I nostri lettori sanno che la propaganda "occidentalista" e la costellazione vastissima di sfaticati, furbacchioni, inetti, zerbini e valletti di vario ordine e stipendio che se ne fanno portatori hanno un nemico irriducibile e di temibile efficienza, che si chiama principio di realtà.
A farne le spese è il mainstream mediatico, costretto a contorsioni logiche, "virate" e "ripensamenti" che farebbero vergognare chiunque fosse in grado di provare vergogna. Tra le ultime vittime più o meno illustri del principio di realtà troviamo la "primavera araba", concetto fogliettista privo di qualunque appiglio nel mondo reale che nel migliore dei casi è servito a metabolizzare a pro dei sudditi l'intromissione "occidentale" negli affari altrui e che nella sua variante siriana statuisce da due anni precisi la malvagità metafisica del "regime" di Bashar al Assad.
Il principio di realtà, purtroppo per tanti "liberi" e "professionali" fogliettisti, resta evanescente e pervasivo al tempo stesso, come il fumo di un incendio che passi al di sotto di una porta chiusa; nel caso siriano la realtà è quella del sanguinoso stallo di una guerra civile in gran parte eterodiretta e scatenata di proposito, a suo tempo presentata come inevitabile sbocco delle "violenze del regime" contro i "manifestanti inermi". 
Come vedremo dai minuscoli esempi che seguono, la "libera informazione" si è impegnata al meglio delle sue possibilità negli ultimi ventiquattro mesi. I difensori dei "diritti umani" e degli "interventi umanitari" -il nome trendy di quelle che in contesti normali si chiamano "violazioni della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale a mezzo di aggressione militare", anche.
Solo il principio di realtà rifiuta a tutt'oggi di adeguarsi alla volontà "occidentale"; un impiccio molestissimo, del quale sono stati in molti a non tenere conto.
Mancò la fortuna, ma non la malafede.
Il 15 febbraio 2013 l'ANSA pubblica questa notizia.
L'immagine che la correda mostra un combattente lealista con un Dragunov.
BRUXELLES - La "ossessione britannica" per avere la possibilita' di fornire armi all'opposizione siriana rischia di spaccare il Consiglio dei ministri degli esteri di lunedi' prossimo che tra gli altri punti all'ordine del giorno ha soprattutto il rinnovo del pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco, deciso il 29 novembre scorso ed in scadenza il 28 febbraio. "Se non c'e' accordo all'unanimita', il pacchetto finisce" spiegano le fonti.
Tra le misure in discussione c'e' anche l'embargo delle armi. Che il Regno Unito vorrebbe modificare in modo da poter rifornire l'opposizione. Secondo le fonti la posizione di Londra ha trovato "tre-quattro sostenitori", tra i quali ci sarebbe - anche se con una posizione molto piu' sfumata - la Francia. Mentre tra gli altri paesi ci sono "perplessita"' se non "forte opposizione".
Le informazioni arrivate a Bruxelles descrivono una "situazione estremamente difficile e complessa" che "cambia ogni giorno, da citta' a citta' e da quartiere a quartiere" sull'asse nord-sud da Aleppo a Damasco e fino al confine con la Giordania. Una situazione di incertezza, rilevano le fonti, che ha indotto l'amministrazione americana a mantenere l'embargo sulle armi.
I servizi europei hanno comunque messo a punto una serie di opzioni sul "quadro giuridico" per attenuare eventualmente l'embargo. Tra i ministri il dibattito sara' essenzialmente politico. Di fatto sul messaggio che l'Europa dara' al regime di Assad. E se anche la Gran Bretagna arrivera' decisa a sostenere la sua posizione, a Bruxelles si sottolinea che "tutti hanno senso della responsabilita"' e che quindi Londra non si spingera' fino a porre il veto che farebbe cadere l'intero pacchetto di sanzioni a Damasco.
Le cose sono sempre state chiare, con buona pace di certo democratismo da corteo, e le intromissioni, gli intenti e gli interessi "occidentali" in Siria non potevano essere descritti in modo più preciso e stringato. Detto con altre parole, davanti alla sconfitta militare e politica del "libero esercito siriano" che in due anni è semplicemente riuscito a disgregare il tessuto economico e sociale del paese e a danneggiarne le infrastrutture senza riuscire a costruire neppure l'embrione di una alternativa credibile all'assetto istituzionale in vigore, l'Unione Europea tornerebbe volentieri sui suoi passi. Ad impedirglielo è la più o meno grande quantità di ostinazione con cui i paesi sovrani maggiormente coinvolti nella guerra civile che doveva rovesciare il governo di Assad continueranno a difendere il proprio punto di vista e soprattutto i propri interessi.
