Traduzione da Strategic Culture, 10 giugno 2019.
 
Chi lo sa, forse lo hanno fatto apposta, è stata una mossa tattica. All'inizio sembrava che circa l'Iran Trump stesse prendendo le distanze dall'ala più intransigente del suo esecutivo, dicendo che no, lui la guerra non la voleva: no, davvero, lui voleva soltanto che gli iraniani gli telefonasse. Aveva addirittura rimproverato Bolton per il suo caldeggiare la guerra. La stampa si è riempita di racconti che parlavano di canali aperti verso l'Iran e di mediatori pronti a entrare in azione. Ci hanno addirittura ammannito illazioni su una potenziale rottura tra il presidente e Bolton.
Ovviamente si è trattata di un'ottima opera di pubbliche relazioni, di pura arte dell'accordo: si invita la controparte al tavolo dei negoziati proprio nel momento in cui è indebolita perché sottoposta alle pressioni più forti, con questo atteggiarsi a maestro di pubbliche relazioni che aggiunge attrattiva alla cosa. Di qui questo tirare in ballo le mediazioni da parte dei mass media. A cosa serve dunque questa doccia scozzese di retorica? Di cosa si tratta? Trump sta avendo dei ripensamenti sulla guerra oppure no? No, tanto per essere sintetici. Questo modo di comportarsi fa parte delle pressioni: significa soltanto fare ancora più pressione sull'Iran.
Intanto che succede tutto questo, gli Stati Uniti continuano ad ammassare forze contro l'Iran in una ridda di affermazioni statunitensi in merito all'intenzione iraniana di minacciare gli Stati Uniti e i loro alleati senza che ci sia lo straccio di una prova. Certo, Pompeo ha detto "siamo pronti a metterci attorno a un tavolo con loro", ma poi anche aggiunto che "lo sforzo ameriKKKano per imporre un sostanziale rovesciamento delle malevole attività di quella forza rivoluzionaria che è la Repubblica islamica è destinato a continuare".
Per prima cosa e innanzitutto l'Iran avrebbe dovuto cominciare a comportarsi come un "paese normale", cosa che, come osserva lo Wall Street Journal, si considera assodata solo se l'Iran osserva tutte e dodici le condizioni prescritte. "Gli Stati Uniti non hanno lasciato cadere queste richieste," scrive il Journal, "ed hanno aumentato la pressione delle sanzioni economiche oltre a proseguire con la concentrazione di mezzi militari nella zona."
È tutto un gonfiare i muscoli? Trump proseguirà con le minacce e con le pressioni tirandosi indietro all'ultimo momento a un passo dalla guerra? Pare che l'opinione corrente oggi sia questa; l'idea che la squadra di Trump a in merito all'Iran tuttavia sembra basata su una quantità di concezioni errate, a loro volta fondate su altre concezioni errate, e su informative che assommano in tutto e per tutto a una valutazione del Mossad sulle future intenzioni dell'Iran.
Sfortunatamente l'idea dominante per cui non ci sarà la guerra potrebbe rivelarsi troppo avventata. Non perché Trump desideri scientemente arrivare alle armi, ma perché i falchi che lo circondano, con particolare riferimento a Bolton, lo stanno mettendo all'angolo. E dall'angolo egli può uscire solo rinunciando o raddoppiando la posta, se l'Iran non capitola per primo.
Il punto è questo: l'assunto sbagliato di Trump potrebbe innanzitutto essere quello di credere che l'Iran voglia arrivare a un compromesso e che in ultima analisi ne cerca uno. Siamo sicuri?
Difficile immaginare quale possa essere la risposta del presidente Rouhani a fronte di una richiesta da parte del consiglio nazionale di sicurezza della Repubblica Islamica dell'Iran:  se tu (Rohani) dovessi intraprendere dei colloqui con gli Stati Uniti, di cosa parleresti con esattezza, cosa diresti? La posizione del governo Trump è che all'Iran non sarà in nessun modo consentito di arricchire uranio, il che significa che all'Iran sarà impedito -contrariamente a quanto stabilito dagli accordi sul nucleare- di avere elettricità prodotta con il nucleare, cosa che sta cercando di fare fin dai tempi dello Shah.
