Traduzione da Strategic Culture, 26 settembre 2018.

Nella propria autobiografia Carl Jung parla di "un momento di straordinaria lucidità", nel corso del quale ebbe uno strano dialogo interiore: in quale mito vive oggi l'uomo, si chiedeva il suo io? "Nel mito cristiano; tu ci vivi?" chiedeva Jung a se stesso. E per essere onesto con se stesso rispose di no: "Per quanto mi riguarda, non è la condizione in cui vivo io." Non esiste più alcun mito per noi, chiese allora il suo io interiore? "No," rispose Jung; "evidentemente no". E di cosa vivi allora, chiese di nuovo l'io interiore. "A questo punto il dialogo con me stesso diventò sgradevole. Smisi di pensare; ero arrivato in un vicolo cieco", concluse Jung.
Oggi molte persone provano la stessa sensazione. Sentono questo vuoto. Il dopoguerra, e forse lo stesso fenomeno dell'illuminismo europeo, hanno fatto il loro tempo, si pensa. Qualcuno se ne rammarica, molti di più ne sono disturbati e si chiedono che cosa li attende.
Viviamo in un momento in cui due grandi concezioni stanno svanendo: stiamo vivendo il declino della religione rivelata e al tempo stesso quello della discredito delle esperienze delle utopie laiche. Viviamo in un mondo cosparso dei relitti di progetti utopistici che, nonostante avessero un inquadramento laico che negava le verità di fede, di fatto veicolavano un mito religioso.
I rivoluzionari giacobini erano ispirati dall'umanesimo illuminato di Rousseau e scatenarono il Terrore come violenta risposta alla repressione delle élite. I trotzkisti bolscevichi uccisero milioni di persone in nome dell'empirismo scientifico che avrebbe portato all'uomo nuovo; i nazisti fecero qualcosa di simile con l'idea di instaurare il razzismo scientifico di stampo darwiniano.
Il mito millenarista ameriKKKano, un tempo come oggi, era ed è radicato nella fervida convinzione che gli Stati Uniti abbiano un Destino Manifesto: questo mito in ultima analisi non è altro che un caso particolare di una lunga serie di tentativi di imporre al corso della storia un momento di forzata discontinuità, da cui iniziare a riplasmare la società umana.
Detto altrimenti, tutti questi progetti utopistici, tutti questi successori del mito apocalittico ebraico e cristiano hanno previsto che il cammino dell'umanità portasse ad un punto di convergenza e ad una sorta di fine dei tempi o di fine della storia.
Ecco, oggi come oggi non viviamo più in miti come questi: anche le utopie laiche non funzionano più. Non riempiranno il vuoto. Le certezze ottimistiche connesse all'idea di un progresso a sviluppo lineare hanno particolarmente sofferto della discredito. Di cosa vivremo allora? Non si tratta di una questione esoterica; questioni del genere riguardano la storia e il nostro destino.
Le élite deplorano qualunque alternativa come populista o illiberale. Insomma, esse rifiutano di vedere quello che si trova davanti ai loro occhi: stanno affermandosi valori ben precisi. Di cosa si tratta? Da dove vengono? Come potrebbero cambiare il mondo in cui viviamo?
Il valore più evidente è rappresentato dall'affermarsi a livello globale del desiderio di vivere nel contesto della propria cultura; di vivere secondo una propria cultura ben distinta. Il concetto è quello di culture autonome e sovrane che stanno cercando di riappropriarsi di ciò che è loro proprio, del proprio tradizionale patrimonio storico, religioso, di legami di sangue, di territorio e di lingua. La questione dell'immigrazione, che sta squassando l'Europa, costituisce un esempio ovvio di tutto questo.
Questo valore tuttavia non sta chiamando in causa un tribalismo puro e semplice, ma anche un modo diverso di concepire il concetto di sovranità. In esso è contemplata l'idea che la sovranità si acquisisce comportandosi e pensando in modo sovrano. Il potere sovrano emerge dalla fiducia che un popolo può nutrire sulla base di un percorso storico peculiare e definito, di un retaggio intellettuale e di un patrimonio spirituale che concorrono a fare di esso qualche cosa di distinto.
Con questo si intende dire che alla base della sovranità personale e di quella comune c'è una cultura viva e consolidata; si tratta di un chiaro rifiuto dell'idea che il cosmopolitismo dei melting pot possa generare una qualunque sovranità autentica.
Si tratta certamente dell'opposto rispetto al concetto globalizzante di un "genere umano" che converge su valori comuni e su un "modo di esistere" unico, neutro ed apolitico. Ora, l'essere umano così definito, secondo l'antica tradizione europea, non esisteva. Esistevano soltanto gli uomini: i greci, i romani, i barbari, i siriani e così via. Una concezione opposta ovviamente al concetto universale di essere umano cosmopolita. Il recupero di questo modo di pensare si trova per esempio alla base del concetto di Eurasia così come viene utilizzato da Russia e Cina. 
Un secondo valore in ascesa deriva dal disincanto mondiale nei confronti del pensiero occidentale, meccanicistico e a binario unico, che riconduce tutto quanto ad un significato solo che si presuppone derivato empiricamente. Quando questo modo di pensare si insedia nell'ego individuale porta ad un'imperturbabile sensazione di trovarsi nel giusto, almeno per un pensatore dell'Europa occidentale: "Noi siamo quelli che dicono il vero"; tutti quanti gli altri balbettano o mentono.
