Traduzione da Strategic Culture, 27 febbraio 2023.

 "Le brame di un autocrate non si possono soddisfare. Si devono contrastare. Gli autocrati capiscono solo una parola: "No". "No". "No". (Applausi). "No, non prenderete il mio Paese". "No, non prenderete la mia libertà". "No, non prenderete il mio futuro... Un dittatore che voglia ricostruire un impero non sarà mai in grado di alleviare [cancellare] l'amore del popolo per la libertà. La brutalità non potrà mai distruggere la volontà dei liberi. E l'Ucraina - l'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia. Mai".(Applausi)."State con noi. Noi staremo con voi. Andiamo avanti... con la costante dedizione al nostro essere alleati non delle tenebre, ma della luce. Non dell'oppressione, ma della liberazione. Non della prigionia, ma, sì, della libertà".

 Il discorso di Biden a Varsavia -completo di effetti di luce e di un fondale impressionante che ricordava il discorso alla Liberty Hall in cui cercò di ritrarre gli oppositori interni del Make AmeriKKKa Great Again come una grave minaccia per la sicurezza del paese- ricorre ancora una volta a un manicheismo radicale per raffigurare stavolta la Russia, contrappunto esterno alla relativa minaccia del MAGA statunitense, come il fondamento dell'epica battaglia tra la luce e le forze delle tenebre. L'eterna lotta indomabile che va essere combattuta all'infinito e vinta in modo schiacciante.
Ancora una volta, come nel suo discorso alla Liberty Hall, Biden non ha presentato alcun piano concreto. Qui a Varsavia, con il tempo che fa invecchiare i suoi piani per l'Ucraina e con i realisti statunitensi e i falchi cinesi che guadagnano sempre più consensi in patria, Biden ha elevato la lotta dal piano concreto a quello metafisico.
In questo modo, sta cercando di cementare il profondo ethos missionario dell'AmeriKKKa con una incessante guerra cosmica contro il Male russo. Spera di legare la classe dirigente americana alla lotta metafisica condotta per la "luce". Se Biden dovesse continuare a rimanere in carica, spera con questo sia di "definire" se stesso, sia di fare di questa lotta globale un fattore di coesione per gli ameriKKKani per il tempo venire. In poche parole, il suo inquadramento metafisico è destinato a contrastare i realisti che chiedono un cambiamento di linea politica.
Il manicheismo non è una novità: è un culto antico con radici profonde nel cristianesimo latino (e probabilmente Biden è almeno in parte d'accordo nel vedere Putin come il Demiurgo, l'anti-Dio "oscuro").
Funzionerà, quindi? In ogni caso, la contesa in atto nel mondo politico statunitense è questa. Ai livelli più alti, le élite sono più interessate al potere e al denaro che alla metafisica; il tentativo di Biden di trascendere quest'ultima e di mettere insieme un esercito "non di tenebre, ma di luce; non di oppressione, ma di liberazione; non di prigionia, ma, sì, di libertà" sarà più probabilmente considerato come un riflesso della sindrome di derangement di Biden, del suo distacco dalla realtà, in altre parole della sua eccentricità.
Se molti degli establishment che si confondono gli uni con gli altri (lo "Uniparty"[*]) vogliono questa guerra non sarà certo per virtù, ma per far arricchire il complesso industriale militare. Se queste élite si stanno allontanando dai propositi bellicisti è perché pensano che il settore abbia bisogno di tempo per rinnovarsi -e per rifornirsi- in modo da affrontare la Cina.
"Le democrazie di tutto il mondo saranno a guardia della libertà oggi, domani e per sempre... Questo è ciò che gli ameriKKKani sono e questo è ciò che gli ameriKKKani fanno", ha detto Biden.
