Settembre 2011. Francesco Torselli e Fabio Cavini sono due giovani (e neanche più tanto) "occidentalisti", uno di Firenze l'altro di chissà dove, che hanno passato una qualche decina di minuti a stilare e diffondere una serie di "spunti d'azione" ad uso del proprio movimento politico.
Ci siamo presi la libertà di completare il loro scritto con i non detti che ne emergono, producendo un testo che per il registro linguistico utilizzato, per il derisorio accostamento di immagini che lo accompagna e per il sarcasmo che vi viene profuso si discosta abbastanza dai contenuti ospitati solitamente in questa sede.
Un modo per tornare, per una volta, allo spirito di Khodja Nassereddin.

Chi volesse consultarne l'originale, può trovarlo qui.




Qualcosa che avanza? Nulla di meglio che riservarle un buon frigorifero...

Siamo finalmente riusciti a disgustare la parte maggioritaria dei sudditi. Dopo oltre un decennio di impasse, in cui la gente si è gradualmente allontanata dalla politica disposta a subire di tutto perché l'avevamo convinta che alla minima obiezione Ahmadinejad avrebbe violentato di persona le loro figlie, oggi stiamo vivendo una sorta di "stagione del riflusso al contrario" in cui le persone vogliono tornare prepotentemente a condizionare la cosa pubblica togliendola dalle mani di quelli come noi.
La politica per fortuna, purché ne partecipino soggetti diametralmente opposti a noi in tutto e per tutto, parla un linguaggio un po' più elevato di quello della gggente, in grado di restituire ai sudditi quella fiducia minata da decenni di quella partitocrazia, di quegli inciuci, di quella corruzione, di quei conflitti sociali esasperati nei quali ci siamo trovati così bene.
Oggi siamo di fronte alla necessità di aprire una nuova fase perché il rischio di essere perentoriamente chiamati a dar conto del nostro operato ci metterebbe davanti alla orribile prospettiva di doverci trovare un lavoro. Dobbiamo dare alla nostra gente una nuova speranza, ritrovare l'entusiasmo del 2006. Ripartire da quella piazza colorata di bandiere tricolori per continuare a sognare sì, ma da casa nostra, dopo una sconfitta elettorale che ci porti ad un passo dalla sparizione, una penisola differente da quella che vorrebbero Vendola, Bersani, Di Pietro ed i loro amici. E che abbiamo per anni contribuito a costruire, arrivando agli entusiasmanti risultati di cui sopra.
Guai a mettere in discussione il Popolo della Libertà. Ci toccherebbe tornare negli scantinati e nei sottoscala per un'altra quarantina d'anni, senza "entrismo" in quel partito. "Popolo" e "Libertà" sono le principali parole d'ordine della nostra azione politica, nonché l'apriti sesamo delle imbandigioni dei convegni e delle scuolette di partito che tanto contribuiscono al nostro sostentamento quotidiano. La politica fatta non per interesse personale, ma come servizio al nostro Popolo inteso come la comunità escludente cui ogni tanto allunghiamo qualche offa, e sopratutto la politica fatta da donne e uomini liberi di chinare la testa al volere del padrone assoluto, che sia o meno compos mentis.
Ripartiamo dai valori che ci uniscono e che ci rendono fieri della nostra identità. L'amore per le poltrone di tutti gli organi elettivi della penisola italiana e dell'Europa, per la terra dei nostri padri, da difendere e salvaguardare contro gli islamoanarconazicomunisti, che poi non sono altro che tutti coloro che si azzardano a metterci davanti alla nostra incompetenza ed alla nostra pochezza. La difesa della vita, dal suo concepimento al momento della morte fatta eccezione per gli straccioni clienti delle nostre esportazioni di democrazia a mezzo bombardamento intercontinentale. La lotta alla droga ed a chi vorrebbe una gioventù spenta e senza più ideali fatte salve le dovute eccezioni, ché tutti abbiamo diritto di divertirci. La lotta dura contro ogni forma di mafia e di clientelismo suscettibile di escluderci dal bel numero, che avvelena la nostra speranza in un futuro in cui l'ufficio circoscrizionale per l'impiego sia al di là dell'orizzonte della nostra vita.
Ma sopratutto riportiamo la nostra gente al centro della partecipazione politica. Rinsaldiamo il rapporto tra candidati, eletti ed elettori. Torniamo a parlare il linguaggio della gente e restituiamo alla gente speranza e sogno, così possiamo prenderli in giro per un altro paio di legislature.
Speranza di cambiamento. Speranza di rinnovamento. Speranza nell'avvenire. Tutte cose realizzabilissime anche e soprattutto senza di noi.


