Traduzione da Valdai Discussion Club, 30 luglio 2014.

Immanuel Wallerstein parla qui di due articoli rilevanti: un trafiletto sul Los Angeles Times ed un lungo scritto sul Der Spiegel tedesco. Il tema comune ad entrambi è La rottura tra Germania ed AmeriKKKa. Secondo Wallerstein entrambi gli articoli esprimono pessimismo sul fatto che questa rottura, che non ha precedenti, possa essere del tutto sanata (sempre che sia possibile sanarla). Il Der Spiegel intitolava: La scelta della Germania: AmeriKKKa o Russia? Un paragrafo dell'articolo si intitolava a sua volta L'ultima possibilità.
Questa ultima possibilità fa riferimento all'incapacità della Germania di scuotere il giogo rappresentato per essa dallo "stato profondo" ameriKKKano; nel caso specifico, dello "stato profondo" che sovrintende alla sicurezza del paese. Susan Rice ha detto senza giri di parole ai funzionari tedeschi che l'AmeriKKKa non avrebbe neppure esteso la propria garanzia sullo spionaggio a nessuno, meno che ad Angela Merkel in peersona. Come notato anche dal professor Hendrickson, "[la vicenda spionistica] ha fatto vedere [ai tedeschi] che l'apparato che tutela la sicurezza nazionale degli Stati Uniti non è meno vorace della STASI quando si tratta di penetrare nei più profondi recessi dell'anima umana. Vuole tutto, e -peggio- pensa che questo volere tutto sia una cosa perfettamente normale".
Ovviamente l'episodio spionistico non è che la punta di un iceberg assai più grande. E questo iceberg è rappresentato dal fatto che l'insediamento postbellico dell'AmeriKKKa in Europa, avvenuto tramite la NATO, ha tolto e continua a togliere la questione della sicurezza dalla prospettiva di azione dell'Unione Europea. La politica di sicurezza dell'Unione Europea è di fatto la politica della NATO, ovvero una politica statunitense.
Potrebbe sembrare che per l'Unione Europea non esistano alternative: gli europei non potrebbero mai mettere in piedi una struttura di sicurezza alternativa che non contempli la presenza degli Stati Uniti, divisi come sono tra ventotto stati sovrani e con l'impianto neoliberista che esiste in tutta l'Europa orientale. Eppure un'alternativa esiste, anche se è una di quelle di cui non si deve parlare a voce alta quando ci sono in giro dei bambini: "Se non avesse alcuna alternativa, la Germania potrebbe chiudere gli occhi, battere i tacchi tre volte e rimettere velocemente in piedi il vecchio concerto europeo [delle potenze], che non prevede la presenza di un solo soldato o di un solo aviatore ameriKKKano", pensa Hendrickson. L'asse centrale d'Europa non sarebbe quello formato da Francia e Germania, ma quello formato da Germania e Russia, soprattutto in considerazione dell'attuale schizofrenia del Regno Unito sul futuro del proprio orientamento politico, e considerata la debilitazione della politica francese.
Cosa c'entra tutto questo con il volo MH17 e con l'Ucraina? Beh, c'entra per parecchi versi. Dopo aver rilevato il fatto che gli articoli citati considerano la rottura tra Germania e Stati uniti come una questione della massima serietà, Wallerstein scrive che
il problema principale è che gli Stati Uniti, già da un po' di tempo a questa parte, stanno vivendo una fase di declino geopolitico. E la cosa non gli piace, e non la accettano realmente. Di sicuro non sanno come affrontare la situazione, ovvero come cavarsela perdendoci il meno possibile. Sicché vanno avanti cercando di ripristinare quello che ripristinare non si può, vale a dire la leadership statunitense -ovvero l'egemonia statunitense- sul sistema globale. Tutto questo fa degli Stati Uniti un attore molto pericoloso. Non sono pochi gli statunitensi addentro alle cose della politica che hanno cominciato ad invocare una qualche "azione decisiva", qualunque cosa l'espressione possa significare. E le elezioni statunitensi possono dipendere in larga misura da come il mondo politico statunitense affronterà la questione.
