Una giornata “storica” quella consumatasi il 1 novembre 2007, perché ci siamo imbattuti, tra incredulità e scoppi di risa, nel resoconto del trigesimo di Oriana Fallaci, celebrato a Firenze il 15 Ottobre 2006, nel corso del quale un collaboratore del nostro sito-bersaglio avrebbe avuto l'onere di prendere la parola tra un Mentana e uno Zeffirelli. Il comunicato stampa che abbiamo trovato sul sito del Comune non fa alcuna menzione di questo signore, e ne dedica invece parecchia agli equilibrismi del borgomastro Leonardo Domenici, costretto ad un capolavoro di diplomazia come ne abbiamo letti pochi.
Anche dal sito-bersaglio la presenza del Nostro viene appena rendicontata, senza che però sia dato modo di leggere anche una sola parola pronunciata nella circostanza. Deve essersi trattato di qualcosa di poco impressionante anche per la sua claque.
Saltabeccando di link in link, come sulfurei mostriciattoli gotici sui tetti di Notre Dame, siamo comunque riusciti a rintracciare il testo del discorso e lo proponiamo -con la sola eccezione dei saluti e dei ringraziamenti presenti nell'incipit- ai nostri ventitré lettori, con le dovute -e non lusinghiere- integrazioni, scritte in islamicissimo verde.


C’era proprio bisogno di dedicare un sito ad Oriana?

Secondo noi no...!

Sì, noi ne sentivamo il bisogno, era l'unico modo che avevamo per ringraziarla di averci spalancato gli occhi.
Perché a Lei noi riconosciamo l'incommensurabile merito di aver scosso le coscienze, di aver chiamato le cose con il loro nome, di aver squarciato il velo di Maya che copriva opportunistiche connivenze, omertosi silenzi, colpevoli manchevolezze.

Ovviamente noi non le riconosciamo alcun merito del genere. Ancora meno ne riconosciamo all'estensore del discorso, sulla cui erudizione in materia di induismo e di filosofia schopenhaueriana avremmo parecchio da ridire, avendo se mai Oriana Fallaci operato in senso diametralmente opposto costruendo una realtà ad uso e consumo suoi e delle tirature della Rizzoli.


Perché a Lei, noi riconosciamo l'immenso coraggio nel porsi sola contro tutti, anche a rischio della vita.

Si noti il Lei maiuscolo, neanche si trattasse della Vergine venerata dai cattolici. Quali "rischi della vita" si corressero spandendo inchiostro da un appartamento newyorkese non è dato saperlo. Per i comportamenti della "scrittrice", specie quelli inanellati instancabilmente negli ultimi anni, potremmo scomodare un'infinità di concetti, meno che quello di "coraggio".


Perché a Lei, noi riconosciamo il merito di rivendicare ostinatamente il diritto costituzionalmente garantito ad esprimere la propria opinione.

Se ci azzardassimo noi, a "rivendicare ostinatamente il diritto costituzionalmente garantito ad esprimere la nostra opinione" presentando ad un editore qualsiasi materiale come quello da lei prodotto dal 2001 in poi, ne riceveremmo nel migliore dei casi una risata in faccia, nel peggiore la sconfortante prospettiva di un ricovero coatto e di un trattamento sanitario obbligatorio!


Perché a Lei, noi riconosciamo la fermezza morale nell'appellarsi continuamente alla forza della Ragione.

In questa sede si sprecano gli scritti e le confutazioni che illustrano l'esatto contrario, con pochissima tema di smentita.


Alle sue argomentazioni costruite su fatti, nomi, cognomi, date, i suoi detrattori hanno opposto generiche quanto assurde e diffamatorie accuse di xenofobia e razzismo, senza mai entrare nel merito delle questioni, con il chiaro intento di zittirla, intimidirla, isolarla. Poveri illusi!
Sappiamo bene che o la si ama o la si odia, che suscita forti emozioni, che non lascia indifferenti; sappiamo bene che il suo stile narrativo è tagliente, sferzante, duro, talvolta irriverente e persino sprezzante; sappiamo bene che si è attirata le ire degli "intellettuali politicamente corretti", dei ben pensanti, delle "cicale", dei "collaborazionisti", oltre che, naturalmente, degli integralisti islamici.

I pochi "poveri illusi" che hanno avuto la dabbenaggine e la bocca buona di occuparsi degli "scritti" fallaciani sono stati in grado di demolirne la stessa essenza usando pochissime parole ed ancora meno fatica, essendo tra l'altro nomi, fatti e date quelli reperibili su un qualunque bignami di storia, spesso anzi citati per andare nella direzione voluta dall'autrice che altre frecce al suo arco non aveva che non gli appoggi rizzoliani ed il proprio celeberrimo e smisurato ego. Miguel Martinez, una delle tante bestie nere degli "occidentalisti" in servizio permanente effettivo, ha riassunto in
http://www.kelebekler.com/occ/fallaci.htm i termini della questione, citando Stefano Allievi come un professore di sociologia che esperto di società mediorientali lo è sul serio, e che non si presenta come "esperto di Islam" comportandosi nei fatti come un esperto in tecniche di denigrazione. Abbiamo anche ragione di credere che, priva del battage pluriennale ed incessante di cui ha goduto (i suoi "libri" si trovavano perfino negli uffici postali), Oriana Fallaci avrebbe sicuramente lasciato indifferenti, essendo il contenuto delle sue ultime "opere" abbastanza trascurabile, da qualunque punto di vista e sicuramente meno che trascurabile dal punto di vista della geopolitica e della sociologia, stante anche la -diciamo- scarsità di note a piè di pagina e di citazione delle fonti.


Sappiamo bene che non ha mai avuto referenti politici ed anzi, quasi sempre da questi è stata evitata, troppo scomoda, troppo insensibile alle lusinghe partitocratriche, troppo inadeguata ai compromessi di comodo.

Abbiamo rintracciato un articolo di Camilla Cederna che già in tempi non sospetti (1990) attribuiva a cause ben diverse i comportamenti di evitamento normalmente messi in atto dagli interlocutori di Oriana Fallaci.


A Lei noi saremo sempre grati per averci insegnato a non avere paura delle nostre opinioni e delle nostre idee perché “vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo”.
Noi vorremmo dare voce a tutte quelle coscienze che Lei ha contribuito a risvegliare, ciò che ci muove non è il voler essere contro qualcosa, ma a favore: a favore della nostra cultura e della nostra identità.

In considerazione dei luminosi risultati di sei anni di "libere opinioni" che hanno spalleggiato revanscismi demenziali e guerre peggio che inutili, nonché monopolizzato i mass media con una propaganda connotata dalla malafede e dell'ignoranza più assolute, rovesceremmo volentieri il concetto affermando che "vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa un obbligo e parlare diventa una colpa, specie se non si ha alcuna cognizione di causa sulle materie in merito alle quali si esprime la propria opinione".
La "cultura" e la "identità" che dànno il via alle guerre preventive e alle "esportazioni della democrazia" non ci appartengono minimamente; non riconosciamo come un merito l'essersi mossi a loro difesa.