PERCORSI DI COMUNITA'

IDENTITA'

Ripartire da noi stessi. La nostra storia, le nostre radici, la nostra appartenenza non sarebbero merce di scambio, ma se c'è da cambiare simboli e striscioni ogni due mesi pena il taglio viveri da Roma, per carità adeguarsi all'istante. Essere capaci di interpretare la volontà di cambiamento della gente secondo noi significa essere attori principali del presente, capaci di immaginare il futuro, ma sempre con la consapevolezza del nostro passato: secondo il resto del panorama politico significherebbe invece prendere atto della caterva di ignominie e di abiezioni cui si è dato entusiasticamente mano e ritirarsi istantaneamente dalla scena. Noi non dimentichiamo la Garda de Fier; il problema è che non se la dimenticano neppure gli altri.

VALORI

I tempi cambiano, ma i valori che ci hanno fatto sentire sempre uomini e donne differenti, e come tali adattissimi alle differenziali, non passano mai di moda. La nostra azione politica non può prescindere, neppure nella quotidianità, da quelle parole d'ordine eterne -fatti salvi i cambiamenti fatti in fretta e furia per volere supremo altrimenti ci rimandano daccapo a pulire i ciclostile negli sgabuzzini delle scope- che ci hanno accompagnato durante tutto il nostro percorso di formazione, politica, ma prima di tutto umana.

MERITO

La rivoluzione del merito. Le persone più capaci e le idee migliori devano trovare la loro affermazione nella nostra società fermando così l'emorragia delle eccellenze verso l'estero. ["...Camerati, ma siete fuori di testa?! Se succedesse davvero qualcosa di simile, me lo dite dove andiamo a mangiare?! Io ho sempre sette rate dello scooter da pagare..." "...Tranquillo, tranquillo, lo sai che si fa tanto per dire..." "...Ah, meno male...", da una comunicazione finita su Wikileaks]

GIOVANI DI TUTTE LE ETA'

Essere giovani non dipende esclusivamente dalla carta d'identità. Esistono giovani "vecchi" a vent'anni, incapaci di fantasticare e buoni solo ad immaginarsi come portaborse dei potenti di turno e che dunque costituiscono il perfetto ritratto delle nostre aspirazioni. Di contro, esistono persone più in la con gli anni che non hanno mai perso quell'indole ribelle e sognatrice che li rende, ad ogni età, giovani, ma prima ancora, uomini liberi. Questo spiega perché nel nostro areale politico è possibile fare i "dirigenti giovanili" fin verso i quarantatré anni, al tempo stesso omettendo con ogni cura di portare a termine la propria formazione universitaria.

PRIMATO DELLA POLITICA

La politica deve tornare ad essere laboratorio di idee, confronto tra uomini con visioni del mondo differenti e non tra meri obbedienti a lobbies di potere contrapposte. Questo detto in teoria, perché se così si mettessero le cose per noialtri sarebbero guai grossi. La politica si riprenda il proprio ruolo di predomino sulla finanza e sull'economia, ponendo al centro della propria azione il bene comune della Comunità, quello singolo della Singolarità, quello alchemico dell'Alchimia e quello tantrico del Tantra. Scusate, ma soltanto da poco ci siamo resi conto che abbiamo preso in giro un po' di gente per un po' di tempo e che prendere in giro tutti per sempre implica uno sforzo dolorosamente al di là della nostra portata.

PERCORSI DI AZIONE

IL SOGNO

Restituire ai sudditi la capacità di sognare. La politica deve tornare a far infiammare i cuori delle persone. L'antipolitica ed il qualunquismo, fino ad oggi dilaganti grazie all'azione del politicame gazzettiero di cui facciamo parte integrante, hanno tacciato di terrorista chiunque non avesse in regola le carte per le quali eravamo noi a decidere le regole, hanno ucciso la politica e fatto passare con totale successo il messaggio distorto che tutto è in mano alla "casta" e che le "cose" non cambieranno mai. La sfida di oggi è quella di essere percepiti come qualcosa di autenticamente differente, in grado di portare davvero una ventata di aria nuova sulla scena politica. Il che, visto quante ne abbiamo combinate e quante continuiamo a combinarne, rappresenta un ulteriore ciarla velleitaria da confinare tra le menzogne della propaganda.

