Mario Liverani fornisce in questo volumetto una visione d'insieme dei problemi storiografici e dei dati documentali ed archeologici legati all'esempio di società di cui il centro urbano di Uruk costituì la massima espressione, attorno al 3500 a.C. Le prime pagine del volume trattano la storia del concetto di "rivoluzione urbana" come formulato da Vere Gordon Childe, alle cui tesi di fondo si rapporta in fin dei conti tutta una trattazione orientata ad illustrare quali furono le basi della società complessa mediorientale meglio documentata rispetto alla sua stessa antichità. Un'esposizione del dibattito teorico attorno alla complessità sociale e l'illustrazione del concetto di chiefdom -con il quale rapportare la società basso-mesopotamica di Uruk, per evidenziarne punti di contatto e divergenze sostanziali- chiudono il primo capitolo.
Il concetto di "stato antico" e la sostanziale differenza nella gestione delle eccedenze che ne fa qualcosa di diverso dal chiefdom è esposto nel secondo capitolo, che si apre con l'esposizione delle innovazioni tecniche che nell'alluvio mesopotamico permisero la realizzazione di accumuli di eccedenze degni di nota: le tecniche di irrigazione dei "campi lunghi", l'aratro seminatore, i falcetti di terracotta che consentivano la mobilitazione di una forza lavoro numerosa. L'organizzazione templare o palatina che assegnava ruoli contabili o direttivi a specialisti "non produttori di cibo" e che mobilitava lavoratori a corvée, secondo l'autore, è altra cosa rispetto al chiefdom nei cui componenti si dovrebbe al limite ravvisare un comportamento da primui inter pares. L'esistenza di un'organizzazione templare dà il via alla stratificazione sociale e all'urbanizzazione vera e propria, superando l'egualitarismo e la severissima cultura materiale attestata nelle epoche precedenti: nell'antica Uruk sono ben attestate le differenziazioni d'uso degli edifici, di cui il testo riporta i più significativi esempi.
L'economia del periodo Uruk diventa un'economia complessa. Il terzo capitolo delinea i principali settori economici attestati all'epoca e concentra l'attenzione sul ciclo dell'orzo e sul ciclo della lana, prodotti la cui produzione è documentata in modo dettagliato, sul commercio, l'artigianato ed i servizi, primo tra tutti quello della difesa.
Il quarto capitolo tratta le questioni della gestione e dell'amministrazione, illustrando gli strumenti e la mentalità con cui gli appartenenti alle agenzie templari dovettero affrontarne i problemi. La figura dello scriba-amministratore, l'uso dei sigilli e delle cretule, la "mentalità sessagesimale" che consentì di contabilizzare le risorse -e non soltanto quelle- che venivano dal mondo reale, la storia stessa delle agenzie templari cui la storiografia del passato ha spesso attribuito un ruolo totalizzante nel controllo sociale e la produzione culturale che consentiva ad esse la mobilitazione ideologica dei contemporanei sono alcuni degli aspetti affrontati.
Nell'ultimo capitolo si affrontano gli aspetti legati alla centralità del nucleo urbano di Uruk ed ai suoi rapporti con la periferia, ora fornitrice, ora acquirente di prodotti ma sempre presentata dalle fonti contemporanee in modo da accrescere il prestigio dell'organizzazione templare cui esse fonti facevano continuo riferimento: l'influenza che Uruk ha avuto sullo sviluppo e sulla cultura materiale delle regioni più lontane dall'alluvio è il tema principale della trattazione, che si chiude con un cenno al problema del collasso di Uruk, avvenuto dopo pochi secoli di espansione pressoché ininterrotta e legato ai limiti dimostrati da un'organizzazione troppo legata alle caratteristiche del territorio in cui si sviluppò.


Mario Liverani - Uruk, la prima città - Bari,Laterza 1998. 140 pp.