Il libro di Gabriella Uluhogian fornisce un primo inquadramento di massima della geografia, della storia, della lingua, della produzione letteraria e della cultura religiosa armena e costituisce una lettura affrontabile anche per chi fosse digiuno della materia.
I cinque capitoli della trattazione sono accompagnati da un repertorio geografico e da una lista di letture consigliate.
Il primo capitolo è dedicato ad una panoramica geografica essenziale, necessaria per i riferimenti, frequenti in tutto il volume, alle realtà storiche della Grande Armenia, della Piccola Armenia e della Cilicia, e per orientarsi nella toponomastica anatolica. La storia dell'Armenia è argomento del secondo capitolo, che prende le mosse dalle prime citazioni storiografiche (Erodoto, Senofonte) per illustrare le origini mitiche e lo sviluppo di un'organizzazione gentilizia destinata ad influire profondamente e a lungo sulla storia del popolo armeno. Il regno degli Arsacidi, l'introduzione del cristianesimo e l'invenzione dell'alfabeto armeno sono oggetto di un'accurata trattazione, così come i rapporti del regno armeno con persiani e bizantini prima e con gli arabi poi, e l'ascesa delle dinastie familiari dei Bagratuni e degli Arcnuni. Il capitolo affronta poi la storia del Regno di Cilicia e della Piccola Armenia, quella della Grande Armenia e delle invasioni mongole e turche, prima di passare ad illustrare l'ingresso (tormentato) nell'età moderna, il rapporto con le potenze che si condendevano il controllo dell'Anatolia orientale, il fondamentale contributo degli armeni alla civiltà ottomana, la nascita di un nazionalismo di tipo moderno sulla base dell'influenza culturale europe ed i rapporti con l'impero zarista. Le ultime pagine del capitolo ripercorrono la storia del XX secolo, apertosi con il genocidio e con la sostanziale distruzione e spoliazione dei nove decimi dell'Armenia storica, proseguito con la formazione di una diaspora mondiale e con l'instaurazione di una repubblica armena che ha conosciuto tre diverse incarnazioni, tra terremoti distruttivi e tensioni mai sopite, sfociate in guerra aperta dopo la dissoluzione dell'URSS.
La storia della chiesa apostolica armena e del cristianesimo armeno in generale è esposta nel terzo capitolo, in cui vengono innanzitutto riassunte le vicende che seguirono l'introduzione del cristianesimo nel paese ad opera di Surp Grigori Lusavoric e la mancata partecipazione degli armeni al concilio di Calcedonia. Vengono poi prese in esame la figura del catholichos e la migrazione delle sue sedi -riflesso di una parcellizzazione del potere dovuta a motivi storici che toccò la sfera religiosa almeno quanto toccò quella politica e quella sociale, con la formazione delle realtà diasporiche- i rapporti con la chiesa bizantina e con quella romana, caratterizzati tanto da contatti quanto da conflittualità. La decisione del sinodo cilicio di Sis a favore di una unione con la chiesa di Roma provocò nel 1311 la scissione del patriarcato di Gerusalemme dal catolicosato di Cilicia; una decisione tra le cui conseguenze c'è l'attuale e tradizionale permanenza della chiesa apostolica armena e dei suoi fedeli in uno dei quartieri della città. Di particolare importanza per il millet armeno dell'impero ottomano e per la diaspora furono la fondazione di un patriarcato a Costantinopoli e la figura di Melchitar di Sebaste, fondatore dei melchitaristi dell'isola veneziana di San Lazzaro. Nonostante la fondazione di un patriarcato cattolico, la chiesa apostolica armena ha negli ultimi anni trovato nuova linfa vitale nella ritrovata indipendenza del paese, nonostante la sua complessa storia abbia portato all'instaurazione di due ordini gerarchici con sede ad Echmiadzin e nella libanese Antilias, erede di quello cilicio, e nel far capo delle comunità diasporiche ora all'uno, ora all'altro.
La cultura armena in generale e l'evoluzione della lingua e della letteratura armene in particolare sono oggetto di esame nel quarto capitolo. L'evoluzione della lingua (il "classico" grabar, il "corrente" ashxarhabar, la distinzione tra armeno occidentale ed armeno orientale), l'introduzione dell'alfabeto avvenuta nel IV secolo ad opera di Mesrop Mastots ed il lavoro di traduzione biblica e non che occupò i secoli successivi occupano le prime pagine del capitolo. Il rimanente della trattazione letteraria è destinato ad un excursus sulle produzioni letterarie originali, con particolare attenzione per quelle poetiche, quelle storiografiche e quelle di argomento religioso; sono forniti esempi e biografie essenziali dei principali poeti e scrittori dell'Armenia storica e della diaspora. Il capitolo si chiude con una breve esposizione delle "arti del libro", miniatura compresa, degli elementi architettonici peculiari agli edifici armeni e con una storia della stampa in caratteri armeni, iniziata nella Venezia del XVI secolo e destinata a grande fortuna negli ambienti diasporici. L'aspetto diasporico del mecenatismo, con la fondazione di istituzioni culturali e scolastiche a tutt'oggi di grande prestigio, chiude la trattazione.
L'ultima parte del volume è dedicata ad un rapido esame delle realtà diasporiche, diffuse oggi in tutto il mondo; l'assimilazione spesso totale, in pieno corso anche per le comunità stabilitesi fuori dall'Armenia nel corso dello sp'iwrk', la "disseminazione" che ha seguito il genocidio, non ha cancellato per molte realtà la consapevolezza delle proprie origini e del proprio retaggio culturale, che permangono anche a tre generazioni di distanza. Nel passare in rassegna le realtà armene lontane dall'Anatolia orientale (Iran, Palestina, Etiopia, penisola italiana, Crimea, Russia, Polonia...), alcune delle quali un tempo assai nutrite (la città di Leopoli sarebbe stata a maggioranza armena fino al XIX secolo) l'autrice segue la distinzione tra galut, ossia colonia propriamente detta, ed il suddetto sp'iwrk' con le sue connotazioni diasporiche.


Gabriella Uluhogian - Gli armeni. Il Mulino, 2009. 230 pp.