A metà dicembre 2015 il boiscàut Matteo Renzi annuncia l'invio di altri militari in Iraq.
C'è da sovrintendere ad un certo affare che non si poteva perdere.
Lo stupefacente ministro della difesa del suo "governo" asserisce che
non andranno a combattere. Sicuro: andranno a giocare a Risiko.
O forse a pentolaccia, chissà.
Molto dipenderà dai gusti dei signori come quello ritratto in questa foto, che però non ha l'aria di uno che sta aspettando qualche compagno di giochi.
Il brano è tratto dal
blog di Miguel Martinez e non si limita ad avanzare fondatissimi dubbi; presenta anche una proposta sensata ed obiettivamente realizzabile e non ha bisogno di ulteriori commenti. Nel testo viene nominato lo stato che occupa la penisola italiana: come nostra abitudine ce ne scusiamo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
Una ditta italiana, la solita Trevi, ha vinto l’appalto per ricostruire la pericolante diga di Mosul, nella lontana Mesopotamia.
Per quelli che non sono esperti di geografia mediorientale, Mosul si trova al punto preciso di frattura del conflitto tra curdi e arabi, tra sunniti e sciiti, tra turcomanni e curdi, tra cristiani e musulmani, tra assiri e arabi, tra assiri e curdi, tra assiri e turcomanni, tra curdi del PDK e curdi del PUK (che qualche anno fa si sono fatti una guerra non da poco), tra turcomanni e arabi, tra musulmani e yazidi, tra yazidi filocurdi e yazidi anticurdi, tra curdi peshmerga e curdi pkk, tra arabi e iraniani, tra turchi e iraniani.
Tutti mirano al petrolio che sgorga da quelle parti, e che interessa poi anche a Israele, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi (che cercano di fare le scarpe al Qatar), Stati Uniti e Russia.
Ah, quasi quasi si dimenticava l’Isis, che da poco ha perso il controllo della diga a una forza unita di curdi PUK ed esercito iracheno sciita; pare che i curdi si stiano preparando per cacciare i propri alleati iracheni, che non riconoscono affatto che Mosul sia una città curda. Intanto, i curdi stanno cacciando dalla zona i civili (sunniti) che parlano arabo (almeno quelli sopravvissuti agli sciiti iracheni).
750 soldati italiani, sotto il fantasioso nome di Prima Parthica (in onore della legione che per secoli tenne la frontiera romana contro i persiani) stanno già addestrando i curdi peshmerga, per cui gli iracheni sapranno chi ringraziare.
Un po’ più in là, in Siria (ma il confine non esiste più da un pezzo), ci sono 1.500 gruppi armati che si fanno la guerra a vicenda.
Matteo Renzi, notoriamente, ama semplificare le cose. Parlando a Porta a Porta, dice:
“Una azienda di Cesena ha vinto questa gara e noi metteremo 450 uomini e metteremo la diga a posto”.
Cioè una ditta privata è “noi” perché ha sede a Cesena e i 450 uomini non sono impiegati della ditta, ma sono soldati pagati con i nostri soldi per far fare i soldi agli azionisti della ditta di Cesena.
A discolpa del ragazzo di Rignano sull’Arno, bisogna dire che da quelle parti (Rignano, non Mosul) è abbastanza normale confondere ditte private e soldi pubblici. Però i soldati pubblici che si faranno saltare in aria è una novità.
Non è chiaro quale dei numerosi pretendenti a Mosul abbia invitato i 450 militari italiani e quanti degli altri pretendenti siano d’accordo.
Però a questo punto noi si proporrebbe uno scambio, che potrebbe anche portare la pace in Medio Oriente.
Tutti sanno che il Qatar, per dirla eufemisticamente, chiude un occhio sui fondi che i propri miliardari mandano a sostegno dell‘Isis. Non lo diciamo noi, ma – ad esempio – il vice-segretario Usa al Tesoro, il ministro dello sviluppo tedesco e il Country Reports on Terrorism del Dipartimento di Stato.
Oltre a investire in Siria e in Iraq, il Qatar ha appena comprato il Westin Excelsior di Roma, tutto il quartiere di Porta Nuova a Milan, la Four Seasons di Firenze, la Maison Valentino, nonché (pare) l’intera città di Sciacca in Sicilia. Poi, siccome il globo è globale, Qatar ha comprato la Borsa di Londra che si è comprata Piazza Affari a Milano.
Dunque, se i soldati italiani possono andare a Mosul per proteggere gli investimenti italiani, non credo che si possa impedire al Qatar di mandare chi vuole in Italia a proteggere gli investimenti qatarioti.
Potrebbero utilmente reimpiegare in questo modo qualche migliaio di esuberanti giovani dell’Isis, che oltre tutto parlano molte lingue e amano viaggiare.
Così i Nostri Eroi laggiù non correranno rischi perché quelli dell’Isis staranno qui da noi (vabbene, restano tutti quegli altri già elencati), mentre i clienti della Maison Valentino sapranno di essere protetti da persone che hanno dimostrato sul campo le proprie innegabili capacità nel campo della Sicurezza.