Fine dicembre 2009. La copertura mediatica delle proteste di piazza svoltesi nella Repubblica Islamica dell'Iran -soprattutto a Tehran ed Esfahan- durante le celebrazioni di Ashura ha subìto in poche ore un drasticissimo ridimensionamento. In queste righe si è cercato di evidenziarne, almeno in parte, le ragioni.


Tehran. La partecipazione alle manifestazioni filogovernative del 30 dicembre 2009, presentate come "proteste contro la profanazione di Ashura", ha avuto una portata imponente.

I palinsesti e gli agenda setting degli ultimi giorni del 2009 hanno visto le notizie provenienti dall Repubblica Islamica dell'Iran dapprima susseguirsi con ritmi frenetici, e poi passare rapidamente in secondo piano. Non è dato conoscere tutti i motivi alla base di un simile -e rapidissimo- cambiamento di prospettive, ma qualche ipotesi si può fare.
Molte gazzette hanno dovuto riporre di gran carriera nel cassetto i toni da grandi occasioni: sostantivi come "caos" e "rivoluzione" faranno anche presa sul pubblico, specie se composto da sudditi che della realtà iraniana non hanno alcuna cognizione, ma sono poco utili per una rappresentazione appena decente della realtà delle cose. Invece di tenere i mass media e i rappresentanti istituzionali della Repubblica Islamica in poca o nessuna considerazione, sarebbe il caso di prestare loro un minimo di credito: facendolo, si controbilancerebbero le farneticazioni della torma di "occidentalisti" d'accatto cui da trent'anni viene data carta bianca in materia. Un simile comportamento implica però per lo meno un minimo di obiettività, di buona fede e di competenza; tre concetti assolutamente estranei ai mass media "occidentali" ed al mainstream in particolare.
Le gazzette si sono arrampicate sugli specchi prendendo per buono ogni rumour che servisse ad avallare una versione "occidentalista" degli avvenimenti in corso: la notizia secondo la quale un aereo sarebbe stato pronto al decollo per portare Khamenei e famiglia in Russia viene accompagnata da considerazioni del tipo "l governo iraniano muove la piazza, ma in realtà non sarebbe così sicuro del sostegno mostrato da migliaia di persone scese per le strade del Paese", che in altre parole significano "Esiste una correlazione eloquente tra la massa di persone che le forze politiche di governo sono in grado di portare in piazza ed il numero di suffragi che esse forze hanno ottenuto a giugno; ci piacerebbe tanto che in Iran scoppiasse una rivoluzione vera e propria con noi in prima fila ad allagarvi la casa di immagini sanguinose e di bandiere a stelle e strisce portate da comparse compiacenti, ma la realtà pare vada in tutt'altra direzione sicché a noialtri tocca prenderne atto e cercare di confondere le acque il più possibile, affinché non ne prendiate atto anche voi sudditi, ché potrebbe venirvi qualche strana idea tipo mandare a quel paese noi e chi ci dà da mangiare".
Aereo pronto al decollo o no, Mahmoud Ahmadinejad aveva prospettato per il 30 dicembre una mobilitazione popolare imponente, e contrariamente a moltissime sue controparti "occidentali" è stato buon profeta.
Si notino le immagini e le si paragonino a quelle della "onda verde". I manifestanti filogovernativi reggono pochi cartelli in inglese, espongono scritte in farsi ed usano bandiere che hanno significato in un contesto locale. L'esatto opposto, dal punto di vista iconografico, di quanto compare nelle manifestazioni antigovernative, le cui istanze sembrano dirette più che altro all'opinione pubblica internazionale raggiunta dai mass media amici.
Irib.ir asserisce che, a fronte di scontri di piazza verificatisi essenzialmente a Tehran, manifestazioni filogovernative si sono svolte in molte città del paese: se a Qom e a Mashad l'esecutivo può permettersi di giocare sul sicuro, la stessa cosa non era da considerarsi scontata a Tehran stessa, dove invece il corteo filogovernativo ha dato l'impressione di raccogliere centinaia di migliaia di persone, spiazzando gazzettieri e scaldapoltrone che da trent'anni dànno per scontato il crollo imminente dell'assetto statale retto dalla costituzione del 1979.
Esistono anche molti video che mostrano fiumi di gente impressionanti inneggiare ad Husayn, in manifestazioni che vengono presentate come "di condanna per la dissacrazione di Ashura".
Un bel guaio, per la "libera informazione"; come fare per edulcorare una realtà che si ostina a marciare in direzione opposta a quella auspicata e minaccia addirittura di eludere le lenti deformanti deliberatamente utilizzate per illustrarla ai sudditi? Non resta che minimizzare con ogni mezzo e relegare tra le righe la presa d'atto dello stato di cose, continuando affannosamente la ricerca di qualunque voce di corridoio possa servire a proseguire con il battage denigratorio: ecco spiegato il rapido passare in secondo piano dell'intera questione.
Quella della sistematica semplificazione e deformazione delle realtà geopolitiche è una battaglia faticosa, da condurre oltretutto in crescente solitudine adesso che perfino tra le lobby e i think tank che influenzano il corso della politica estera yankee la "democrazia da esportazione" ed il sionismo da Bar Sport hanno lasciato il posto ad una visione più realistica della situazione internazionale.
Redattorucoli obesi e mentitori di professione rischiano seriamente di dover fare a meno , almeno per qualche tempo, dell'avallo autorevole su cui hanno potuto contare per tanti anni.