in tutta la regione. In Oman il particolare modo con cui i gruppi settari si presentano, che li pone al di fuori dalla categoria polarizzata dei gruppi settari propriamente detti, ha mitigato il confronto tra sunniti e sciiti facendo sì che il paese si curasse assai meno dei Fratelli Musulmani di quanto abbiano fatto Emirati ed Arabia Saudita. Gli Emirati Arabi in particolare ritengono che dai Fratelli Musulmani provenga ogni minaccia al loro fronte interno: colpa delle cellule disseminate nel Golfo decenni or sono, quando i Fratelli Musulmani contavano sulla benevolenza saudita e i loro intellettuali formavano l'ossatura delle istituzioni mediatiche ed educative in tutto il Golfo.
A differenza dell'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia ai tempi delle sollevazioni del 2011 sono stati in prima fila nell'agevolare i Fratelli Musulmani in Siria ed in altri paesi del Medio Oriente; per esere chiari, il Qatar non si è concentrato solo sugli Ikhwan [i Fratelli, N.d.T.] propriamente detti, ma ha fornito sostegno anche a gruppi jihadisti radicali. Alla fine l'Arabia Saudita ha messo il Qatar all'angolo, per collocare i propri prediletti salafiti di orientamento filosaudita alla testa dell'opposizione siriana. Il fatto che il Qatar avesse stretti legami con il CentCom e con il generale Petraeus che all'epoca lo comandava può aver fatto pensare a Riyadh che nella direzione del cosiddetto "risveglio" [la "primavera araba" delle gazzette, N.d.T.] l'emiro del Qatar potesse contare sull'attenzione ameriKKKana; pare che in seguito gli Stati Uniti si siano fatti l'idea che l'emiro stesse facendo il doppio gioco, sostenendo da una parte i movimenti "democratici" del riformismo islamico e dall'altra i gruppi sunniti radicali antidemocratici. In conclusione, lo scatenarsi in siria di gruppi di jihadisti in competizione tra loro ha fatto sì che gli ameriKKKani reagissero cercando di riorganizzare e ridefinire le loro infrastrutture di sicurezza in medio Oriente affinché si impegnassero contro lo jihadismo.
Alla base di tutto questo ci sono innanzitutto l'Egitto e l'apprezzamento dei sauditi per la lotta contro i Fratelli Musulmani intrapresa da al Sissi, e poi il disconoscimento degli jihadisti per decreto legge, che ha causato l'ira delle formazioni disconosciute in Siria e dei loro corrispondenti ed aiutanti salafiti e dei Fratelli Musulmani in Libano.
Ci sono molte cose che non sappiamo, su come il CSG ha deciso di coordinare le proprie mosse contro il Qatar. Cosa conteneva il trattato saudita-qatariano sottoscritto lo scorso anno a Riyadh con i buoni uffici dell'emiro del Kuwait, e sulla base di cosa si sta accusando il governo del Qatar di non averlo rispettato? In Egitto, il Qatar si è schierato contro il colpo di stato del 3 luglio mentre i sauditi e gli EAU hanno fatto propria senza sbavature la linea secondo la quale il successo e la determinazione del nuovo governo egiziano nella repressione del Fratelli Musulmani sono essenziali e non devono essere criticati in alcun modo. Il Qatar sostiene che la sua scelta in Egitto non rappresenta un'interferenza negli affari interni degli altri due paesi (il che fa pensare che il trattato saudita-qatariano di cui sopra configurasse il sostegno per il colpo di stato in Egitto come se fosse un imperativo interno al CSG più che una questione di politica estera) e vuole che gli altri stati del Consiglio ne prendano atto senza obiezioni.
