Ridicolizzare e disprezzare la propaganda del potere è una cosa che coniuga nel migliore dei modi il divertimento ed il dovere civico: la "libera informazione" vigila con molta attenzione sui bersagli del dileggio, che postula limitati alla Corea del Nord e ad altre organizzazioni o compagini statali da additare ai sudditi come nemici del giorno.
In questa sede non abbiamo nulla a che fare con la "libera informazione", dunque possiamo ridicolizzare e disprezzare la propaganda del potere nei casi specifici che riguardano paesi "occidentali".
Valerio Evangelisti si è espresso senza mezzi termini sulla sagra di periferia in corso a Milano; da parte nostra giocammo molto d'anticipo, auspicando cinque anni fa il ritiro di Milano dall'iniziativa e la sua restituzione alla città di Izmir. Ci sarebbe piaciuto che a tanto si fosse arrivati sottoponendo i suoi ben vestiti propugnatori ad ogni sorta di angheria, dall'anticamera al dileggio mediatico, dal disguido burocratico alla fila in piedi sotto il sole, in modo che il mondo della politica, dall'assessore in su, ne venisse stigmatizzato, dileggiato e schernito in ogni sede e col massimo dell'accanimento.
La propaganda su questa sagra occupa un certo spazio sulle gazzette in rete, costrette ogni giorno ad inventarsi un po' di tutto con gallerie fotografiche e filmati che cominciano a farsi ripetitivi a prescindere dalla materia che trattano (di solito gatti, bambini, donne poco vestite, vestiti per poche donne, roba inutile e costosa).
A quindici giorni dall'inizio, finita la sfilata dei potenti e ridicolizzati i contestatori, il grosso del "lavoro" consiste nel mantenere livelli minimi di attenzione.
Per questo basta un fotogazzettiere qualunque di un fotogazzettificio qualsiasi, spedito alla sagra dietro mercede miserabile con il compito generico di dirne bene a qualsiasi costo.
Tema specifico: ma che bello, quanto si spende poco.
Svolgimento: 3 (tre) soggetti di nulla rilevanza, ripresi fino ad allungare la broda a 31 (trentuno) immagini.
La galleria dà anche un'idea del contesto sostanzialmente miserabile in cui questa piccinesca operazione governativa sta svolgendosi: plastichina, robetta, bruscolini, cianciafruscole. Restano fuori campo solo le misure di sicurezza e le transazioni economiche dal secondo livello in su.
Le seconde è bene che restino in ombra il più possibile.
Le probabilità che qualcuno pensi di assaltare armata mano il chiosco del buristo o il camioncino degli sfinciuni non sono molte, sicché obiettivo delle prime è sostanzialmente il contenimento delle estrosità non consentite.
Il contorsionista nel bar, melanconico
e zingaro, si alza di colpo
da un angolo e invita a un rapido
spettacolo. Si toglie la giacca
e nel maglione rosso curva la schiena
a rovescio e afferra come un cane
un fazzoletto sporco
con la bocca. Ripete per due volte
il ponte scamiciato e poi s'inchina
col suo piatto di plastica. Augura
con gli occhi di furetto
un bel colpo alla Sisal e scompare.
La civiltà dell'atomo è al suo vertice[*].
Per fare queste cose alla sagra si deve pagare.
E molto.
Se non paghi, galera.
La civiltà dell'atomo.


[*] Salvatore Quasimodo, Quasi un epigramma, in "La terra impareggiabile", 1958.