Ma il panorama politico non è più un monopolio della squadra di Biden. Trump ha risposto: "La terza guerra mondiale non è mai stata così vicina"; e ha dato la colpa a "tutti i guerrafondai e i globalisti dell'AmeriKKKa per ultima dello Stato profondo, del Pentagono, del Dipartimento di Stato e del complesso industriale della sicurezza nazionale". L'ex presidente ha citato in particolare Victoria Nuland che, a suo dire, era "ossessionata dall'idea di spingere l'Ucraina verso la NATO".
Anche il governatore della Florida DeSantis insiste sul fatto che l'amministrazione Biden ha "effettivamente [dato a Kiev] un assegno in bianco senza un chiaro obiettivo strategico". "Non credo che sia nel nostro interesse entrare in una guerra per procura... per questioni come i confini [ucraini] o la Crimea", ha detto DeSantis.
Il senatore repubblicano Hawley una settimana fa ha tenuto un meditabondo discorso alla Heritage Foundation: "È difficile sfidare quelli dello Uniparty: sono diventati molto bravi a raccontare la loro storia preferita. Ecco perché chiunque li metta in discussione viene definito "antiameriKKKano" o "burattino di Vladimir Putin" da centinaia di voci diverse".
"Ma oggi voglio dirvi qualcos'altro. Voglio dire la verità. E la verità è che agli ameriKKKani è stata rifilata una menzogna. La nostra attuale politica estera non funziona. Sta cadendo a pezzi, e lo Uniparty si sta dando da fare meglio che può per rattopparla, staccando assegni in bianco ad altri paesi". Detto semplicemente: "siamo impegnati al di là dei nostri mezzi, presi nella morsa di un'ideologia da impero liberale".
È sufficiente questo perché qualcuno tiri fuori i denti? O per spingere qualche esponente dello Stato profondo nell'ufficio di Biden a dire piano "Ricordate cosa è successo a Nixon?" "È ora che molliate Zelensky; (che peccato che Hunter finisca in prigione...)"?
C'è tuttavia un altro aspetto del ricorso di Biden al manicheismo metafisico che comporta conseguenze reali e tangibili. Anche in questo caso, non si tratta di una novità. Piuttosto è uno di quei casi in cui riemergono vecchi demoni. Ecco il premier estone Kaja Kallas alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, a dire che "i Paesi della NATO devono prendere il controllo di Mosca e reimpostare con la forza la mentalità dei cittadini russi: l'intera popolazione russa dovrebbe essere rieducata per eliminare ogni traccia di sogni imperialistici" sostenendo che in assenza di questa riabilitazione obbligatoria "la storia si ripeterà" e l'Europa non sarà mai al sicuro.
Il Ministro della Difesa tedesco Annalena Baerbock ha mandato un analogo avvertimento a quel 90% del mondo che non si è schierato dalla parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europea: "La neutralità non è un'opzione, perché in tal caso si sta dalla parte dell'aggressore... schieratevi, dalla parte della pace, dalla parte dell'Ucraina, dalla parte del diritto umanitario internazionale. Di questi tempi questo significa anche consegnare munizioni, affinché l'Ucraina possa difendersi".
Sì, accanto a questo manicheismo europeo si può scorgere l'inclinazione verso un nuovo razzismo: un antico virgulto che ha un lungo rizoma affondato nel nazionalismo radicale ucraino e altri che si avvolgono alle strutture principali dell'Unione Europea, intanto che le élite europee discutono imperterrite se la Russia non sia stata sufficientemente "pacificata" dopo la Seconda Guerra Mondiale e se sia necessaria una riabilitazione più radicale.