LA BELLEZZA

Lo stato che occupa la penisola italiana: quello delle regioni, degli oltre ottomila comuni. Tutta roba che secondo i vari paritelli del tè delle cinque con i quali conviviamo senza alcun problema rappresentano zavorre, baracconi e spese inutili: gli unici soldi pubblici bene spesi sono quelli destinati alla repressione ed alla guerra, ma anche questo sarà il caso di farlo passare sotto traccia, pena un ulteriore incremento del ridicolo ed un ulteriore emorragia di suffragi al prossimo giro di ruota. La penisola della bellezza forte delle sue specificità. L'azione politica non può prescindere dalla riscoperta dei suoi territori, delle sue inestimabili risorse culturali ed artistiche. Una sfida che dobbiamo ad ogni costo cavalcare, sempre nella prospettiva di tenere la maggior distanza possibile tra noi ed il sussidio di disoccupazione. Sempre che qualche commensale del tè delle cinque di cui sopra non lo faccia sdegnosamente abolire in nome della "meritocrazia" e del rigore nei conti pubblici.

LA SPERANZA

Dobbiamo dare al nostro popolo la speranza del futuro, investendo nelle nuove generazioni. Investendo nelle nuove generazioni, non investendo le nuove generazioni, magari con arnesi come questo. Per tornare a crescere dobbiamo anche credere nel nostro futuro. E qui cominciano i problemi. Un popolo senza speranza è un popolo senza futuro, pronto a perdere anche la propria identità e noialtri non siamo qui a prendere multe e risate in faccia solo perché uno Abdul qualunque, che conosce quattro lingue come ridere, passi avanti nei concorsi a camerati come il Cippe, il Puppe, il Foppe o il Cappe che appartengono al nostro popolo glorioso e identitario, e pazienza se hanno serie difficoltà anche con la tabellina del sette.

PREFERENZE E PRIMARIE

Una politica fatta di nominati è una politica distante dai cittadini; la nostra forza sta nel riuscire a rimanere seri esprimendo concetti come questo. La forza del Popolo della Libertà è stata quella di far sentire simpatizzanti ed iscritti protagonisti della vita e delle scelte del partito, trattando i volenterosi come facchini da vessare e contando su un certo turn over per sostituire la manovalanza delle campagne elettorali. Oggi qualcosa in questo rapporto pare essersi rotto, per il motivo puro e semplice che le prese in giro non possono continuare all'infinito; ce lo dicono i tesseramenti che vanno a rotta di collo e l'apertissimo disprezzo che suscitiamo ad ogni nostra minima intrapresa. Eppure non dobbiamo mollare, ne va della nostra fornitura di maccaruna c'a'pummarola 'n coppa, per cui è vitale spingere la nostra sfrontatezza fino ad asserire che nel partito più verticistico di tutto l'"Occidente" i dirigenti e gli eletti devono essere scelti dalla base. La logica delle candidature imposte o "paracadutate" ha contribuito ad aumentare il divario tra eletti ed elettori, eppure era l'unica cosa da fare qui a Firenze dove il palloniere Giovanni Galli ha funzionato quel tanto che bastava ad evitare un meritato ed ovvio tracollo, ed appena ripiegato il paracadute si è accorto in che razza di ambientino gli era dato di operare; ha preferito optare per un profilo responsabilmente e lodevolmente basso e chissà le litigate nelle salette di Palazzo Vecchio. Per superare queste spaccature e riportare gli elettori ed i simpatizzanti al centro della vita del partito occorre istituzionalizzare le primarie a tutti i livelli e tornare al metodo delle preferenze in tutte le elezioni. Il che significa fare strame delle prassi politiche fin qui seguite che tanto ci hanno assicurato in materia di casatielli freschi, ma tanto appena questa roba finirà in mano ai mezzi piani del "partito" ci rimetteranno al nostro posto con un paio di telefonate.

CONFRONTO

Manifestazioni, convegni, incontri fatti ed organizzati solo esclusivamente per la "nostra gente" hanno marcato le ultime stagioni politiche. I numeri dei partecipanti stanno inesorabilmente calando ed il coinvolgimento di nuovi simpatizzanti è sempre più difficoltoso, con buona pace delle menzogne che scriviamo da anni ed anni sul Libro dei Ceffi. Oltretutto è roba che costa cara arrabbiata perché non è che possiamo raccontare a tutte le ore ciance sull'insihurezza e su i'ddegrado e poi andare ad occupare un capannone come punkabbestia qualsiasi. Recuperare il vecchio format del dibattito con la "controparte" oltre a rendere più interessante ogni iniziativa, contribuirebbe a far passare un messaggio devvero innovatore, ovvero che esiste una nuova classe dirigente, a destra come a sinistra, capace di sedere allo stesso tavolo a riscrivere nuove regole per la politica, ma più che altro permettendoci di scippare alla controparte temi, argomentazioni e forme di comunicazione, come abbiamo sempre fatto per evitare di asfissiare prima che ci venissero a dire di farla finita, che quella era feccia da eliminare con ogni mezzo e che azioni del genere ci avrebbero automaticamente reso degli anarcoislamonazicomunisti per contaminazione.