A fine 2010 l'esecutivo che fa finta di governare lo stato occupante il territorio della penisola italiana conquista due belle vette nello stesso giorno: perde l'ennesimo soldato mandato a carissimo prezzo a prender parte all'occupazione dell'Afghanistan, e viene trattato esattamente come meritava in un confronto diplomatico con la Repubblica Federativa del Brasile.


Il 2010 si è chiuso con due eventi del tipo che il mainstream archivia dopo un giorno al massimo. Addirittura dopo qualche ora, nel caso delle gazzette in rete.

Primo evento. L'occupazione dell'Afghanistan. گلستانِ, Golestan, significa roseto; un toponimo che ricorre spesso in un'area compresa tra l'Armenia ed il Pakistan. Nello stato che occupa la penisola italiana esisterebbe un qualcosa definito "Ministero della Difesa". Un Golestan dei tanti, quello afghano, ha procurato a uno che farebbe il ministro della difesa, laddove difesa significa in questo caso "costosa e controproducente intromissione negli affari altrui", il suo tredicesimo morto dall'inizio dell'anno. Lo stato che occupa la penisola italiana ha una lunga ed umiliante storia di partecipazione a guerre inutili e pazzesche, non ultima l'immonda aggressione colonialista dell'Iraq. L'inutile e pazzesca partecipazione all'occupazione dell'Afghanistan costa un miliardo di euro all'anno.
In cambio di un miliardo di euro, ogni tanto un proiettile o una mina ricordano ai sudditi dello stato che occupa la penisola italiana che in guerra si muore. Uno degli "occidentalisti" più quotati, tale Umberto Bossi, avrebbe commentato la cosa affidando al gazzettame considerazioni contraddistinte da una pochezza entusiasmante e da un'inconsistenza assoluta. "Dall'Afghanistan tornano troppi morti: il Paese non è certo contento","Se l'America non fosse andata in Afghanistan, avremo il terrorismo dilagante in tutta Europa. L'America ha agito in maniera saggia" per finire con un "Purtroppo in guerra la gente muore".
Dicono che lo stato che occupa la penisola italiana abbia, fino ad epoche recentissime, sbandierato primati un po' in ogni campo. Si potrebbe asserire che evidentemente ci è riuscito non grazie alla propria classe politica, ma nonostante essa. Una considerazione del genere tralascia una questione fondamentale, ossia che la classe politica viene grosso modo sottoposta ad un vaglio elettorale, e che dunque è legittimo considerarla rappresentativa dei sudditi.
Incidentalmente, nelle stesse ore i saggi amriki hanno continuato ad impedire al terrorismo di dilagare in tutta Europa ammazzando quindici persone nel vicino Pakistan. Per farlo hanno usato aerei telecomandati che possono essere diretti stando in poltrona a Seattle o a Niagara Falls, magari mangiando uno hamburger con la mano libera dai comandi.

Secondo evento. La querelle tra Repubblica Federativa del Brasile e stato che occupa la penisola italiana circa gli accordi bilaterali di estradizione.
Una particolare specializzazione della propaganda "occidentalista" consiste nel cercare condanne politiche nei curricola di veri o -assai più spesso- anche solo presunti avversari e di utilizzarla al parossismo perché si arrivi all'eliminazione -l'ideale sarebbe quella fisica, ma l'importante è che lasci eventuali incarichi elettivi ricoperti- del soggetto colpito. Come punto di partenza va bene qualsiasi cosa: un "occidentalista" non avrà nulla da obiettare se viene fuori che un potenziale avversario politico ha passato anni ed anni a dare e prendere coltellate per roba di pallone, ma considererà gravissimo che sia stato fermato mentre affiggeva un manifesto politico.
Si ricorderà poi che la definizione "occidentalista" di terrorismo compendia in esso qualunque azione, qualunque opera, qualunque concetto non contemplino passaggi di denaro tra chi ne possiede poco e chi ne possiede molto: un individuo come il suddito al centro della questione rappresenta per gli "occidentalisti" una preda da trofeo, e la questione stessa una faccenda di supremo prestigio ed interesse statale. Naturalmente la propaganda è una cosa, la realtà il più delle volte un'altra.
Opposta.
Alla fine di dicembre 2010 la Repubblica Federativa del Brasile nega allo stato che occupa la penisola italiana l'estradizione di un suddito. E lo fa con una comunicazione ufficiale un po' risentita: a Brasilia i toni di puntuale sufficienza, da dominante a sottoposto, con cui lo stato che occupa la penisola italiana comunica in merito a questioni simili con qualunque entità statale diversa dall'AmeriKKKa e dallo stato sionista non devono essere piaciuti. L'episodio è interessante per più motivi.
Innanzitutto, è probabile che le condizioni del sistema carcerario peninsulare siano note anche ad un oceano abbondante di distanza; nell'esecutivo brasiliano devono abbondare gli individui competenti e consapevoli. In quello dello stato che occupa la penisola italiana abbondano invece i mangiatori di busecca la pronti ad assicurare che le loro galere sono hotel a quattro stelle. Un'espressione che ha conosciuto una notevole fortuna, tant'è che ad anni dal giorno in cui è stata pronunciata ricorre ancora spesso nelle ciarle dei sudditi più composti nel loro ruolo, che è quello di rappresentare il corpo sociale meno presentabile d'Europa.
In secondo luogo, la vicenda fornisce anche una minima misura di quale sia il peso politico dello stato che occupa la penisola italiana, e di quale prestigio goda il suo esecutivo, che come abbiamo visto rispecchia perfettamente "valori" e competenze dei sudditi. Molto giustamente le "richieste" di gente simile sono state considerate dagli esponenti politici e giudiziari della Repubblica Federativa del Brasile con lo stesso fastidio con cui si considererebbe un venditore ambulante di maccheroni particolarmente insistente, e liquidate con la stessa determinazione.
Il politicame "occidentalista", ovviamente, non ha gradito. Ha reagito come era da aspettarsi che reagisse, ovvero come un sovrappeso in canottiera che, seduto a tavola con la forchetta di spaghetti stretta nel pugno destro, apprenda dalla televisione sempre accesa che la schedina del Totopallone che si è dimenticato di giocare valeva un monte premi di milioni.
E' logico, ed anche probabile, che ulteriori mosse "diplomatiche" riescano soltanto a peggiorare le cose.