Il Corriere della Sera ha da poco più di un mese una edizione fiorentina. Il 17 aprile pubblica un lungo articolo di Carlo Carabba sulla mostra con la quale non Firenze, ma i politici fiorentini hanno inteso omaggiare Oriana Fallaci. Nella Sedan delle elezioni politiche Riccardo Nencini ha avuto anche la pensata di accennare al suo profondo rapporto con la "scrittrice" sui volantini propagandistici del suo partito: ha raccolto l'uno virgola qualcosa per cento dei voti, il che significa che probabilmente certe amicizie sono più ingombranti che altro.
Naturalmente non condividiamo neanche una riga del panegirico di Carabba, il quale chiude affermando:

"Negli ultimi anni divise per le sue invettive, ma era una donna piena di dolcezza per morire. E allora in quelli come me, che hanno sempre ammirato i suoi reportage ma hanno letto poco e male i suoi romanzi e si sono arrabbiati davanti a quella che sembrava la proposta di una nuova Crociata (la questione d'Oriente, come si diceva al liceo, è per altro ancora aperta), viene forte il dubbio di aver peccato nel detestarla tanto. Senza rabbia e senza rancore, ma anche senza insincero encomio, i vivi si possono riconciliare con i morti, sforzandosi di rileggere, di capire meglio, di non concentrare tutta una esistenza nella furia irata degli ultimi anni, magari tornando indietro ai giorni dell'adolescenza battagliera e antifascista nel nome del padre e della libertà. Perché di certi nostri astratti furori alla fine non resta niente; e così sia."

Andiamo per ordine. E' vero che Oriana Fallaci suscitò divisioni per le sue invettive: da una parte i fondatori ed i protagonisti della Fabbrica della Paura, Ferruccio de Bortoli in testa, che videro servirsi degli assist straordinari per alimentare il già stupido e cattivo clima sociale che impera in un "paese" impoverito, rancoroso ed egoista ai limiti del manicomiale. Dall'altra le vittime del macchinario di denigrazione da loro messo in piedi, con il valido e non disinteressato aiuto della Fallaci: vittime furono, e sono a tutt'oggi, tutti coloro che non la pensano come il ministro dell'interno. "Leggere poco e male" i pamphlet fallaciani è il comportamento corrente che ha chi sa di trovarsi davanti a prove di "letteratura" tutt'altro che immortali, e per giunta asservite a necessità contingenti di tipo non esattamente nobile. La "questione d'Oriente" del liceo riguardava la dissoluzione dell'impero ottomano, in cui le altre potenze dell'epoca ebbero di volta in volta il ruolo di protagonista, e gli interessi delle potenze europee nell'area anatolica e mediorientale: tra le più edificanti e simpatiche conseguenze di essa questione vi furono l'occupazione della Libia da parte dello stato che occupa la penisola italiana con le note conseguenze per la popolazione locale, ed il genocidio del popolo armeno. In altre parole è evidente che in un secolo non sono cambiati né gli obiettivi né i sistemi, e sarebbe dunque strano che cambiassero i risultati!
Oriana Fallaci ed il massiccio spiegamento di imbrattacarte che le ha tirato la volata hanno fatto l'impossibile affinché "la furia irata" degli ultimi anni fosse il lato più evidente e sentito dell'intera produzione "letteraria" di quella donna: invece di chiedersi se non sia sbagliato detestarla tanto, si dovrebbe se mai avere il dubbio di esserci andati anche troppo morbidi. Il muro di luoghi comuni bellicista, intollerante, reazionario, abissalmente ignorante ed egoista che pervade la vita quotidiana e l'offerta mediatica contemporanea ha una concretezza palpabile ben diversa dagli "astratti furori" cui lo si vorrebbe ridurre.
Un personaggio guidato da un "invincibile amore per Firenze" evita per lo meno di disprezzarne in toto la popolazione ed i governanti, che a Firenze hanno ancora una parvenza di legittimazione democratica e non solo mediatica.
Nell'edizione del 16 aprile David Allegranti si è invece prodotto in un coccodrillo fuori tempo massimo nel quale vorrebbe dare ad intendere a chi legge che Oriana Fallaci si sarebbe "riconciliata" con la città che aveva coperto di insulti fino a sei nanosecondi prima... Tra le righe, viene riportata la testimonianza di Aligi Cioni:

"In quel periodo, tra giugno e settembre, spiega Cioni, «ero nella commissione d'esame per l'idoneità professionale di giornalista. Lei mi diceva: ‘‘tu bocciane più che puoi, perché il giornalismo è tensione morale e cultura, perché i giornalisti devono essere persone colte"

Meno male, perché una scorsa agli ultimi "capi d'opera" di Oriana Fallaci tutto può far venire in mente meno che lo star leggendo materiale prodotto da una persona colta. Lo fanno pensare la totale assenza di bibliografia e la più volte sottolineata presenza di autentici sfondoni: citatissima al riguardo la pagina 27 di "Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci", con l'asserzione secondo la quale i mussulmani (con due "s" nell'originale) crocifiggevano i maroniti del Libano dopo aver loro mozzato gli arti...
E' comprensibile che la Rizzoli difenda con affanno uno dei suoi prodotti più remunerativi, anche negando sistematicamente l'evidenza; la frase attribuita a Joseph Goebbels secondo la quale le menzogne, a furia di ripeterle, diventano delle verità è il principio guida della "libertà di informazione" occidentale. Una "libertà" in cui sono maestri proprio alcuni personaggi che Aligi Cioni asserisce essere stimati dalla Fallaci degli ultimi anni: Vittorio Feltri (leggasi Vittorio Feltri) e Magdi Allam.
Allegranti ci informa anche che un romanzo postumo di Oriana Fallaci dovrebbe trovare presto pubblicazione. Purtroppo non è ancora finita.