Assistiamo al giorno d’oggi all’affermarsi di quel fenomeno chiamato “multiculturalismo”, ovvero al convivere in un determinato spazio fisico di culture diverse, ognuna con le sue peculiarità. Queste devono imparare a condividere il medesimo spazio, dicasi nazione, città o paese. Tale situazione non presuppone affatto la presenza di una cultura dominante autoctona che ospita le altre, perché esistono moltissime realtà in cui più culture hanno lo stesso peso specifico anche se numericamente una sopravanza l'altra. Può anche darsi il caso, sempre più frequente, che la cultura percepita come "dominante" non abbia interesse ad intrattenere alcuna relazione con i nuovi ospiti. Tale condizione è per fortuna irreversibile, e la convivenza pacifica può avvenire anche senza la condivisione di valori consolidati ai quali le culture ospitate dovrebbero fare uno sforzo per adeguarsi.
Non condividiamo affatto la posizione di Marcello Pera sull'argomento, perché il pregio principale del multiculturalismo è proprio il permettere alle comunità di rafforzare la propria identità ed il proprio senso di appartenenza senza e se del caso contro l'alienazione culturale divorante con cui l'Occidente fa pappa di ogni cosa. I ghetti d’illegalità, d’intolleranza, d’odio paventati non sono altro che i contesti in cui chi ha avuto il torto di nascere povero oppure nella parte sbagliata del mondo, di farsi beccare a fare qualcosa che il potere considera sbagliato o semplicemente non vuole condividere il consumismo demenziale ed il conformismo osceno di quest'epoca di decadenza si ostina a sopravvivere senza e se del caso contro i modelli deliranti imposti dai mass media. Si teme che si crei "uno stato dentro uno stato" ignorando bellamente che l'ultima volta (conosciuta) in cui questo è successo si è verificato non ad opera di credenti, o di "comunisti" o di rastafariani, ma grazie all'operato di stimati professionisti tutt'ora liberi cittadini, e della loro società esoterica e filantropica chiamata Loggia Propaganda Due. Che pervase di sé le istituzioni dettando programmi e linee politiche che con gli anni hanno trovato debita attuazione.
Un paese in cui ogni giorno si scopre un omicidio familiare, in cui la violenza domestica serpeggia con disinvoltura anche nei contesti volutamente ed erroneamente considerati insospettabili, in cui generazioni intere son tirate su alla scuola dell'ingordigia e della prevaricazione, farebbe bene a chiedersi se sia il caso di dare lezioni in giro. L'abbandono assoluto, l'abulìa e la disperazione in cui si trovano i giovani delle banlieue non è certo dovuto all'appartenenza ad una cultura "altra", quanto alla non appartenenza ad alcuna cultura. Certamente, esistono quartieri interi in Francia, in Inghilterra, in Olanda diventati impermeabili a qualsiasi forma di scambio, di relazione, di contaminazione democratica; e perché mai un quartiere già svenato dalla occidentalissima cultura dell'eroina o dell'alcool dovrebbe essere "permeabile" ai bonehead, principale agenzia "socializzatrice" in tante località nordeuropee?
L’apertura, il dialogo, la collaborazione sono strumenti fondamentali nella costruzione di una pacifica convivenza, ed in caso di necessità sono strumenti che vanno adoperati anche sempre e solo in un senso; un "Occidente" il cui unico metro di giudizio è dato dal denaro non ha e non avrà mai alcun problema a considerare qualunque valore, qualunque conquista come una merce di scambio; il quieto vivere, il riconoscimento acritico della cultura altra ed il multiculturalismo esasperato elevato ad ideologia sono sempre meglio del rullo compressore che, dopo aver tentato con disastrosi risultati di "esportare la democrazia" in altre terre, adesso pretenderebbe di "democratizzare" anche i cervelli altrui.
Il multiculturalismo deve diventare un'ideologia
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