Da diversi anni lo storico fiorentino Franco Cardini ha rivolto la sua attenzione alla storia mediorientale e centroasiatica; Europa e Islam è soltanto uno in una serie di saggi che comprende vari titoli ed il cui autore non rifugge neppure dalla narrativa in tema (Il signore della Paura, L'avventura di un povero crociato).
Europa ed Islam, storia di un malinteso ripercorre millecinquecento anni di rapporti tra civiltà demolendo senza fatica le demenziali facilonerie "occidentaliste" diffuse in modo monolitico dai mezzi di comunicazione di massa.
I primi capitoli del volume illustrano cronologicamente l'affannosa e trionfale avanzata araba del primo secolo di storia islamica, il suo parziale rifluire, le vicende politico-sociali dell'Asia centrale e di al'Andalus; le conseguenze sociali e diplomatiche dei fatti d'arme, che ebbero un andamento né costante né regolare, furono più articolate di quanto non traspaia dai luoghi comuni della divulgazione a posteriori, tra i quali ha avuto particolare successo quella battaglia di Poitiers mitizzata secoli dopo dai soli "occidentali" e della quale i contemporanei quasi non si accorsero. La "risposta" europea all'avanzata militare ed all'inculturazione araba fu militare, nei limiti del possibile, e culturale, frutto di ampia e soprattutto successiva elaborazione, e non escluse affatto commistioni e convivenze di ogni genere, mal accordandosi con quanto asseriscono i cultori dello "scontro di civiltà".
Il quarto capitolo tratteggia la storia medievale di Gerusalemme e delle spedizioni armate verso di essa che nacquero dal clima millenaristico dei tempi, che alla città in questione attribuiva fondamentale importanza, e dalla necessità di proteggere con le armi i pellegrini in viaggio, che aveva cominciato ad imporsi a partire dall'XI secolo.
I turchi selgiuchidi avevano cominciato a quell'epoca a impadronirsi della Siria e dell'Anatolia ponendo fine a quattro secoli di coesistenza per quanto possibile pacifica tra culture diverse. Franco Cardini utilizza in modo piuttosto critico il vocabolo "crociata" come sinonimo di spedizione militare su bando pontificio, essendo quello della "crociata" un fenomeno composito che, almeno nel XI secolo, aveva più le caratteristiche di un pellegrinaggio armato che non quelle di una spedizione di conquista. Il quinto capitolo illustra i diversi esiti che i rapporti militari con arabi e turchi ebbero su diversi fronti; ai successi militari in Spagna si opposero -e continueranno ad opporsi per secoli- i rovesci subiti in Medio Oriente.
Col quinto capitolo inizia un approfondimento accurato dei rapporti socioculturali tra cristiani e musulmani, basato all'inizio su una sensibile disparità di conoscenza reciproca; sono soprattutto le alte sfere ecclesiastiche a considerare l'Islam nascente, che pure già si affacciava sul Mediterraneo, come una "bizzarra e poco interessante forma di barbarie"; al contrario aderivano all'Islam gruppi sociali ed individui che appartenevano a realtà già cristianizzate. La definizione dei musulmani quali "altri da sé" passò attraverso il loro inserimento nella categoria dei pagani o dei devoti a Lucifero, laddove con culto luciferino devono identificarsi le discipline astrologiche diffuse in Arabia prima del VII secolo; passò attraverso le accuse di magia e -figuriamoci- di licenziosità sessuale. Roberto di Ketton e Pietro il Venerabile, la loro traduzione e divulgazione del Libro e di altri testi in lingua araba, sono argomento del capitolo successivo, incentrato sulla letteratura controversistica del XII e del XIII secolo. Il 1200 viene indicato da Cardini come il secolo in cui la mediazione tra civiltà diverse giunse ad uno dei suoi punti più alti, esemplificata dall'importanza della corte di Federico II e delle figure di Francesco d'Assisi e di Raimondo Lullo.