L'ascesa di questa classe che si considera accreditata a decidere se la cultura russa debba essere cancellata -e "rimodulata"- rappresenta una dinamica particolarmente perniciosa nella politica mondiale. Sta guadagnando peso sia negli Stati Uniti che in Europa, man mano che la guerra culturale si diffonde nella geopolitica. Questo senso di superiorità e di impunità, di per sé, provoca un aumento delle tensioni e del rischio di guerra. A Wolfgang Streeck, direttore emerito dell'Istituto Max Planck per lo studio delle società con sede in Germania a Colonia, è stato chiesto il significato di Zeitenwende ("punto di svolta") secondo il cancelliere Scholtz. Ha risposto:

Il discorso sulla Zeitenwende è stato una risposta all'intensificarsi delle pressioni... affinché la Germania si allinei alla politica estera degli Stati Uniti e, in particolare, a quella dell'amministrazione Biden. Ciò che è chiaro è che la Zeitenwende di Scholz comporta la promessa -soprattutto agli Stati Uniti- che la Germania d'ora in poi a differenza di quanto fatto in passato agirà in linea con una visione del mondo che contempla una separazione tra l'Occidente e un Impero del Male, o meglio diversi imperi del male, dalla Russia alla Cina all'Iran...". (Nota bene: si tratta di un Leo Strauss allo stato puro, che riprende l'esplicito manicheismo tedesco di Carl Schmitt).
Streeck prosegue: 
Tra [Germania e Stati Uniti] e i vari imperi del male la pace è possibile solo temporaneamente e a intermittenza, e solo finché siamo noi a godere della superiorità militare. In linea di principio, noi e loro siamo sempre gli uni contro gli altri. Una vera pace richiede una sovversione delle istituzioni che renda un impero malvagio parte del nostro impero virtuoso, come risultato della sua conversione ai nostri valori. È legittimo usare tutti i mezzi politici, economici e militari per ottenere una simile conversione.
Dopo la Zeitenwende, le guerre saranno sempre dietro l'angolo e dobbiamo essere pronti ad affrontarle. Dovrebbe essere di aiuto il fatto che la politica estera "guidata dai valori" o "femminista" (Baerbock) di un impero virtuoso combatte solo guerre giuste, poiché le guerre contro il Male non possono essere ingiuste. La sottostante visione del mondo non è di tipo social-darwinista, in cui la storia è una battaglia per la "sopravvivenza del più adatto", ma manichea: la storia è una lotta incessante tra il Bene e il Male, in cui le forze della virtù devono fare del loro meglio per prevalere su quelle del male. Prima che abbiano vinto, non ci può essere una vera pace, ma solo cessate il fuoco per motivi tattici. Per una vera pace noi, le forze della virtù, dobbiamo prepararci alla guerra.
Esiste una versione forte e una debole della retorica della Zeitenwende. La versione forte implica che il mondo sia sempre stato così: ontologicamente manicheo. Coloro che in passato hanno avuto una visione diversa sono stati o sciocchi deboli di mente, o codardi che si sono lasciati ingannare dalla propaganda nemica, o traditori. Questo coincide essenzialmente con la visione del mondo dell'ala Clinton del Partito Democratico negli Stati Uniti.
La versione debole, quella che Scholtz ovviamente preferisce, è che di recente il mondo sia cambiato: mentre in passato permetteva la coesistenza pacifica tra regimi e paesi con interessi o "identità" diverse -così che vivere in pace poteva essere preferito a vincere in guerra - ora il nemico è diventato così malvagio che non esiste alternativa morale alla sua sconfitta, costi quel che costi. Oggi il messianismo americano sembra essere migrato in Europa. Allo stesso tempo, Bob Dylan ha ragione: i tempi continuano a cambiare. Quanto a lungo il governo tedesco possa rimanere asservito agli Stati Uniti come ha promesso di fare è una questione aperta, considerando i rischi che derivano dalla vicinanza territoriale della Germania al campo di battaglia ucraino; un rischio che gli Stati Uniti non si trovano a dover condividere. Anche la Francia sta esercitando pressioni affinché la Germania diventi più europea e meno transatlantica, e questo potrebbe, col tempo, avere un suo impatto. Inoltre è probabile che gli Stati Uniti a un certo punto cerchino di "europeizzare" la guerra e di ritirarsi, come hanno cercato di "vietnamizzare" la guerra in Vietnam negli anni '70, sperando che la Germania post-Zeitenwende possa assumersi l'onere di essere il principale sostenitore della loro guerra per procura.