Una seconda causa scatenante è stata probabilmente la sostituzione del principe Bandar con il principe Mohammed bin Nayef seguita al cambiamento di linea politica in Siria deciso dai sauditi. A questo proposito è forse esatto pensare che la prospettiva di una imminente visita del presidente Obama a Riyadh abbia agito come un catalizzatore per la ridefinizione della linea politica saudita, ora rivolta a contrastare lo jihadismo takfir. Il principe Mohammed è ben visto dagli ameriKKKani, e queste credenziali gli vengono proprio dal campo dell'antiterrorismo, che è la nuova priorità degli occidentali. E' significativo anche il fatto che sia lui che suo padre siano ampiamente noti per l'odio che nutrono nei confronti dei Fratelli Musulmani. L'Arabia Saudita può anche aver fatto qualche concessione sottobanco in Siria, ma di fatto sta raddoppiando gli sforzi per far fuori i Fratelli. Se riesce a convincere altri paesi mediorientali a mettere al bando i Fratelli Musulmani è possible che lo stesso Mohammed bin Nayef sia nel giusto quando sostiene che potrà far conto per gli eventi a seguire anche sui paesi europei, sempre così in linea con gli interessi del Golfo.
Non è logico pensare che il Qatar, l'Oman ed anche il Kuwait, attualmente sotto pressione da parte dei sauditi che vorrebbero siglasse un trattato sulla sicurezza dagli obiettivi impegnativi e dalla vasta portata, possano restare a far parte della stessa organizzazione per la sicurezza di cui fanno parte Arabia Saudita ed Emirati Arabi quando la loro visione su dove covino i comuni pericoli è tanto diversa. La maggior parte dei paesi del CSG pensa che la "minaccia iraniana", considerata la ragion d'essere essenziale del CSG, possa essere efficacemente contrastata per mezzo degli Stati Uniti e del loro continuativo impegno per la sicurezza del Golfo. Un impegno che il Segretario alla Difesa degli USA non manca mai di sottolineare. In poche parole, l'Arabia Saudita è in disaccordo con altri paesi del Golfo circa la natura e la portata di qualsivoglia "minaccia" provenga dall'Iran, è in disaccordo con il Qatar su una lunga serie di questioni, è in disaccordo con l'Oman perché l'Oman non ha ascoltato gli appelli all'unione che arrivavano dal CSG e perché ha fatto da mediatore con l'Iran, è in disaccordo con il Kuwait che sta puntando i piedi sul trattato, ed è in disaccordo anche con gli Emirati Arabi che non hanno acccettato che l'Arabia Saudita diventasse sede della Banca Centrale del Golfo. E' chiaro che l'Arabia Saudita sta passando un momento di rabbia, e gli altri stati del CSG sono visibilmente preoccupati.
Sul piano della geopolitica, cosa significa tutto questo? Intanto è verosimile che le tensioni interne al CSG esploderanno in Siria direttamente, perché in Siria gli attriti fra paesi del Golfo si rispecchiano negli antagonismi e negli scontri che si verificano tra i diversi gruppi di insorti armati, cosa di cui si avvantaggia l'Esercito Arabo Siriano. In secondo luogo, la perdita di coerenza da parte del CSG lo indebolirà come organizzazione e influirà negativamente anche sulla politica saudita, che si basa proprio sul controllo di questa organizzazione. In terzo luogo, l'ostentata ostilità nei confronti di Oman e Qatar non li farà desistere dal loro riavvicinamento all'Iran, anzi. In quarto luogo, l'offensiva contro i Fratelli Musulmani sta aggravando l'isolamento di Erdogan e la sua vulnerabilità politica. Infine, l'Arabia Saudita si è spinta al punto da caricare la massima parte della propria credibilità sulle spalle del feldmaresciallo al Sissi e dell'imprevedibile corso degli eventi in Egitto.
Di certo il ricorso degli Stati Uniti e dell'Europa alla retorica della guerra fredda in merito alla questione dell'Ucraina e la loro determinazione a fare il possibile per staccare l'Ucraina dall'orbita russa copriranno tutte queste tensioni con un ulteriore elemento: in che modo risponderà la Russia? Un ambasciatore russo dice che la questione dell'Ucraina cambia tutte le carte in tavola. Cosa significa questo per l'Iran, per la Siria e per il più coeso blocco che raggruppa il fronte rivale? Se la Russia si mostra più intransigente, è possibile che qualcuno tra gli stati del CSG cominci a guardare ad essa e ai suoi alleati, dal momento che in Medio Oriente si considera la Russia come un paese perseverante nelle proprie linee politiche?