Traduzione da Strategic Culture, 13 agosto 2018.

"Le sanzioni contro l'Iran sono state varate ufficialmente. Si tratta delle sanzioni più severe mai imposte, e a novembre verranno ulteriormente inasprite. Io sto chiedendo la PACE NEL MONDO, niente di meno!"
 
"Io sto chiedendo la pace nel mondo"? Cosa diavolo significa questo messaggio che il Presidente Trump ha scritto su Twitter? Questo messaggio non è assolutamente confacente al pragmatismo di un uomo d'affari di New York; vuole forse dire che Trump intende mancare di rispetto ad Obama? Che vuol far implodere l'Iran per far tornare gli Stati Uniti il leader in campo energetico? O forse che tolto di mezzo l'Iran si libererà per tutti gli Stati arabi sunniti desiderosi di percorrerlo il cammino fin qui precluso che porta alla normalizzazione dei rapporti e dei traffici con lo stato sionista?
Il curioso utilizzo del maiuscolo per l'espressione PACE NEL MONDO implica il fatto che Trump ha una visione un po' più ampia al di là di questa nuova guerra deliberata contro l'Iran. PACE NEL MONDO fa davvero pensare che Trump ci stia conducendo verso un destino preciso, un destino che non riguarda solo l'AmeriKKKa ma l'umanità intera, nientemeno. Si tratta di una visione apocalittica: un evento che non implica qualche cosa di malvagio, ma il fatto che l'implosione dell'Iran rivoluzionario condurrà in qualche modo l'umanità alla salvezza.
La certezza che i crimini e le follie del passato possano essere superati tramite una qualche onnicomprensiva trasformazione della vita umana è la versione laica di antiche credenze cristiane. L'idea stessa di un qualche accadimento in grado di trasformare l'umanità e di condurla alla salvezza alle proprie radici nelle certezze della religione, in questo caso la corrente apocalittica dell'ebraismo a cui è anche Gesù apparteneva, che venne assimilata dal cristianesimo primitivo.
Questo irrompere del pensiero religioso è farina del sacco di Trump? O forse gli arriva dalla conversione di Ivanka all'ebraismo ortodosso? O forse è emerso dalla base culturale evangelica di Trump e di Pence?
Non è dato saperlo. Ma una volta che ci si trasferisce nel campo della salvezza dell'umanità, abbiamo bisogno di ridefinire la nostra comprensione di quello che vi succede. Quando cerchiamo di capire Trump e lo stato sionista in particolare, possiamo aver bisogno di lasciar perdere l'immagine tipica del negoziatore immobiliare con la testa dura e pensare se non sia mosso da un qualche impulso religoso. In questo caso per avere qualche indizio su ciò che si nasconde dietro lo strano messaggio su Twitter di Donald Trump dobbiamo rifarci al pastore [evangelico] statunitense Robert Jeffress, che ha ricevuto esplicito mandato da Trump e dalla sua famiglia di recarsi a Gerusalemme per ufficiare la cerimonia che segnava il trasferimento in città dell'ambasciata statunitense. Jeffress afferma:
 
Nel corso della storia Gerusalemme è stata oggetto della devozione sia degli ebrei che dei cristiani, e [rappresenta] il fondamento della profezia [per cui Dio ha affidato per l'eternità la Terra Santa agli ebrei].
Vediamo di spiegare e di fare un po più di chiarezza sulla concezione religiosa che sottende al linguaggio piuttosto forte usato da Jeffress. Fin dai tempi dell'esodo, Israele ha costituito un popolo eletto e distinto. Scegliendosi un popolo e stringendo con esso un'alleanza, Yahvè ne ha fatto un popolo. Questo significa che Israele esisterà come popolo solo fino a quando riconoscerà Yahvè come proprio dio. E quello che vale per il popolo vale anche per il paese, perché solo in Eretz Israel, nella Terra d'Israele, la Torà può trovare piena realizzazione. Diccontro, Eretz Israel ha un significato (dal punto di vista religioso) soltanto finché la Torà vi viene rispettata. Di qui la specificità della terra oltre che del popolo.