Per quanto riguarda l'Europa, gli Stati Uniti potrebbero non opporsi al fatto che la Germania, la Polonia e altri paesi continuino ad aiutare il governo ucraino a perseguire il suo sogno di vittoria finale sulla Russia, a proprio costo e a proprio rischio. Se consideriamo che la Germania e l'Unione Europea hanno nominato Zelensky e Biden giudici della loro linea politica e con il fatto che ogni seria discussione sugli obiettivi della guerra -ovvero i termini di un accordo- è di fatto preclusa, questa prospettiva è piuttosto spaventosa.
Se l'analisi di Streeck è corretta, l'ideologia in salsa Biden che ora attanaglia le alte sfere europee suggerisce che la conversione dell'Unione Europea alla Zeitenwende rende quasi impossibile qualsiasi relazione futura con la Russia. La convinzione di questa classe di incarnare il futuro del mondo e di essere dalla "parte giusta della storia" mentre gli "altri" (la Russia e gli "autocrati") ne rappresentano solo il lato oscuro, preclude di fatto ogni mediazione. La mediazione con il Male è una tautologia.
La realtà è che l'Unione Europea è impaniata nel tentativo di imporre una "rivoluzione culturale" nel senso che l'ampio ottemperare dei cittadini alle sue norme e alle sue "emergenze" culturali non è sufficiente. Piuttosto, sono i suoi processi di pensiero a dover essere pienamente riflessi nei modi di pensare dei cittadini, in modo che gli atti e i pensieri di ogni cittadino riflettano il "giusto pensiero" dell'Unione Europea. Lo vediamo con la ragazza manifesto del partito della guerra Annalena Baerbock che fa la predica ai paesi non allineati sul fatto che non c'è spazio per la neutralità quando si tratta dell'Ucraina: "O siete con noi o contro di noi; e se siete con noi, allora date munizioni agli Stati Uniti!".
Ebbene, la rivoluzione culturale sta già invertendo il proprio corso. Oggi gli stati che hanno sviluppato una civiltà propria (Russia, Cina, Iran, ecc. e link) pensano che il futuro sia in mano loro e considerano i globalisti stregoni e le loro strutture economiche finanziarizzate come cose che appartengono al passato. Questa inversione è sempre più evidente nella guerra popolare negli Stati Uniti, ma non in Europa.
Ma l'Unione Europea può cambiare in qualche modo, visto che tutti i ponti con cui potrebbe ricollegarsi al futuro sono stati bruciati da tempo? In sostanza, l'Unione Europea è un rullo compressore "offensivo" che si muove sempre più verso il "più Europa".
In ultima analisi, l'UE cambierà a seguito di uno scontro di interessi, di fazioni e forse di una o due implosioni politiche, ma soprattutto a causa degli eventi sul campo in Ucraina a fronte del procedere dell'offensiva russa.
La realtà è stata finora esorcizzata dalla "bolla" della classe che ha in mano le credenziali. Non è chiaro come quest'ultima reagirà al fatto di veder scoppiare il proprio palloncino. Si notano già segni di isteria incipiente. Ma il punto fondamentale è questo: Quando gli Stati Uniti inizieranno a cambiare atteggiamento sull'impegno in Ucraina e cercheranno di europeizzare la guerra, la classe politica non si farà vedere quando ci sarà da combattere sul serio. La classe politica scoprirà presto che nonostante il suo linguaggio infarcito di riferimenti alla lotta per la luce, il numero di europei disposti a morire perché Sebastopoli diventi ucraina sarà davvero esiguo. Baerbock si troverà sola, poiché il resto del mondo si è già spostato verso la Russia (vedi qui) ignorando le sue provocazioni.


 
[*] Termine del conservatorismo statunitense che indica un miscuglio di Stato profondo ed establishment globalizzato che controllerebbe ogni aspetto della politica e della società.