La antica tradizione europea è stata ed è rappresentata dal pensiero congiuntivo. La colpa, l'ingiustizia, le contraddizioni e la sofferenza esistono in questo mondo? Certo che esistono, afferma Eraclito, ma solo per una mente limitata e considera le cose distinte una dall'altra, e non come connesse e collegate senza soluzione di continuità; questa condizione non comporta l'afferrare un significato ma piuttosto quella di essere delicatamente e potentemente afferrati da esso.
Cosa c'entra tutto questo con il mondo d'oggi? C'entra, perché la neoconfuciana leadership cinese di oggi pensa in questi termini. L'idea dello Yin e dello Yang e del loro sottostare all'instaurazione e al perdurare dell'armonia è ancora alla base dei concetti cinesi di politica e di risoluzione dei conflitti. Lo stesso vale per la filosofia sciita e per il concetto russo di Eurasia. Un tempo anche gli europei pensavano in questi termini: secondo Eraclito tutti gli elementi contrapposti sono uno alla base dell'esistenza dell'altro e coesistono in armonia secondo modalità invisibili all'occhio umano.
Questa prospettiva alternativa è quella che si trova proprio a sostegno dell'ordine mondiale multipolare considerato come un valore. L'accettazione del fatto che ogni individuo e ogni popolo abbiano qualità multiformi rifugge l'ossessione dominante che impone di ridurre ogni paese ad un solo valore e ad un solo significato. Il terreno per collaborare e per costruire degli scambi , così ben al di là di un "o questo o quello" e si estende ai multiformi strati di identità complesse e dei relativi interessi. Si tratta in altre parole di una concezione tollerante.
Esistono poi altri valori: la ricerca della giustizia e della verità in senso metafisico, l'integrità considerata come un bene, il comportamento responsabile e la conoscenza e l'accettazione di ciò che si è. Tutti i valori immutabili.
Il punto è questo. Con la modernità è scomparsa qualsiasi norma esterna, è scomparso qualsiasi mito al di là del conformismo civile in grado di guidare l'individuo nella propria vita e nelle proprie azioni; il forzato sradicamento dell'individuo dalle strutture di qualsiasi forma (classi sociali, chiesa, famiglia, società e genere) ha reso il rifarsi a quanto era pur rimasto latente, se non proprio ricordato, praticamente inevitabile.
L'anelito agli antichi dettami -di cui si ha pure una comprensione rudimentale e poco articolata- rappresenta un ritorno a quanto di antico ancora esiste nei più profondi livelli dell'essere umano. Un anelito al tornare di nuovo a far parte del mondo e ad essere una componente di esso. Questo processo, che si concretizza secondo modalità diverse, è in atto in tutto il mondo.
Ovviamente questo "ritorno all'antico" non può essere integrale. Non può essere il semplice ripristino delle cose come erano un tempo. Esso deve farsi strada attraverso il nostro disfacimento, deve partire dalle nostre rovine come qualcosa di nuovo che si ripresenta nell'eterno ritorno.
Nondimeno queste idee nuove e vecchie al tempo stesso avranno un impatto sul mondo liberale esistente e saranno per esso una sfida. La nostra struttura economica di oggi deriva in gran parte da Adam Smith. Ed essa non era altro che una trasposizione diretta della filosofia politica di John Locke e di John Hume, che di Smith erano intimi amici. E il pensiero di Locke e di Hume altro non era che la narrativa, in termini politici ed economici, della vittoria del concetto protestante di comunità religiosa sopra il corrispondente concetto cattolico, avvenuta all'indomani degli accordi di Westfalia.
Dunque è inevitabile che valori diversi dettino modelli diversi: che specie di modelli lasciano presagire i valori che stanno emergendo? In primo luogo il mondo non occidentale si sta staccando dall'indeterminatezza dell'identità e del genere e sta tornando ad apprezzare in questi settori la chiarezza e la distinzione; sta tornando alla centrealità della famiglia e alla necessità di considerare tutti degni di stima, quale che sia il loro posto nella gerarchia della vita. Nella pratica governativa, così come nell'economia, il valore guida è quello di una diversa concezione del potere. Il mito cattolico dell'amore, del porgere l'altra guancia, dell'umiltà e del distacco dal mondo contraddice l'antico concetto di condotta virile, che predicava invece la resistenza all'ingiustizia e il portare avanti la propria verità. Una condotta che era politica per natura, e che era dominata da un'etica in cui la potenza era un attributo normale.
Questo antico concetto di potenza si è affermato oggi nella consapevolezza del fatto che un popolo mentalmente operativo è vitale e culturalmente solido e può avere la meglio contro uno stato considerevolmente più ricco e meglio armato che abbia messo il proprio popolo a vivere una gradevole sonnolenza e lo abbia privato della sua vitalità.
Sia la pratica governativa che l'economia finiranno probabilmente col riflettere i principi dell'autonomia e della riacquisizione di sovranità da parte della nazione e del popolo, oltre che il concetto che l'organizzazione della società è sempre servita a farsi che essa fosse naturale campo dello sviluppo di un uomo o di una donna -capaci di trovare le proprie potenzialità e la propria integrità- secondo quanto da essi stabilito.
Quello che colpisce è che stiamo assistendo all'insediamento nella politica corrente di questi principi gemelli, pur nelle loro apparenti tensioni, in campi completamente distinti: nello stato che occupa la penisola italiana il Movimento Cinque Stelle -che viene considerato di sinistra- è al governo con la Lega, che viene considerata di destra.
Ovviamente in molti diranno che "non ci sono alternative". L'alternativa invece esiste eccone, e il treno sta arrivando alla nostra fermata proprio adesso.