La Repubblica Francese punta da qualche tempo ad altri cespiti e ha messo la sordina alle proprie tresche con le petromonarchie: aggredire la Grande Jamahiria Araba di Libia Popolare e Socialista pare sia stato sufficiente a dare lustro a quei Rafale che non c'era verso di rafalare a nessuno e se la Repubblica dell'India firma quel benedetto contratto lo scopo di ridare un po' di fiato alla Dassault sarà stato raggiunto senza doversi sporcare le mani contro una compagine che si è rivelata un nemico più duro del previsto e senza continuare ad andare a braccetto in Siria con gli stessi combattenti ai quali invece si fa la guerra nel Sahara.
I cittadini siriani affollano i campi profughi, per tacere delle concrete conquiste della "libertà" e della "democrazia" in terra di Libia? Pazienza, siamo sempre in tempo a chiedere scusa.
Il Regno Unito ospita l'autorevole, prestigioso e documentato "Osservatorio siriano per i diritti umani" le cui ciarle vengono considerate oro colato da tutto l'occidentalame gazzettiero. Secondo lo stesso mainstream "occidentale" gli ipse dixit sui "diritti umani" nella Repubblica Araba di Siria sono frutto del "lavoro" di un certo Rami Abdulrahman, che da un paio d'anni -quando non è occupato a mandare avanti una botteghina di vestitini in cui lavora anche la moglie- rendiconta puntualissimo e pignolo i successi dei "ribelli" e del "libero esercito siriano" che combattono contro le truppe regolari della Repubblica Araba di Siria, alle quali ha cura di ascrivere d'ufficio ogni nefandezza inventata o meno, venendo il più delle volte smentito nel giro di qualche ora.
E' essenzialmente grazie al signor Abdulrahman se da due anni a questa parte "il regime di Assad ha le ore contate".
Il tutto, da un terratetto con due camere di Coventry.
E non da un sottoscala di Londra, come pensavamo noi.


Bashar al Assad con la famiglia, in una foto pubblicata nel febbraio 2011.
Un mese dopo, Assad è stato retrocesso da fashion testimonial a dittatore sanguinario, e fatto sparire dai giornalini di vestiti.


Dello stesso Regno Unito è suddita Asma Assad, cosa che ha complicato un po' i piani di tanti premurosi custodi della democrazia perché l'anno scorso ci fu chi pensò sul serio di aiutare la "libertà del popolo siriano" negando una manciata di visti all'establishment locale.
Se in "Occidente" la libertà non venisse considerata esclusivamente come l'esercizio di comportamenti di consumo del tipo di volta in volta presentato come desiderabile, il comportamento della "libera stampa" non meriterebbe alcuna attenzione. Invece, si deve prendere atto del fatto che la farsa è arrivata al punto che un giornalino di vestiti tra i più considerati ha fatto sparire dalla propria edizione on line un articolo del febbraio 2011 in cui Asma Assad veniva indicata come "first lady" di un paese secolarizzato in cui le donne contavano quanto gli uomini ed in cui lo hijab era bandito dalle università. Asma Assad come "rosa nel deserto", in "un luogo senza bombardamenti, senza disordini, senza rapimenti" pur con le dovute e profonde "zone d'ombra". Zone d'ombra che non impedivano al fogliettame "occidentale" di riprodurre scene di idillio domestico come quella qui presentata e di descrivere nei minuti dettagli i comportamenti di consumo della famiglia Assad. L'incipit dell'articolo è qui.
Queste erano le priorità della "libera informazione"; davanti alle necessità della committenza, cambiate di segno dalla sera alla mattina, non è stato neppure necessario mutare linguaggio o registro; si è svolto il compito assegnato facendo sparire quello che c'era da far sparire, ricorrendo ad argomenti di solido vigore umanitario e democratico (per esempio, cercando di attribuire un'amante a Bashar al Assad) e dipingendo in tono denigratorio quello che fino al giorno avanti veniva presentato come lodevole.