La cosa adesso sta diventando chiara anche agli europei in generale, e al cancelliere tedesco Angela Merkel in particolare. Gli Stati Uniti sono diventati un partner molto inaffidabile: sicché in Germania ed anche altrove in Europa persino coloro che rimpiangono il rassicurante abbraccio del "mondo libero" si stanno con qualche riluttanza unendo a chi non soffre troppo di certe nostalgie per cercare un qualche modo di sopravvivere geopoliticamente anche senza gli Stati Uniti. E questo li sta spingendo verso l'alternativa logica, che è rappresentata da una casa europea di cui faccia parte anche la Russia.
I tedeschi e gli europei in generale si muovono inesorabilmente verso questa direzione, ma hanno comunque i loro dubbi. Se non possono più fidarsi degli Stati uniti, possono fidarsi della Russia? E soprattutto, potranno mai arrivare ad un accordo con i russi che i russi considerino valga la pena di stringere e soprattutto di rispettare? Si può scommettere che le dicussioni, nelle conventicole del governo tedesco di oggi, vertono su questo argomento e non sul come ricucire lo strappo irreparabile sofferto dalla credibilità degli Stati uniti.
Si tratta di una prospettiva molto temuta da varie figure di primo piano in AmeriKKKa perché è diventata un qualche cosa che viene considerato determinante per il destino dell'AmeriKKKa come leader globale, per un verso o per l'altro. E Putin ha capito perfettamente cosa bolle in pentola: nel gestire la crisi in Ucraina Putin si è concentrato soprattutto sull'ottenere sostegni in Europa. Quando il volo MH17 è stato abbattuto -da chi non è ancora dato saperlo- la questione è stata accolta dai politici ameriKKKani secondo l'adagio che afferma che "ogni crisi contiene delle opportunità".
I mass media occidentali hanno premuto a fondo sul fattore emotivo e ritratto i miliziani -e per estensione lo stesso Putin- come barbari di inumana freddezza a fronte della perdita dell'aereo e delle vite dei civili; l'intenzione è ovviamente quella di togliere alternative ai tedeschi e di non lasciare alla Merkel altra scelta che non quella di appoggiare le sanzioni "di terzo livello" contro la Russia. Le comparsate di John Kerry nelle trasmissioni televisive statunitensi della domenica in cui si dava la stura all'indignazione per il cinismo e per l'irresponsabilità mostrati da Putin sono servite a spedire ai tedeschi e agli europei in generale un messaggio critico: non potete credere a Putin, che non ha alcun senso morale, e alla Russia.
A rendere ancora più chiaro quale fosse il fine di tutto questo tramestìo ci ha pensato Zibignew Brzezinski, anch'egli ospite in televisione ha detto in contemporanea a Kerry, esortando gli europei "a levarsi contro Putin", chiedendosi se l'Europa "voglia diventare un suo satellite" ed esprimendo preoccupazione per il fatto che "ci troviamo in un momento determinante per il futuro del sistema, per il futuro del sistema mondiale". Kerry non ha citato alcuna prova sostanziale che coinvolga le milizie del Donbass o la Russia nell'abbattimento dell'aereo civile. Molte delle presunte efferatezze delle milizie sono state esagerate per approfittare della loro valenza emotiva, come in questo caso.
Lo Wall Street Journal ammonisce la Merkel dalla prima pagina affinché dia il suo assenso alla terza tornata di sanzioni contro la Russia: "le operazioni di vasta portata della Deutsche Bank negli Stati Uniti sono minate da una lunga serie di problemi seri: report finanziari scoraggianti, indagini preliminari e follow up inadeguati, tecnologie deboli". Questo suggerimento alla Merkel arriva insieme alla multa da nove miliardi di dollari imposta dalle autorità statunitense alla banca francese BNP; il motivo ufficiale è che la banca finanzia il commercio con l'Iran, ma pare che il motivo vero sia la volontà di punire la Francia per aver rifiutato di annullare il contratto che prevede la fornitura alla Russia di navi da assalto anfibio della classe Mistral. Alla Deutsche Bank viene attribuita un'esposizione in termini di derivati vicina ai settantacinquemila miliardi. Cento volte superiore ai cinquecentoventidue miliardi in depositi che ci sono nelle casse della banca, e cinque volte superiore all'intero PIL europeo.