Come già detto, la famiglia Trump ha mandato ad ufficiare la cerimonia di Gerusalemme una voce di questo genere. Magari si tratta di una scelta che ha un qualche significato. Altrimenti non avrebbe alcun senso quanto scritto da John Limbert, professore in pensione di studi mediorientali all'accademia navale statunitense ed ex vicesegretario per gli affari iraniani oltre che veterano dell'assedio all'ambasciata USA a Tehran:
 
Che cosa ha fatto il Presidente Trump? Ossessionato da Obama e con un debole per l'adulazione che gli tributano lo stato sionista e l'Arabia Saudita, ha rifiutato l'idea che la diplomazia potrebbe ottenere dalla Repubblica Islamica più di quanto abbiano ottenuto quarant'anni di inutile e reciproco battersi il petto.
Ha scelto un approccio che unisce bullismo, minacce, accuse e pretese irrealistiche con l'invito al dialogo. Con questo Trump si è assunto un rischio e ha offerto agli iraniani un regalo: l'occasione per dirgli di no, e per battere una potenza straniera forte e minacciosa.
In Iran ancora risuonano le parole che l'Ayatollah Ruhollah Khomeini pronunciò trent'anni fa. Famosa fu la risposta che diede a una domanda circa i negoziati con gli USA: "Perché mai la pecora dovrebbe negoziare con il lupo?" In altre parole, gli ameriKKKani non hanno alcun interesse ad accordarsi con noi: ci vogliono mangiare.
Trump ha infarcito il proprio esecutivo di gente che perora la causa del gruppo dissidente iraniano dei Mujaheddin del Popolo, che è ampiamente detestato; una setta stile Jonestown con un passato discutibile e un ancor più discutibile presente... Gli iraniani sanno che per quanto cattivo possa essere il governo attuale i Mujaheddin del Popolo sarebbero assai peggio, una versione iraniana degli khmer rossi.
Trump ha minacciato punizioni verso qualsiasi paese o qualsiasi società faccia affari con l'Iran, e di impedire a Tehran di vendere greggio. Lo stesso modo di fare degli inglesi nel periodo compreso fra il 1951 e il 1953, prima che si unissero alla CIA per mettere in atto un colpo di stato che rovesciasse il Primo Ministro nazionalista Mohammed Mossadeq. Trump ha minacciato chiaro e tondo di annichilire milioni di iraniani, e poi si è offerto di dialogare con chiunque, ovunque e in qualsiasi momento senza pregiudizi.
Allo stesso tempo il Segretario di Stato di Trump Mike Pompeo ha ulteriormente confuso il messaggio, quale che esso fosse. In un recente discorso tenuto a un pubblico di iraniano-ameriKKKani a Los ANgeles, Pompeo ha parlato dell'Iran come di "quel paese" e ha deplorato tutta la rivoluzione islamica disprezzando così il sacrificio dei milioni di iraniani che hanno combattuto e che sono morti per rovesciare la monarchia e per difendeer il loro paese dagli invasori iracheni. Dopo simili dichiarazioni le sue manifestazioni di rispetto per singoli iraniani e per l'antico retaggio culturale del paese perdono qualsiasi parvenza di sincerità.
Siamo chiaramente davanti ad un esperto statunitense di questioni iraniane profondamente frustrato. Frustrazione che forse è in parte dovuta a una lettura degli eventi dal punto di vista consueto alla politica estera statunitense, che è laico.
La professoressa Elizabeth Oldmixon spiega che per un certo settore della comunità [cristiana] evangelica statunitense "lo status dello stato sionista è veramente, veramente importante perché è in base a questo che essi concepiscono la fine dei tempi." E prosegue: "Quando parliamo di Terra Santa, della promessa della Terra Santa fatta da Dio, stiamo parlando di proprietà immobiliari su entrambe le rive del Giordano. QUindi l'idea di Grande Israele e l'espansionismo sono davvero importanti per questa collettività. Gerusalemme in questo ha un'importanza fondamentale. Essa viene considerata una capitale storica e biblica... Questa gente coltiva delle credenze millenaristiche e pensa che in futuro ci sarà un'età dell'oro in cui Cristo regnerà sulla terra; crede anche che prima del suo ritorno, ci sarà una tribolazione in cui Cristo sconfiggerà il male."
