La paura e l'arroganza è una raccolta di saggi curata da Franco Cardini e pubblicata nel 2002 all'attenzione di quanti non apprezzavano -per usare un eufemismo- che la propaganda occidentale nei mesi e negli anni successivi all'11 settembre chiamasse giustizia quella che era una vendetta pura e semplice (oltretutto peggio che mal diretta, com'era chiaro fin dal suo primo abbozzo) o definisse libertà l'arbitrio con cui gli USA perseguivano i propri interessi. "Mistificazioni da cui liberarsi, se vogliamo capire il mondo quale esso è". Le voci raccolte, redatte da una quindicina di autori scelti senza particolari criteri di univocità in modo da non rendere l'opera un volume monolitico nella difesa di determinate tesi, figurano ripartite in base alla provenienza; penisola italiana, Europa, USA, mondo islamico. Il volume inizia con una presentazione del curatore e ogni sezione è preceduta da qualche pagina introduttiva curata dal Centro Intemazionale di dialogo Interculturale e Interreligioso Dia-Légein di Firenze.
Il titolo rovescia quello di un "libro" di Oriana Fallaci che costituì una delle più citate e delle meno sopportabili fonti "argomentative" della propaganda.
Franco Cardini presenta la raccolta di saggi e al tempo stesso ne riassume tanto lo spirito quanto i punti fondamentali, che toccano tra gli altri la liceità sul piano del diritto internazionale delle iniziative statunitensi, la postulata superiorità civile ed etica del mondo "occidentale" e l'approccio per lo meno disinvolto degli USA nei confronti dei quello che sarebbe stato chiamato "estremismo islamico".
Padroni del mondo e dittatori del pensiero di Marco Tarchi è la prima voce dalla penisola italiana. L'articolo evidenzia l'intolleranza dell'egemonia culturale e massmediatica liberale (denunciata dall'A. già da anni) ed enumera i temi e i registri utilizzati dalla propaganda per imporre l'aggressività indiscriminata degli Stati Uniti in una campagna in cui la negazione del minimo diritto di critica ha consentito di ricorrere incessantemente a "notizie" sfacciatamente incomplete, ricostruzioni peggio che parziali e menzogne pure e semplici.
A Giannozzo Pucci, che denuncia la mera e distorta materialità dello spreco alla base dell'egemonia statunitense, spetta invece l'invocazione di un Nuovo ordine internazionale a fronte di una distruzione del World Trade Center che considera una disconferma dell'ordine mondiale liberista analoga a quella che il crollo del Muro di Berlino rappresentò per quella marxista. Ugo Barlozzetti invece affronta con La menzogna e l'arroganza gli aspetti della disparità economica tra "Occidente" e resto del mondo, mantenuta fra l'altro tramite un "nuovo" diritto internazionale fondato sul monopolio dell'aggressività da parte degli USA e dello stato sionista in cui lo "stato di diritto" rappresenta un problema ed un ostacolo per il cosiddetto "stato patrimoniale". Alessandro Bedini pone all'attenzione del lettore delle Considerazioni su "Una guerra empia" basate sull'omonimo testo dello statunitense John K. Cooley, che espone nel dettaglio le responsabilità "occidentali" nella nascita e nello sviluppo del cosiddetto "fondamentalismo", con i debiti accenni alle pluridecennali operazioni statunitensi tese alla destabilizzazione dell'Afghanistan. La sezione si chiude con una nota (L'Islam e l'Occidente, l'eterno conflitto) in cui Massimo Fini confuta il significato che l'espressione "relativismo culturale" ha assunto nella propaganda, richiamando il significato che l'espressione aveva nel suo formulatore originale Levi Strauss.
Le Voci dall'Europa sono caratterizzate da un punto di vista maggiormente storico. 11 settembre 2001 di Alain de Benoist è una lunga e per certi versi esaustiva rassegna degli errori, della malafede e delle pure e semplici responsabilità dell'autonominata unica potenza mondiale dell'epoca nei prodromi dell'accaduto. Il secondo contributo della sezione è rappresentato da un'intervista a Eric J. Hobsbawm; lo storico britannico vi avanza scoperti e fondati dubbi sul successo delle iniziative belliche intraprese dagli USA. La fondatezza delle sue previsioni è uno degli elementi che rende utile la lettura del volume, nonostante il considerevolissimo lasso di tempo trascorso dalla sua uscita.
