Boris Pahor ha pubblicato Piazza Oberdan in lingua slovena nel 2006, a novantatré anni. La piazza di Trst/Trieste è un luogo di importanza insostituibile per la popolazione slovena della città, e degli accadimenti di vita quotidiana e di vera e propria storia che vi si sono susseguiti l'A. è stato un testimone eccezionale. Lo spirito del libro, rilevato anche dal prefatore Angelo Floramo, è quello di un Baedecker dell'anima. Il testo presenta un apparato critico piuttosto corposo in cui abbondano riferimenti ad altre opere e a personaggi della storia e della letteratura slovene.
Wilhelm Oberdank, figlio della slovena Josepha Maria Oberdank, era stato impiccato in quella che era Piazza Caserma nel 1882 dopo un fallito (e maldestro) attentato contro l'imperatore austriaco Franz Joseph; a Guglielmo Oberdan la piazza fu intitolata dopo l'annessione della Primorska da parte dello stato che occupa la penisola italiana. Pahor ricorda come la popolazione slovena non avesse alcunché da guadagnare da quello che fu a tutti gli effetti il passaggio a un padrone assai meno tollerante. L'assimilazione più o meno forzata fece sentire i propri effetti nel giro di pochi anni. Con la "bonifica etnica" iniziata nel 1926, circa cinquantamila sloveni nella sola provincia di Trst ebbero il cognome modificato per decreto.
All'inizio del XX secolo nella piazza era sorto il Narodni Dom, la "Casa del Popolo": un palazzo multifunzionale con teatro, hotel ed esercizi commerciali pensato per essere il fulcro dell'attività culturale slovena a Trst e progettato dall'architetto Max Fabiani secondo criteri che all'epoca erano assolutamente all'avanguardia. Nel 1920 Pahor, bambino ma già spettatore con tutta la famiglia degli spettacoli in cartellone, fu testimone del suo incendio da parte delle squadre fasciste in quello che fu storicamente l'inizio dello squadrismo organizzato.
Per descrivere il contesto di assimilazione forzata in cui agì la violenza fascista Pahor riporta casi di cui fu testimone (insegnanti che sanzionavano l'uso della lingua slovena appendendo le colpevoli per le trecce, riportato in La farfalla sull'attaccapanni) ed inserisce amplissimi stralci da opere già edite, come il racconto Fiori per un lebbroso, oltre a una dettagliata trattazione del processo e soprattutto delle torture inflitte agli irredentisti sloveni dopo un attentato a una gazzetta fascista, che divenne "attentato contro lo stato" ed ipso facto materia da tribunale speciale: Zvonimir Miloš, Fran Marušič, Ferdo Bidovec e Aloyz Valenčič sarebbero stati fucilati a Bazovica nel 1930.
Accanto all'esposizione di una documentata aneddotica sulle vicissitudini della Primorska, la storia anche architettonica di Piazza Oberdan è spunto per una lunga serie di digressioni autobiografiche che si snoda lungo almeno tre decenni, punteggiata del ricordo di caduti sul lavoro, di combattenti irregolari come Vojko Premrl (fratello della moglie dell'A. Radoslava, il cui cognome era stato cambiato in Premoli), di episodi di lotta all'alienazione culturale e di sopravvivenza materiale pura e semplice fra studi e servizio militare, di peregrinazioni nei teatri di guerra più lontani e inusitati.
Dopo il 1991 la storia contemporanea delle regioni a ridosso del confine orientale dello stato che occupa la penisola italiana è stata oggetto di una perdurante, fastidiosa e ben finanziata distorsione propagandistica che presenta puntuali sussulti di vitalità in occasione di determinate ricorrenze in cui il nazionalismo più ebefrenico celebra i suoi riti vittimisti. Il volume di Pahor può tornare utile come primissima introduzione all'operato dello scrittore e intellettuale sloveno a chi volesse maturare sull'argomento una visione obiettiva e per quanto possibile imparziale.


Boris Pahor - Piazza Oberdan. Nuova Dimensione ed., Portogruaro 2010. 224 pp.