E quanto grande è questo settore? "Grosso modo è pari a un terzo della popolazione evangelica ameriKKKana, ovvero circa quindici milioni di persone."
Insomma, dagli USA ecco un triumvirato di emissari religiosi ortodossi che sono tutti membri della famiglia Trump o suoi ex servitori. La loro missione? La PACE NEL MONDO. Che cosa può mai indicare questo concetto, quando Trump ne parla in modo tanto enfatico da usare tutte maiuscole e inquadrandolo nel contesto delle sanzioni devastanti che intende imporre all'Iran, se non il desiderio di concretizzare l'idea de "la Terra Santa promessa per gli ebrei" e portare così a conclusione il lungo conflitto mediorientale? Anche la teologia indica che con la Salvezza anche la "pace" verrà ristabilita.
"Questi cristiani hanno qualcosa in comune con i sionisti religiosi che vivono nello stato sionista," aggiunge la Oldmixon come se si trattasse di una nota a margine nonostante sia un concetto fondamentale: "La generazione che ha fondato lo stato sionista era ampiamente laicizzata. Il loro sostegno in favore di uno stato ebraico non si basava su una profezia biblica. Gli ebrei religiosi sono sempre stati scontenti del fatto che la generazione fondatrice non fosse davvero motivata da una concezione religiosa del popolo ebraico e del suo posto nel mondo. Un'idea che gli evangelici di questo paese condividono: essi sostengono lo stato sionista per motivi religiosi."
Insomma, cosa sta succedendo davvero? Il Primo Ministro dello stato sionista Benjamin Netanyahu ha definito "una pietra miliare negli annali del sionismo e dello statyo sionista" il momento in cui la Knesset ha promulgato il mese scorso una legge fondamentale [eloquentemente chiamata "legge sullo stato-nazione"] che specifica come lo stato sionista sia "lo stato-nazione del popolo ebraico, in cui esso realizza il proprio diritto naturale, culturale, religioso e storico all'autodeterminazione."
La legge ha sancito in modo ancora più netto la differenziazione su base religiosa, prevedendo una clausola che punta a privilegiare soltanto le comunità ebraiche, definendo "lo sviluppo degli insediamenti ebraici come valore nazionale" e promettendo "di promuovere e di agevolare la loro fondazione e il loro consolidamento."
Nello stato sionista la legge è stata oggetto di critiche. Alla Knesset è stata approvata di misura, 62 voti contro 55. I detrattori sostengono che essa rappresenta una deviazione rispetto alla democrazia e all'uguaglianza di tutti i cittadini. Al momento, comunque, la nuova legge fondamentale non cambia nulla.
Status diversi dal punto di vista della legge e dei diritti politici sono già una realtà nello stato sionista, così come già esistono maniere legali per istituire comunità segregate. Non esiste alcun "diritto" all'uguaglianza davanti alla legge, e lo stato sionista non è uno stato di tutti i cittadini.
Il punto, in questo caso, non è tanto il problema della discriminazione che occupa i media, ma il passaggio dalla condizione di stato laico, così com'era stato concepito dai sionisti delle origini, alla condizione di stato che funziona secondo un movente religioso. In pratica lo stato sionista va verso una costituzione basata sui primi cinque libri del Vecchio Testamento, quelli che costituiscono la Torà. Una situazione simile a quella dell'Arabia Saudita, che afferma semplicemente che la sua costituzione è rappresentata dal Corano.
