Dovrebbe essere a questo punto chiaro che qualunque fattore, azione, legge o fenomeno presente in quegli anni può essere additato a concausa del genocidio armeno meno che un "Islam" incarnante il male assoluto.
La parte più ideologicizzata e vicina al CUP del personale militare ed amministrativo si prodigò con ogni mezzo per l'attuazione delle leggi vigenti; con l'opinione pubblica imbavagliata, gli eserciti stranieri in casa ed il concreto rischio di un crollo definitivo, il governo monocolore del CUP ebbe crescente mano libera, anche se il famigerato "triumvirato" composto da Talat, Enver Pasa e Cemal Pasa non ebbe mai quel dominio incontrollato sulla macchina statale che si sarebbe tradotto nel consistere di una dittatura vera e propria.
In particolare l'influenza ideologica del CUP riuscì sì a far interiorizzare all'opinione pubblica il concetto di Anatolia come patria esclusiva dei turchi, ma non poté arrivare al punto di mobilitare secondo logiche totalitarie la popolazione contro le popolazioni non turche; per tutta la durata delle operazioni di deportazione l'Organizzazione Speciale fu indispensabile puntello alle istituzioni nell'esecuzione di tutte le procedure che avrebbero reso impresentabile l'esercito regolare e l'autorità statale che gli stava dietro.
La popolazione armena ebbe nel 1915 la maggior parte dei deportati e dei caduti; altri sviluppi repressivi, di tipo comunque tutt'altro che episodico, si ebbero nel 1916 e poi nel 1917-1918.
La seconda ondata repressiva del 1916 riguardò non solo la popolazione armena, ma tutte le popolazioni non turche, anche se soltanto nei confronti degli armeni i risultati dell'azione intrapresa furono pari alle aspettative in considerazione di quanto avvenuto nei mesi precedenti. Le regioni di destinazione dei deportati, in preda alla rivolta nazionale araba, erano sotto il controllo militare di Cemal Pasa, che in considerazione dell'andamento sempre più sfavorevole della guerra e di un possibile abboccamento coi russi, si accanì con repressione e deportazioni contro i sionisti e contro i nazionalisti arabi piuttosto che contro i deportati armeni.
I primi mesi del 1916 vedono il definitivo sgombero dell'Anatolia orientale e l'invio di tutti i deportati nella zona di Ras El Ain, di Deir Ez Zor e di altre località nel deserto siriano. La deportazione si svolge con le modalità e con i risultati già descritti ed ai pochi sopravvissuti alla marcia forzata, alle vessazioni ed alle uccisioni arbitrarie solo il caso permette di sopravvivere agli stenti ed all'inedia. La nota e preesistente norma per il reinsediamento dei profughi, che stabiliva nel 10% sulla popolazione locale il limite numerico per i nuovi giunti, viene a Deir Ez Zor applicata fedelmente, eliminando nel corso del 1916 centinaia di migliaia di deportati. Quel che non fanno i paramilitari e l'esercito turco lo fanno le epidemie, che stante la totale assenza di qualunque tipo di misura igienica fanno strage in Siria per tutto il corso dell'anno. Le preesistenti eccezioni alla deportazione, che riguardavano il personale specializzato, gli artigiani, i professionisti e le loro famiglie, vengono progressivamente eliminate. Le superstiti guarnigioni armene, disarmate da tempo, vengono sterminate una per volta nelle fortezze anatoliche nel corso del 1916 e del 1917.
Dopo il giugno del 1916 la situazione locale, in rapido peggioramento per la causa turca, imporrà alle autorità imperiali un attenuazione delle pratiche repressive, stante anche il fatto che l'espulsione del popolo armeno dall'Anatolia propriamente detta si era comunque realizzata su vastissima scala. Nei distretti della siria erano poi numerosi gli stranieri in grado di documentare, di riferire ad ambasciate ed agenzie di stampa, e di contribuire alla demolizione dell'immagine imperiale nel mondo. Tra di essi Armin Wegener, la cui documentazione fotografica è divenuta un classico, ed un personale religioso e diplomatico composito e reattivo.
L'avanzare della rivolta araba, ben sostenuta da contingenti militari francesi ed inglesi, si svolge in un contesto in cui le diplomazie dell'Intesa definiscono e ritoccano a più riprese spartizioni territoriali ed aree di influenza. Nel novembre 1916 la Francia mise insieme una Legione d'Oriente utilizzando volontari non turchi, e specialmente armeni provenienti dall'Egitto, dai campi di prigionia, dalle file dei profughi e dei resistenti del Musa Dag. La Legione rimarrà tuttavia in Palestina ed avanzerà solo nel 1918 verso Damasco, contrariamente ai desideri dei molti suoi appartenenti che avrebbero desiderato un impiego assai più incisivo.
All'inizio del 1917, fuori dall'Anatolia sopravvivevano in condizioni eccezionalmente precarie poche decine di migliaia di armeni, quasi tutti orfani e donne. Il governo turco rifiutò l'aiuto americano per i profughi. Va notato che nel 1917 gli USA entrarono in guerra contro le potenze centrali ma non dichiararono mai guerra all'Impero Ottomano, col quale i rapporti diplomatici continuarono per tutta la guerra in condizioni di totale tranquillità.
La terza ondata repressiva va collocata nel contesto geopolitico e diplomatico del 1917. La rivoluzione bolscevica e l'armistizio di Brest Litovsk causano il crollo del fronte del Caucaso e lasciano, nuovo spazio alle speranze imperiali di una vittoria contro i russi, nonostante la situazione generale volga al peggio ed i territori non anatolici dell'impero siano dalla fine dell'anno terra di conquista per l'Intesa e per i nazionalisti arabi. Animato dal panturchismo l'esercito imperiale avanza verso il Caucaso e verso la neonata repubblica di Transcaucasia, riconquistando tra marzo ed aprile Van, Erzurum e Kars, contro cui si accanisce una repressione intrisa di revanscismo. Nel maggio 1918 la repubblica di Transcaucasia si dissolve; Armenia, Georgia ed Azerbaijan seguono ciascuna la propria diplomazia. In particolare, un accordo sovietico-tedesco tutela l'Azerbaijan stroncando le ambizioni turche nella regione. L'Impero deve fronteggiare anche la presenza inglese nella zona, contro la quale ha effimero successo una spedizione nel settembre 1918. Il progetto di costituire una serie di stati indipendenti nel Caucaso sotto l'influenza di Istanbul dura pochi giorni, perché in meno di un mese l'intero sistema dell'Alleanza crolla di schianto; il 26 settembre la Bulgaria firma l'armistizio e negli stessi giorni i territori non anatolici sono pressoché tutti sotto controllo francoinglese. All'inizio di ottobre Talat Pasa presenta a Mehmed VI, successo da pochi giorni a Mehmed IV, le dimisisoni del suo governo. Il nuovo gran visir Ahmed Izzet Pasa firma il 30 ottobre l'armistizio di Mudros.


Bibliografia
Marcello Flores, Il genocidio degli Armeni, Il Mulino 2006.
http://www.armenian-genocide.org