Nell'estate 2009 il disperante foglietto fiorentino "La Nazione" prosegue a rovesciare sul pubblico il suo allarmismo di routine.

Come i nostri ventitré lettori si saranno accorti, la gazzetta in oggetto non gode in questa sede di alcuna stima e di alcuna autorevolezza. Lo stesso accade presso quattro quinti buoni del suo target, il che ne rende la sopravvivenza economica qualche cosa di inspiegabile secondo le logiche di mercato più comuni.
Aldo Milone ha un passato professionale nella gendarmeria e si è riciclato a dureppùro della sihurezza e contro i'ddegrado cavalcando la redditizia onda ebete dell'allarmismo giornalaio al quale, da dieci anni almeno, sono intonate tutte le produzioni mediatiche del mainstream. La cosa è arrivata da tempo a livelli tali che tra la percezione del mondo di chi non si fa riempire la testa di schifezze giornalettistiche e televisive e quella di chi si ostina in questa discutibile abitudine esiste un solco probabilmente incolmabile.
La colpa di questa situazione, a Prato come altrove, è per il venti per cento dei normali problemi che sorgono ovunque quando convivono individui che provengono da comunità dalla diversa storia, e per l'ottanta per cento dei mass media.
Grazie all'operato dei professionisti -e delle professioniste- dell'"informazione", la penisola italiana vive da anni in un clima che ricorda quello della Germania degli anni Trenta. Certo, per arrivare ad uno sbocco genocidiario dovrebbe cambiare radicalmente una situazione economica ancora abbastanza tranquilla; ma le altre premesse sono state costruite tutte, in piena scienza e coscienza, dai professionisti della politica in cravatta e dai loro servi nelle redazioni. Tanto per essere più chiari, fino a qualche anno fa il razzismo dichiarato e la volontà genocida erano patrimonio indiscusso di un piccolo e sostanzialmente innocuo gruppo di individui tatuati e rasati, rastrellabili da qualche birreria di terz'ordine e nei pallonai domenicali. Il lavorìo gazzettiero degli ultimi anni ha fatto ponti d'oro per la feccia che risale il pozzo.
Aldo Milone dunque, dopo che il piddì con la elle ha Vinto le elezioni comunali grazie ad avversari annichiliti e soprattutto grazie alle pezze d'appoggio fornitegli dai mass media, è diventato Assessore alla sihurezza e secondo la moda politica del momento ha sollecitato l'intervento in città di un reparto militare.
Presentando l'iniziativa in un articolo de "La Nazione", Aldo Milone avrebbe asserito «Non riesco ancora a spiegarmi come i giovani militari di 25-30 anni vanno altrove per democrazia in Iraq o in Afghanistan e non possono esere utilizzati in operazioni di sicurezza per i connazionali: che logica è?». Che logica è? Glielo spieghiamo sùbito e gli usiamo anche la cortesia di non cavillare troppo su certe concezioni di "democrazia"; un trafiletto de "La Nazione" è degno di qualsiasi utilizzo, specie nella sua edizione cartacea, meno che come terreno per esercitazioni filologiche.
Qui di seguito c'è dunque una delle moltissime immagini reperibili su internet -basta fare la fatica di cercare un po' e non fermarsi ai seni scoperti che costituiscono il settanta per cento dei contenuti di portale- che testimoniano i risultati concreti della "democrazia" in Iraq o in Afghanistan. Naturalmente ce ne sono anche di ben più crude, ma non abbiamo motivo di infliggere a chi legge la vista dettagliata dell'effetto su di un cranio umano del proiettile sparato da un Dragunov o da un Accuracy International.


Una madre affranta sopra il corpo del figlio, colpito a morte da un cecchino statunitense nel distretto Obaidi di Baghdad il 21 maggio 2008. I cecchini statunitensi hanno ucciso undici passanti e ne hanno ferito un dodicesimo. (Foto Reuters, Thaier al-Sudani).

A questo punto, la logica di chi non vuole soldati per le strade non dovrebbe avere grandi misteri: una cosa che i decolleté della televisioncina tendono a tacere un po' troppo spesso è che i militari e gli eserciti servono per ammazzare. Non è una funzione incidentale: è il motivo alla base della loro esistenza. Eventi come quello qui sopra sono ordinaria amministrazione da anni ed anni nelle fortunate aree di democracy export e non sono incidenti ma conseguenza logica di certe scelte. L'impiego consapevole di personale armato per qualcosa di diverso da una passeggiata militare deve dunque mettere in conto "vittime collaterali" anche in piena Toscana.
Durante un giro per il centro di Prato abbiamo udito una ragazzina dodicenne apostrofare una donna incinta dalle fattezze orientali con la frase "Ecco, tra poco anche quella partorisce un altro mostro" senza che la cosa desse àdito ad alcuna contestazione da parte dei numerosi -e soprattutto delle numerose- presenti. Non possiamo dunque escludere che l'abbrutimento della pubblica opinione sia finalmente arrivato a tali livelli di bestialità da farla gioire per scene come quella su illustrata: in tutti i casi ci penseranno le gazzette, a facilitare l'arrampicata sugli specchi di chi dovrà giustificare l'ingiustificabile.