La manifestazione romana del 17 gennaio ha percorso il centro della città con migliaia di bandiere e decine di migliaia di rappresentanti di quelle categorie sociali che mandano per davvero avanti lo stato che occupa la penisola italiana, lavorando nelle concerie e nei cantieri, lavando scale e sfornando pizze. E che a tanto dovrebbero limitarsi, stando ai "politici" e a certi spot pro-"integrazione" graziosamente disponibili a concedere a chi lavora anche il diritto di cantare o sole mio... previa attenta verifica dei requisiti di legge.

Il corteo pullulava di professionisti della denigrazione, lì apposta perché il primo pezzo di stoffa incendiato testimoniasse del naziislamocomunismo di tutti i partecipanti. Ci sono rimasti piuttosto male e sono stati costretti a ripiegare sull'immagine di qualche elaborazione grafica in cui svastica e maghen david si sovrapponevano. D'altronde gli articoli da pubblicare erano già pronti nei cassetti da settimane, e non si poteva buttar via ogni cosa solo perché dei lavoratori non intendono prestarsi al gioco di chi si adopera -in piena consapevolezza e senza alzare il culo dalla poltrona- per delegittimarli.

Dopo più di venti giorni di bombardamenti e di incursioni terrestri l'esecutivo sionista si diceva soddisfatto degli "obiettivi raggiunti" ed ordinava il ritiro di Tsahal' dalla striscia di Gaza... in sincronia con la fine della presidenza di George Bush. Su quali siano gli "obiettivi" di un'offensiva elettorale non è il caso di porsi troppe domande; il rischio è quello di cadere nella retorica. Le elezioni nell'unica "democrazia" del Medio Oriente, una democrazia la cui forza risiede nell'esclusione d'autorità dei partiti non sionisti dalla consultazioni elettorali, è costata al momento in cui scriviamo più di milletrecento morti ed oltre cinquemila feriti.