La sezione delle voci statunitensi è aperta da una premessa che sottolinea ancora una volta come la "libera informazione" occidentale sia stata cortesemente avvertita, all'indomani dell'11 settembre e nell'imminenza dell'aggressione all'Afghanistan, di mostrare incrinature nel sostegno al bellicismo statunitense. Noam Chomsky confuta il tema propagandistico del "terrorismo" inteso come ultima arma di chi non può contare su altri mezzi, parlando anzi di terrorismo arma dei potenti e riferendosi al generoso ricorso a metodi e formazioni terroristiche compiuto dagli USA in molte occasioni e in molti contesti, primo tra tutti quello del Nicaragua sandinista. Dite quel che vi pare, ma questa guerra è illegale, rincara la dose Michael Mandel. L'aggressione statunitense contro l'Afghanistan avvenne non solo senza, ma contro ogni avallo giuridico. Michel Chossudovsky illustra Chi è Osama bin Laden, l'ingegnere saudita diventato nemico pubblico numero uno che gli USA avevano sostenuto per anni, insieme al milieu della guerriglia antisovietica in Afghanistan. La natura quantomeno imbarazzante dei rapporti tra altissimi livelli dell'amministrazione statunitense e famiglia bin Laden sono un argomento centrale dello scritto di V. K. Shashikumar, Lo sporco segreto afghano dell'America: è una guerra del petrolio. Shashikumar riepiloga le tesi esposte in Bin Laden, la verité interdite pubblicato in Francia nei primi mesi del 2002 e piuttosto ricco di dati sull'argomento. In Buon musulmano, cattivo musulmano: una prospettiva politica sulla cultura e il terrorismo Mahmood Mamdani confuta l'approccio propagandistico, di tipo "culturale", a favore di un approccio storicistico. Nel cui contesto colloca con buona ricchezza argomentativa le operazioni di intelligence statunitensi e il loro rinforzare -se non creare- formazioni in grado di "prosciugare l'acqua" in cui negli anni Settanta del XX secolo si muovevano i pesci, cioè le formazioni combattenti marxiste o filosovietiche che essi intendevano contrastare. Una prassi consolidata esportata poi in Asia centrale con ampio successo senza curarsi di eventuali sviluppi controproducenti. Le voci provenienti dal mondo islamico hanno dovuto prendere le mosse dalla perentoria affermazione di George W. Bush per cui chi non era con la sua amministrazione era a fianco dei "terroristi" e quindi contro la sua amministrazione. Il primo saggio della sezione riassume un discorso dello ayatollah Khamenei Su USA e Afghanistan, che a confronto con le strepitanti pretese del presidente statunitense è un esempio di gelido pragmatismo e di monumentale concretezza. La Guida Suprema ricordò agli autonominati capi della crociata che nel 1988 una nave statunitense abbatté uno Airbus dell'Iran Air e che il capitano della nave responsabile venne anche decorato, ad ennesima dimostrazione del fatto che quando servono agli USA certi gesti vengono avallati e ricompensati. La sezione presenta poi due articoli del Jordan Star di Amman. Il primo deplora la pessima condotta statunitense sul piano internazionale, improntata al disprezzo delle Nazioni Unite e delle loro risoluzioni. Il secondo, di Jamil Barakat, ribadisce l'estraneità del terrorismo all'Islam e indica -come passim vari altri saggi raccolti nel volume- nel sanare il vulnus dell'occupazione palestinese ad opera dello stato sionista come l'iniziativa più costruttiva per contrastare determinati fenomeni prima e ancora che si manifestino. L'ultimo saggio è uno scritto di Tariq Ali: Guerra totale contro un pericolo diffuso in nome dello "scontro di civiltà" confuta la difettosa visione di Samuel P. Huntington e afferma con qualche esempio concreto la multiformità di un reale insuscettibile di essere incasellato in maniera semplicistica.
Nella postfazione che chiude il libro, si ribadisce la necessità di considerare gli avvenimenti nel contesto globalizzato e di rifiutare dicotomie e semplificazioni propagandistiche. Dopo la fine dell'Unione Sovietica gli autonominati gendarmi del mondo avevano bombardato e aggredito l'Iraq, il Sudan, la Serbia, la Somalia derubricando i morti civili a "perdite collaterali", avevano sostenuto lo stato sionista in ogni sua arbitraria sopraffazione e aperto decine di focolai di crisi in tutto il mondo, di modo che molta parte dell'umanità non aveva alcun motivo per considerarli delle vittime. La paura e l'arroganza ha come scopo la confutazione delle affermazioni di chi sosteneva la malvagità metafisica dell'Islam e la gratuità del primo atto di guerra che gli USA subirono sul proprio territorio dopo due secoli in cui esso era rimasto sostanzialmente inviolato.


La paura e l'arroganza. Laterza, Bari 2002. 206 pp.