Il volume di Mario Liverani ricostruisce la storia antica del territorio oggi occupato dall'entità statale sionista con l'abituale rigore metodologico e storiografico. Si tratta di una lettura abbastanza specialistica che presuppone una buona conoscenza della storia dell'antico Oriente.
Gli assunti che orientano l'opera sono, in sostanza, due: la considerazione dei testi biblici come frutto di una riscrittura tarda, e la constatazione che i lavori storiografici fin qui prodotti sulla materia seguono molto spesso la linea narrativa del testo biblico.
Il lavoro di Liverani integra gli apporti della critica testuale e letteraria con quelli dell'archeologia e del'epigrafia e descrive il periodo compreso tra la fine dell'età del bronzo e la fine del IV secolo prima di Cristo privando di ogni "eccezionalità" ed "unicità" vicende storiche spesso al centro di usi propagandistici di ogni tipo, e non facendo alcuna concessione alla trascendenza.
Il volume si divide in due parti, precedute da un'inquadramento preciso delle condizioni della Palestina alla fine dell'età del bronzo e separate da un intermezzo. La prima parte è significativamente intitolata "una storia normale" e documenta, sulla base di testimonianze documentali, archeologiche ed epigrafiche, il concreto evolversi del contesto storico e sociale palestinese dalla fine dell'età del bronzo all'inizio della dominazione persiana. L'esame della nascita del culto di Yahwé e le sue peculiarità, la ripartizione in regni di Israele e di Giuda, la conquista assira prima e babilonese poi, un corretto inquadramento storico delle deportazioni e delle vicende dei reduci sono i principali argomenti trattati negli otto capitoli che costituiscono la prima parte del volume.
Un intermezzo di tre capitoli narra lo svolgimento della "età assiale", il VI secolo, in Palestina e delle sue ripercussioni per la vita dei deportati nei territori imperiali; un periodo storico che trasformerà la Palestina, già scarsa di risorse per proprio conto, in un "paese desolato" anche per il crollo demografico. Saranno le comunità deportate a mantenere viva la cultura dalla quale nasceranno i testi biblici. In questo contesto si inserisce, tra le altre cose, il reinquadramento di una vicenda come quella del Diluvio, di cui si motivano le origini non palestinesi. Una caratteristica, questa, comune a molti dei contenuti biblici, come moltissimi altri esempi riportati nella seconda parte del volume permetteranno di concludere.
La seconda parte, altrettanto significativamente intitolata "una storia inventata" approfondisce le asserzioni storiografiche del materiale biblico confermandole, correggendole o disconfermandole sulla base dei materiali disponibili e dei riscontri concreti. Liverani illustra come l'elaborazione "nazionalista" della storiografia esilica operi secondo linee comuni al periodo storico ed alle popolazioni dell'area, cercando in sostanza di fornire legittimazione alla struttura del potere costituito ed una storia "nazionale" a quelli che, al tempo dell'età del bronzo, erano solo habiru, "fuggitivi". L'operazione, di cui l'autore tenta di individuare le principali linee di sviluppo, si basò sulla ricostruzione di un passato mitico (i patriarchi) e su un buon numero di invenzioni deliberate, come quella dei "giudici", che giustificassero l'assenza di un re di cui le dominazioni straniere non prevedevano certo la presenza. Il re-insediamento nei territori di provenienza, susseguente alla deportazione babilonese, è forse la serie di vicende storiche in cui con ogni probabilità gli sviluppi concreti della vicenda più divergono dalla narrazione biblica, tutta tesa a legittimare il ritorno dei deportati (una fase storica che fu lunga, non priva di interruzioni e compiuta sostanzialmente da piccoli gruppi) in una terra indebitamente occupata da nemici da trattare come tali. Nei sei capitoli della seconda parte del libro si trattano con cura anche i temi in cui maggiormente spiccano i caratteri che nel tempo hanno conferito unicità al contesto in cui si svilupparono le produzioni bibliche, come la trasposizione dell'attesa di un buon governo sul piano trascendente in cui esso è rappresentato da un messia escatologico, o l'invenzione, deliberata, del tempio salomonico avvenuta in età persiana.

Mario liverani - Oltre la Bibbia - Storia antica di Israele. Ed. Laterza, Bari 2003.