Oriana Fallaci è passata nel regno dei più il 15 settembre del 2006. Fuori dal carrozzone politico e mediatico, a Firenze in pochi se ne sono accorti e ancora meno hanno dato alla cosa una qualche importanza.
Il rancoroso necrologio dei nostri "occidentalisti" approva la decisione, presa a suo tempo dalla "scrittrice", di non avere esequie pubbliche. La causa? L'eventuale e meramente ipotetica presenza dei "collaborazionisti", ossia di persone colpevoli di "renderle omaggio in nome di ciò che era stata in un’epoca ormai lontana e non di certo per quanto ha detto e scritto negli ultimi dieci anni". L'etichetta onnicomprensiva di "collaborazionisti" rende più o meno il concetto che un essere pensante rende con "individui assennati".
Il proposito di "non farla sentire sola", pur espresso fermamente, non deve aver trovato un grosso séguito. A poche settimane di distanza da quella giornata come tante, una lettera pubblicata in ennesima pagina da "La Nazione" -autorevole rassegna quotidiana della sfiga e del vittimismo "occidentale"- fu rivelatrice. Lo scrivente deplorava che da allora non un fiore fosse stato portato al cimitero degli Allori, ed affermava di aver provveduto personalmente. Questo ci fa concludere che non si può certo parlare, per questo caso, di una persona che ha lasciato strazianti nostalgie nei superstiti. Jan Palach era un'altra cosa, pensiamo che sia chiaro.
Ad un anno abbondante dai fatti la presenza mediatica di Oriana Fallaci sta rapidamente avviandosi verso lo zero, evidenziando come di un personaggio del genere, almeno a Firenze, nessuno senta la mancanza. Nelle redazioni rizzoliane il danno dev'esser stato più grave, anche perché avvenuto più o meno in contemporanea con la scoperta del non tenue filo che legava i quattro quinti delle redazioni del "paese" ad un certo appartamento romano in cui si inventavano fandonie su tutto e tutti, ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni.
Ovviamente non gratis.
La macchina mediatica ha reagito con prontezza allo smacco, ed ha mantenuto tirature e stipendi facendo passare in secondo piano i complotti naziislamocomunisti contro l'"Occidente" e trovando in non meglio specificati "rumeni", solitamente indicati come "extracomunitari" dai media più pedestri, un ulteriore babau contro cui aizzare i sudditi. Anche questo modo di agire, unito ai risultati non proprio da encomio delle "esportazioni di democrazia" attualmente in atto, contribuirà al veloce oblio della egocentrica giornalista in oggetto.