Suggerire che l'Occidente fornirebbe all'Iran l'uranio appena sufficiente a far funzionare i suoi reattori ma niente di più è assurdo. L'Iran non rivelerà mai i propri segreti industriali esponendoli alla capricciosa decisione occidentale di punirlo per questo o per quel torto.
Alla base dello stallo c'è sempre stato questo assunto: l'Iran non accetterà che gli venga proibito di arricchire uranio, e Bolton e Pence vogliono impedirgli proprio questo. La politica statunitense ha completato la virata tornando alle posizioni che aveva nel 2004 nessun arricchimento.
La Guida Suprema ha detto qualche giorno fa di aver accettato con riluttanza i colloqui con gli uomini di Obama, dietro assicurazione che Obama aveva accettato in linea di principio che l'Iran arricchisse uranio per proprio conto. Col senno di poi, ha detto lo ayatollah Khamenei, si è trattato di un errore. Non avrebbe mai dovuto consentire che le trattative proseguissero.
Insomma, non c'è nulla di cui parlare, se non di come gli Stati Uniti potrebbero ritornare allo status quo precedente il loro abbandono degli accordi.
E di come potrebbero ripristinare tutto senza troppo chiasso e senza perdere eccessivamente la faccia.

Ovviamente, per Bolton o per i cristiani sionisti degli USA che lo spalleggiano una cosa del genere non è prevista.
Nel caso dell'Iran non è praticabile nemmeno un qualche vertice simbolico come quello
 tenutosi a Singapore fra Trump e Kim Jong Un. E neppure si può pensare a un congelamento della situazione come con la Corea del Nord. Un congelamento della situazione comporterebbe il fatto che l'Iran continui a sottostare alle massime pressioni statunitensi per tutto il tempo che la situazione resta congelata, senza che gli Stati Uniti debbano rimetterci niente.
Perché Trump sta percorrendo con ostinazione il vicolo cieco che potrebbe portarlo a un qualche conflitto non voluto e politicamente costoso? Probabilmente perché Trump è stato imboccato da qualche scriteriato rapporto dei servizi secondo cui l'Iran è sull'orlo di un crollo economico e politico che spazzerà la rivoluzione nella pattumiera della storia. Le informative ammannite attualmente la Netanyahu, dal Mossad e da altri negli USA sono di questo tenore e si basano sulle solite e sospette narrazioni degli esiliati. Da valutazioni di questo tipo Trump potrebbe concludere che una guerra non comporti rischi, dal momento che l'imminente crollo dell'Iran renderebbe superfluo il ricorso a qualsiasi minaccia militare. Insomma, può permettersi di restare ad aspettare. Chi pensa che tutto questo ricorda vagamente i prodromi della guerra all'Iraq nel 2003, ovvero le rassicurazioni di Curveball e di Chalabi, ha ragione per più di un verso. A nutrire la prospettiva della guerra c'è ben di più che la recita di qualche esiliato incarognito.
Esiste l'idea che Bolton, come consigliere per la sicurezza nazionale, non abbia molta influenza sul Pentagono. Lo American Conservative tuttavia, in un articolo intitolato Amassing War Powers, Bolton Rips a Page Out of Cheney’s Playbook afferma che si tratta di una convinzione errata:
 
La promozione di Patrick Shanahan a segretario alla difesa renderà probabilmente il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton la voce più potente nel Consiglio del presidente Donald Trump.