Come si è mossa dunque la famiglia Trump? Cosa possiamo concluderne? In primo luogo, Trump ha regalato Gerusalemme allo stato sionista; l'altro elemento profeticamente obbligatorio -dopo l'occupazione di tutta la Terra di Israele- per l'instaurazione di una Terra Santa ebraica. Nel frattempo Kushner si è mosso in modo da togliere di mezzo la questione dello status di rifugiati per i palestinesi del 1948 e per i loro discendenti, proponendo invece di sostenere economicamente i paesi di residenza per promuovere l'assimilazione dei rifugiati. Trump adesso si sta dedicando a disfare l'Iran, la bestia nera del progetto sionista, e si è impegnato a rendere pubblico il suo "accordo del secolo".
Ovviamente non sappiamo cosa esso contempli, ma Netanyahu ha appena messo a punto l'inquadramento legislativo (la legge sullo stato-nazione) in grado di facilitare la trasformazione dell'attuale stato sionista in uno stato religioso ebraico e "unitario". Non è una coincidenza che questo sia accaduto dopo che le forze di difesa dello stato sionista hanno riferito alla Knesset che la popolazione ebraica e quella non ebraica nella zona compresa fra il Giordano e il Mediterraneo sono numericamente pari, con sei milioni e mezzo di persone per parte. La legge sullo stato-nazione elimina effettivamente i rischi del pluralismo politico e dell'uguaglianza dei diritti politici.
Esistono resoconti che fanno pensare che nel piano di Trump gli USA potrebbero riconoscere per proprio conto, con una dichiarazione, uno stato palestinese senza però specificarne la collocazione e senza effettivamente accordargli gli attributi di uno stato. Uno stato meramente nominale, insomma. Senza Gerusalemme come capitale, senza ovviamente alcun diritto al ritorno per i profughi, senza riconoscimento dello status di rifugiati per i palestinesi del 1948 (così chiamati perché cacciati dalle loro case nel 1948) e probabilmente senza neanche un cenno alla questione degli insediamenti. Si capisce che al momento il testo dell'accordo è rimasto in sospeso, perché i partiti religiosi nella coalizione di Netanyahu non vogliono che si faccia neppure menzione di uno stato palestinese, sia pure a livello meramente nominale.
I funzionari della Casa Bianca dicono inoltre che se i palestinesi continuano a rifiutarsi di avere a che fare con il piano, che gli USA renderanno pubblico in ogni caso, inviteranno la destra religiosa dello stato sionista a imporre le condizioni che la favoriscono: l'annessione di terre nella West Bank e un'ulteriore espansione territoriale col pretesto di consolidare gli insediamenti ebraici ai sensi della legge sullo stato-nazione.
Sembra che il mondo arabo si stia svegliando. Gli arabi si stanno accorgendo che l'accordo del secolo sarà un'umiliazione per il loro prestigio, come umiliante fu il risultato della guerra dei sei giorni. L'obiettivo di Trump è sempre stato questo, instaurare uno stato degli ebrei? Forse che Limbert ha visto le cose al contrario? Invece che essere stati i sauditi ad adulare Trump, è stato Trump a sfruttare i punti deboli nel carattere di Mohammed bin Salman e a trascinare gli arabi in un progetto di cui non avevano afferrato la portata e il fondamento teologico?
In ogni caso il vento è ormai cambiato; re Salman ha tolto dalle mani di Mohammed bin Salman il dossier palestinese; ormai è un anno che il segreto avvolge i termini del famoso accordo del secolo, e fra i leader arabi l'impazienza sta crescendo. La loro condiscendenza non è più scontata: stanno sentendo odor di fregatura.
La ciliegina sulla torta? L'Iran non cederà sotto le sanzioni, e qualunque cosa accada dell'accordo di Trump uno stato sionista chiuso a fortezza su se stesso si troverà in una regione in cui il fuoco della politica si sposta lentamente ma decisamente verso l'alleanza di forze che ha avuto la meglio nell'epica contesa in Siria. Oggi sono l'Iraq, il Pakistan e la Turchia a guardare a est. Domani, quando l'assedio all'Iran si rivelerà un fiasco e l'accordo si rivelerà per quello che è, è possibile che anche alcuni paesi del Golfo (Dubai, il Kuwait ,l'Oman) si orientino come il Qatar verso l'asse Russia-Cina.