Una vignetta dal blog Voices from Russia.
Dai tempi della pazzesca aggressione all'Ossezia del Sud, l'"Occidente" può contare sempre meno
sulla remissività russa in materia di politica estera e di zone di influenza.

Bashar al Assad ha le ore contate.
Da due anni.
Questo lo sanno tutti: sono due anni che c'è scritto sulla gazzetta e che lo dice la televisione, sicché dev'essere così per forza.
Si capisce che dapprincipio, sia per le gazzette che per la politica "occidentale", l'idea era quella di trattare la Repubblica Araba di Siria come la Grande Jamahiriya Araba Libica Popolare e Socialista, dove per far vincere dei "ribelli" con le spalle al muro sono serviti sei mesi di bombardamenti.
Alla fine quelli hanno ringraziato ammazzando l'ambasciatore.
In Siria magari si sperava che fosse qualcun altro a gestire la parte meno redditizia del lavoro, ma visti i risultati del primo azzardo serio -senza contare quello che devono aver lasciato intendere i diplomatici della Repubblica Islamica dell'Iran e della Federazione Russa- chi di dovere prima ha messo la sordina a certe arditezze, e poi è tornato a meritarsi stizzite note d'ambasciata dicendo male del sionismo
Due anni e settantamila morti dopo, in un paese con l'economia al collasso e percorso da bande armate capacissime di tutto, sarebbe interessante sapere da cialtroni della libertà come Tom MacMaster come se la passano le lesbiche di Damasco.
All'inizio di marzo 2013 le gazzette statuiscono "la svolta", dando ancora una volta la misura di come per la "libera informazione" lo whishful thinking sia moneta corrente assai più della realtà dei fatti.
La svolta sarebbe rappresentata da sessanta milioni di dollari di aiuti che un certo John Kerry sarebbe riuscito a mettere insieme chissà come. In sostanza, l'opposizione armata beneficerebbe di attrezzature mediche, giubbotti antiproiettile e soprattutto veicoli blindati, che andrebbero soltanto a  formazioni "selezionate con attenzione". Con quali criteri sarebbe fatta questa "selezione", in mezzo alla litigiosissima e ondivaga costellazione di gruppi armati che il più delle volte non rappresentano altro che se stessi, le gazzettine si sono dimenticate di scriverlo.
Secondo altre e non è dato sapere quanto affidabili gazzettine, le formazioni note nel loro complesso come "libero esercito siriano" avrebbero bisogno di cinquecento milioni di dollari al mese solo per dare una parvenza di amministrazione alle zone occupate in territorio siriano e per evitare di ricorrere sistematicamente alla spoliazione ed al saccheggio per assicurare la sussistenza minima ai combattenti.


E' probabile che una misura della generosità e dell'interesse amriki per la causa della "libertà" in Siria, e della fiducia che essi ripongono nel "libero esercito siriano", sia rappresentata proprio dall'elemento militarmente più rilevante del pacchetto di aiuti.
Il veicolo blindato amriki maggiormente utilizzato negli ultimi anni è stato lo Humvee.
Ne ricordiamo la versione civile, per qualche anno ostentata con fierezza da yankee di complemento che lo usavano per andare a prendere i bambini a scuola, e che la General Motors ha fatto velocemente sparire dal mercato dopo aver cercato senza successo di sbolognare marchio e linee di produzione alla Repubblica Popolare Cinese.
In Iraq ed in Afghanistan lo Humvee ha fornito prove disastrose al punto che si è dovuto trovargli in pochi anni un sostituto.
Che è lo Oshkosh M-ATV, dal costo di quattrocentosettantamila dollari per esemplare.
Nulla vieta di pensare che l'amministrazione yankee, alle prese con dei formidabili tagli di bilancio e poco propensa a farsi coinvolgere in guerre aperte e dall'esito più che incerto, abbia intravisto negli "insorti" siriani un buon destinatario per i propri fondi di magazzino.
L'impressione è che gli Stati Uniti d'AmeriKKKa stiano prendendo in giro il "libero esercito siriano".
Della popolazione civile, prima vittima delle demenziali imprese di certi apprendisti stregoni della geopolitica, nessuno pare seriamente interessarsi.