"Così afferma un esperto di questioni di difesa consultato questa settimana dal nostro giornale. Ex funzionari statunitensi hanno detto anche di temere che la relativa mancanza di esperienza di Shanahan possa trascinare l'AmeriKKKa in una guerra; hanno citato un reportage del New York Times in cui si legge che Shanahan avrebbe consegnato a Bolton un piano per inviare in Medio Oriente fino a centoventimila uomini. Degli articoli usciti in seguito fanno pensare che il Pentagono potrebbe programmare di inviarne anche di più... Stephen Wertheim, questore aggiunto di storia alla Columbia University, ha detto che "quando in senato si pensa a Shanahan [nel corso delle sessioni informative] in realtà si pensa a Bolton. Perché un vuoto ai vertici del ministero della difesa significa che Bolton ha in esso l'ultima parola".
C'è di più. L'idea dello American Conservative di etichettare tutto questo come "copione Cheney" è corretta anche sotto un altro aspetto: Bolton presiede, al Consiglio per la Sicurezza Nazionale, regolari e frequenti colloqui strategici con lo stato sionista, il cui scopo è quello di sviluppare un piano di azione comune contro l'Iran. Questo significa che i servizi di sicurezza dello stato sionista fanno planare le loro valutazioni direttamente sulla scrivania di Bolton -e quindi su quella di Trump- senza consentire ai servizi statunitensi una valutazione o un commento sulla credibilità dei materiali forniti, cosa che ricorda Cheney che si imponeva agli esperti a Langley. Bolton inoltre rappresenterà Trump al vertice sulla sicurezza che si terrà a giorni a Gerusalemme con la Russia e con lo stato sionista. Bolton ha in mano tutto: il signor Iran è lui.
David Larison scrive: "L'amministrazione Trump sta ancora dietro alla fantasticheria per cui la Russia darà una mano a estromettere le forze iraniane dalla Siria":
 
In una conferenza con i giornalisti un funzionario superiore della Casa Bianca ha detto che gli Stati Uniti intendono insistere con la Russia durante il vertice a tre che si terrà a Gerusalemme sul fatto che i militari iraniani e i loro alleati sul terreno devono lasciare la Siria.
L'amministrazione sta cercando da un anno di ottenere la collaborazione dei russi a questo proposito. La cosa non ha mai avuto alcun senso. Il governo russo non ha alcun motivo per acconsentire al piano degli Stati Uniti. Perché mai la Russia dovrebbe fare agli Stati Uniti il favore di avallare la politica antiiraniana del governo? Il problema del governo statunitense è quello di essere convinto, a torto, che gli altri esecutivi abbiano la stessa opinione sul ruolo dell'Iran in Medio Oriente". La Reuters cita le parole di un funzionario governativo:
"oltre ai colloqui volti a prevenire qualsiasi escalation militare non voluta, il funzionario governativo statunitense ha detto che l'obiettivo del vertice sarebbe quello di 'vedere in che modo sarebbe possibile collaborare per liberarsi della principale fonte di disturbo in Medio Oriente, che è la Repubblica islamica dell'Iran.'
Gli Stati Uniti e lo stato sionista possono anche considerare l'Iran la principale fonte di disturbo, ma la Russia non vede le cose in questo modo e non si mostrerà propensa ad assecondare gli sforzi di arruolarla nella campagna di pressioni contro l'Iran. La Russia vuole mantenere buoni rapporti con lo stato sionista e quindi presenzierà al vertice, ma partecipare non significa concedere a Bolton quello che vuole. Insomma, il vertice di Gerusalemme si presterà a un reportage fotografico inusuale, ma non produrrà nulla di significativo."
Insomma, pare un'altra convinzione sbagliata. Ma è una convinzione che a Bolton fa molto comodo: se gli USA non riescono ad assicurarsi l'impegno russo per l'estromissione dell'Iran dalla Siria, assisteremo probabilmente a una escalation da parte dello stato sionista (con il sostegno statunitense) contro la presenza iraniana in Siria. Negli ultimi giorni sono già piovuti missili sul Golan occupato, segno che la Siria e l'Iran possono all'occorrenza aprire nel Golan un nuovo fronte nel conflitto con lo stato sionista.