Da tutto questo derivano due dati di fatto. In primo luogo, le comparsate di Kerry negli studi televisivi sono servite a saturare e ad emozionare il pubblico in una maniera tale che qualunque sia il risultato delle indagini sull'abbattimento dell'aereo esso non potrà cambiare quello che nell'opinione pubblica ameriKKKana sarà divenuto un atteggiamento consolidato. Si controlli pure la copertina del numero straordinario di Newsweek di questo mese per avere prova di come sia di fatto impossibile considerare realistica un'analisi obiettiva di quanto successo.
In secondo luogo, quanto successo non ha influito sui calcoli del Presidente Putin riguardo all'Ucraina, e neppure sulla politica fin qui messa in pratica. Per mettere a tacere ogni voce che mette in dubbio la sopravvivenza politica di Putin è sufficiente dare un'occhiata agli ultimi sondaggi. Putin viene approvato dall'83% degli interpellati, mentre la posizione sostenuta dalla leadership statunitense convince solo il 4% dei russi. I filoatlantisti in Russia hanno completamente perso la loro base.
Perché la Russia ha iniziato ad offrire una versione ufficiale diversa sull'abbattimento del volo MH17, sostenendola con prove concrete provenienti dalle registrazioni fatte dai radar per il traffico aereo? Le registrazioni indicano che al momento in cui l'MH17 è scomparso dai radar, vicino si trovava un aereo ucraino, nonostante le smentite di Kiev. I militari russi hanno anche fornito immagini da satellite che mostrano come una batteria di SA11 ucraini si trovasse nei pressi del punto in cui il Boeing 777 è scomparso dai radar, ed anche questa è una cosa che contraddice le pretese di Kiev e di Washington. A differenza di Kerry, i funzionari russi (primo fra tutti il viceministro della Difesa) si sono guardati bene dal fare speculazioni su chi o che cosa abbia causato lo schianto; invece, hanno posto dieci domande sulle circostanze in cui si è verificata la scomparsa dell'aereo, e sono dieci domande a cui attendono risposta.
Per parare il colpo, gli Stati Uniti sono stati costretti a cedere alla stampa una ricostruzione fatta dall'intelligence in cui i toni sono molto differenti da quelli utilizzati dal blitz che Kerry ha fatto nelle trasmissioni di domenica. Invece di reggere la parte al suo spettacolino fracassone, chi ha analizzato la situazione ha agguantato il Segretario di Stato e lo ha rimesso a contatto con le prove oggettive che stavano dietro alla tiritera del "chi è stato lo sappiamo noi". Chi ha analizzato la situazione non ha cercato di rispondere alle dieci domande dei russi; i funzionari dei servizi statunitensi hanno detto che non sapevano chi aveva lanciato il missile, e nemmeno se a lanciarlo fosse stato personale russo. Non sapevano con sicurezza se la squadra di lancio fosse stata addestrata in Russia, anche se si sono soffermati a descrivere come nelle ultime settimane le forniture di armi e di addestramento ai ribelli da parte dei russi siano diventati più intensi, rafforzamento che è proseguito a loro dire anche dopo l'abbattimento dello MH17. Chi ha lanciato il missile? "Non abbiamo nomi, non abbiamo il grado, e non siamo sicuri al cento per cento nemmeno sulla sua nazionalità" ha detto un finzionario che ad un certo punto ha anche aggiunto che "in questa faccenda non arriverà nessun Perry Mason". Hanno anche detto di non sapere se le forze armate del Donbass avessero o meno nelle loro disponibilità dei lanciatori di missili SA11 prima che l'MH17 venisse abbattuto.
