Il Campo dei Santi è stato pubblicato in Francia nel 1973 ed è un romanzo di fantapolitica ambientato negli ultimi anni del XX secolo. Jean Raspail vi prefigura il crollo delle istituzioni repubblicane e della stessa "civiltà occidentale" ad opera di un imponente fenomeno migratorio.
Una flotta di cento navi si arena sulle coste mediterranee francesi dopo un viaggio che dall'India ha circumnavigato l'Africa. Ad osservarla col telescopio, in attesa che i superstiti di una traversata che aveva interessato un milione di persone sbarchino per prendere possesso della terra verso cui li ha condotti un emaciato raccoglitore di escrementi che sorregge un mostruoso figlioletto, un professore di francese in pensione che vive nella plurisecolare casa di famiglia. Durante le sue osservazioni il signor Calguès riceve la visita di uno hippy la cui mise, le cui incoerenze e le cui eccepibili abitudini igieniche vengono rendicontate con puntiglio dall'autore. Dopo un dettagliato (e surreale) scambio delle rispettive visioni del mondo, l'incontro termina con l'eliminazione fisica dello hippy da parte del signor Calguès, che dopo avergli sparato non si preoccuperà neppure di liberarsi in qualche modo del cadavere.
Dopo questo prologo Raspail si dedica per quattrocento pagine buone a una narrazione fatta pressoché per intero di invettive contro una quantità di aspetti della società francese contemporanea, torre Eiffel compresa. La società francese, colpevole nella sua interezza di aver abdicato ad una versione dei "valori occidentali" in cui might is right e in cui la superiorità metafisica dell'uomo bianco si concretizza nell'arbitrio armato, soccombe davanti alla pura e semplice numerosità degli invasori.
L'autore descrive la fine di un mondo. Un mondo in cui Calguès si trovava benissimo, conducendo una vita senza nulla di eroico e sostanziata nelle abitudini e nei consumi di un Dupont qualsiasi.
Questa fine del mondo passa dagli spregevoli compromessi di un potere costituito ritratto come ciarliero, inconcludente e buonista ante litteram, dalla corruzione della gioventù, dall'esistenza di innumerevoli quinte colonne destinate a rimanere vittime del realizzarsi dei loro stessi intenti, dalle redazioni serve più o meno sciocche della Bestia e dall'operato di un certo numero di radical chic, tutti apprendisti stregoni destinati a una fine miseranda ad opera delle stesse forze che avevano messo in moto.
Con l'avanzare della narrazione Raspail descrive secondo un registro sempre più ironico un collasso delle istituzioni punteggiato di scioperi a oltranza cui si accompagnano l'imperversare dei casseurs, il colliquarsi del potere centrale, l'esodo della popolazione da sud a nord e una certa quantità di vendette personali. A tanto sbracato e indecoroso crollo resiste solo una ventina di individui, alcuni dei quali hanno i nomi altisonanti dell'ultimo imperatore bizantino Dragases e di altre figure della propaganda (più che della storiografia) reazionaria; sono quasi tutti militari, cui si accompagnano un capitano mercantile e un tenutario di bordello, che finiscono per eleggere il villaggio dell'anziano Calguès come ridotto per un'estrema resistenza. I dintorni del paese vengono difesi sparando a freddo a qualsiasi intruso e tenendo il conto degli esemplari abbattuti in una bacheca della piazza principale...
Nell'epilogo le istituzioni francesi, rinate in pochi giorni su un esecrabile e inaudito fondamento multirazziale, manifesteranno la propria solidità fornendo ai malcapitati irriducibili un saggio definitivo della loro ritrovata consistenza.
Il Campo dei Santi riporta un utilissimo compendio dei temi propagandistici "occidentalisti". Un compendio che oggi, a cinquant'anni dall'uscita del romanzo, costituisce per intero l'agenda di un democratismo rappresentativo la cui offerta politica si rivolge in modo pressoché esclusivo a ultraottantenni incarogniti, mantenuti in una redditizia atmosfera di terrore quotidiano da gazzette e televisioni. Il tema è troppo noto ai nostri lettori perché sia il caso di insistervi.
Quello che dovrebbe lasciare perplessi non è certo il tema della narrazione. Il romanzo si basa su una visione propagandistica della storia e dei rapporti sociali e vi si trova un certo numero di storture e di forzature determinanti ai fini della narrazione che ne rendono implausibili le vicende; Raspail tuttavia tratta il compendio su citato con una proprietà di linguaggio e con un registro sarcastico che i suoi epigoni più tardi e molto più venduti -a cominciare da Oriana Fallaci- non riescono neppure ad avvicinare. A lasciare perplessi dovrebbe essere una questione assai più seria: il fatto che un testo di narrativa come questo rientri fra le letture preferite -e spesso citate- di individui vicinissimi al democratismo rappresentativo "occidentale", spesso parte di ambienti in grado di influenzare in modo determinante chi è chiamato con amplissimo suffragio popolare a decidere di questioni vitali. Da questo punto di vista sono interessanti sia la spassosa introduzione di Franco Freda che le note a margine del traduttore Fabrizio Sandrelli, che condividono il razzismo metafisico della narrazione e i toni apocalittici di Raspail.


Jean Raspail - Il campo dei santi. Edizioni di Ar, Padova 2016. 420 pp.