I signori della paura, i turchi e l'espansione del loro impero sono argomento del settimo capitolo, che affronta anche la questione del clima culturale europeo e del suo cambiare con l'approssimarsi del XV secolo; l'elaborazione culturale vera e propria del concetto di "crociata" risale a questo periodo e deve molto alla percezione delle incombenti conquiste militari ottomane, per opporsi alle quali si vagheggiò, negli ambienti politici del tempo, di ipotetiche alleanze con Timur, incarnazione contemporanea del mitico Prete Gianni.
Cardini sostiene che i rapporti -anche militari- tra "occidente" e "musulmani" non sono mai stati di lineare contrapposizione. E' ampiamente attestata, ad esempio, la presenza di combattenti nordafricani al soldo dei principati che nell'alto medioevo si contendevano il sud della penisola italiana, così com'è attestata nello stesso periodo, in tutta l'Europa meridionale, la prassi di facilitare o sollecitare l'arrivo di truppe della stessa provenienza nel tentativo di usare l'un nemico contro l'altro. Una situazione politico-militare altrettanto fluida favorì la definitiva caduta di Costantinopoli, argomento dell'ottavo capitolo.
Il nono capitolo illustra l'avanzata europea di un impero ottomano che, pur al massimo del suo sviluppo territoriale, mostrava i primi segni delle debolezze che ne segneranno il tracollo, come la continua necessità di importare tecnologie e mano d'opera specializzata per tenere il passo con l'innovazione. La rottura dell'unità religiosa continentale, avvenuta in Europa con la Riforma, frustrerà a lungo i tentativi papalini di unire il continente in una guerra di riscossa.
In questo contesto risalta la natura episodica della vittoria navale a Lepanto, avvenuta nel 1571 ad opera di un'alleanza dissoltasi nei mesi seguenti senza sfruttare in alcun modo il vantaggio; nel decimo capitolo Cardini inquadra la vicenda ritraendo alcuni tra i leader ottomani di maggior influenza ed illustrando in che modo, sfruttando la mobilità sociale favorita dalla fame di specialisti di cui soffriva l'impero, molti prigionieri di guerra o di razzia siano riusciti a fare buone carriere a corte. Nel XVI secolo, con la diffusione della stampa, furono gettate anche le basi di uno studio approfondito dell'islamistica, destinato a raggungere buona maturità nei due secoli successivi; la sconfitta ottomana a Vienna, nel 1683, provocata da un azzardo le cui responsabilità maturarono tra i vassalli ungheresi della Sublime Porta, allontanò l'immediata minaccia militare contribuendo ad un clima culturale più obiettivo.
Nel decimo capitolo sono riassunte le ultime fasi dell'espansionismo ottomano. L'assedio di Vienna rappresentò da questo punto di vista un punto di non ritorno. Ridotto alle condizioni di "economia dominata", in perenne debito tecnologico, l'impero ottomano iniziò a perdere prestigio e territori; la percezione del fenomeno in Europa contribuì a "sdoganare" usi e costumi turchi, che influenzarono la moda e la cultura materiale per tutto il secolo dei Lumi.
L'ultimo capitolo si sofferma su alcune delle questioni epocali dei secoli XIX-XX; la penetrazione economica e commerciale europea nei territori di dar al'Islam e di quelli ottomani in particolare, le spedizioni napoleoniche, le vicende legate al canale di Suez ed al sionismo nascente, il big game in Asia centrale -praticamente ripreso dopo il crollo dell'URSS- e in conclusione un rapidissimo esame di quanto avvenuto negli ultimi decenni. Fouad Zakaria afferma che "l'Islam sarà ciò che ne faranno i musulmani"; Cardini considera che "anche l'Europa sarà ciò che gli europei sapranno farne". Un'Europa cui l'Islam è, da sempre ed oggi più che mai, un elemento non estraneo.



Franco Cardini - Europa e Islam, storia di un malinteso - Bari, Laterza 1999.