Per quale motivo i russi stanno cercando di arrivare alla verità? Per i mass media essa sarà comunque carta straccia, se non sarà conforme ai loro preconcetti. Il fatto è che la battaglia per la verità ha come posta in gioco la fiducia della leadership tedesca, ed anche di quella di altri paesi europei tra i quali la Francia, l'Austria e lo stato che occupa la penisola italiana. Senza fare tanto chiasso, i russi hanno già fornito all'Unione Europea tutti i dati in loro possesso. La commedia di Kerry riuscirà a far piazza pulita in Germania di ogni possiblità diversa dall'accodarsi all'atteggiamento ameriKKKano? Lo dirà il tempo. Ma se alla fine viene fuori che gli Stati Uniti hanno forzato l'europa ad approvare la terza tranche di sanzioni contro Mosca e l'hanno portata sull'orlo dello scontro con la Russia sulla base di prove inconsistenti, il risultato non potrà essere che un forte rafforzamento della convinzione dell'esecutivo tedesco (già notata da Wallerstein) che già oggi vede la politica estera degli Stati Uniti come pericolosamente allo sbando e in preda all'incoerenza.
Probabilmente i leader europei saranno in larga misura d'accordo con Peter Lee, che scrive che "le sanzioni [contro la Russia] per gli Stati Uniti sono diventate un fine in se stesse; l'impressione è che la politica statunitense nei confronti della Russia sia caduta preda degli antirussi di principio che allignano nello "stato profondo" della diplomazia e dell'esercito, che li permeano e che sopravvivono ad ogni cambio di amministrazione". Non sorprende che gli europei abbiano iniziato a chiedersi dove arriveremo con le sanzioni, e quale sia la posta in gioco. Perché le sanzioni colpiranno gli scambi degli europei con la Russia, che sono di tutto rispetto, e laceranno le economie europee scoperte e vulnerabili rispetto agli interessi commerciali degli Stati Uniti. Ecco perché l'establishment ameriKKKano considera le sanzioni in se stesse come un fine, ecco perché infangare ed umiliare Putin è anch'esso un fine in sé, ed una prospettiva allettante.
E' possibile che Putin ceda? E Perché dovrebbe farlo? Una Ucraina per intero compresa nel campo ostile degli antirussi e dei favorevoli alla NATO costituirebbe una minaccia fondamentale, cui Putin non ha alcun motivo di assoggettarsi. A luglio un settore dei federalisti di Donetsk, quello allineato all'oligarca ucraino Akhmetov, ha cercato di fare un golpe interno contro i militanti del Donbass. Dopo aver stretto un accordo segreto con gente che faceva capo a Poroshenko, sono stati sul punto di riportare Kiev a controllare Donetsk. Solo che il piano è venuto alla luce e tutti i personaggi coinvolti sono stati estromessi. In contemporanea con tutto questo, dopo la ritirata dalla città di Slaviansk, le forze militari del Donbass non solo sono riuscite a spezzare l'accerchiamento che l'esercito ucraino stava cercando di portare a termine, ma sono anche riuscite a prendere a tenaglia gli ucraini: da una parte c'erano i miliziani della Novorossija, dall'altra la frontiera russa. L'esercito di Kiev ha subito una sconfitta di vaste proporzioni.
Il fallito golpe a Donetsk e la sconfitta militare inflitta a Kiev hanno provocato la formazione di un'alleanza militare e politica nell'est dell'Ucraina. Il gruppo dell'ex candidato alla presidenza Oleg Tsaryov sta cominciando ad avere un autentico peso politico; i militari invece, guidati da Strelkov, concretizzano sul terreno il ritorno all'idea di una "più grande Novorossija" composta non da due, ma da sette o otto regioni. Tutto questo è diventato possibile dopo la sconfitta che Kiev ha subito a luglio. Detto in altre parole, Putin ha oggi in mano delle vere e proprie carte da giocare, sia sul piano militare che su quello politico. Il parlamento russo è stato richiamato dalle ferie per deliberare su una nuova importante iniziativa che riguarda l'Ucraina e di cui non è dato conoscere i dettagli. C'è da attendere e vedere.
Infine, la partita europea di Putin gli preclude l'alleanza con la Cina? Noi non crediamo. Le due iniziative sono collegate, ed unite dall'idea di rimodellare l'ordine mondiale.