Dov’è questo occidenalismo moderato? Dove sta? Siamo sicuri che esista? 
C’è una questione con la quale tutti dobbiamo e soprattutto dovremo fare i conti: stiamo parlando dell’occidentalismo. Badate bene, non ci riferiamo solo alla "democrazia da esportazione", ovvero alla faccia più brutale, quella che getta bombe a frammentazione contro bunker civili con migliaia di persone innocenti dentro, che tortura i prigionieri come delle bestie, che ammazza centinaia di bambini attaccando maldestramente le scuole in cui sono tenuti come ostaggi, e che negli scorsi decenni ha messo le bombe sui treni e nelle stazioni.
Stiamo parlando dell'occidentalismo cosiddetto "moderato", quello amico, quello che invitiamo nei salotti buoni, quello di cui ci fidiamo. Ma, ci chiediamo, dov’è questo occidentalismo moderato? Dove sta? Siamo sicuri che esista?
Oppure è un concetto, una categoria mentale inventata dagli "occidentalisti", ma che allo stato attuale dei fatti non esiste? E poi, cosa significa il termine “moderato”? Che non mette le bombe? Basta dunque soltanto questo per meritarsi l’appellativo di moderato?
E allora chiedo: è moderato un occidentale che segrega la moglie, magari la picchia o giustifica chi lo fa o magari ne tiene più d’una, ovviamente sottoforma di "relazione"?
E’ moderato un occidentale che pretende favori sessuali delle dipendenti?
E’ moderato un occidentale che prima di tutto ubbidisce al proprio tornaconto e poi, forse, a sua coscienza, basta che non sia in contrasto con i suoi interessi?
E’ moderato un occidentale che non biasimerebbe mai un altro occidentale anche se sapesse che è colpevole di atti riconosciuti come riprovevoli, almeno a parole?
E’ moderato un occidentale che non riconosce a se stesso e ad un altro la possibilità di uscire dalla ristrettezza di vedute imposta dai suoi "liberissimi" media?
E’ moderato un occidentale che considera l'evasione fiscale una specie di dovere civico?
E’ moderato un occidentale che non discrimina tra ciò che è peccato e ciò che è reato, perché tanto se ne frega di entrambe le fattispecie? E quanto è moderato l’occidentalismo istituzionale, quello che conta, quello dei tribunali, quello degli editorialisti che spesso predicano odio, quello che non condanna mai le guerre d'aggressione, che non dice mai in modo chiaro “Chi uccide non ci rappresenta”, che non addita mai i Bush al pubblico disprezzo?
E’ questo l’occidente moderato con cui dialogare e costruire valori condivisi? E quali possono essere questi valori condivisi? Quelli che ci vengono richiesti con l’intento finale di eliminarli una volta che saranno diventati davvero troppo forti?
Certo che non esistono "occidentalisti" moderati, neppure per un puro calcolo matematico. Ad esempio, subito dopo la tragedia di Beslan, nel settembre 2004, i media si scatenarono per l'ennesima volta nella "caccia all'islamico" santificando Vladimir Putin e demonizzando la guerriglia cecena, con la consueta avulsione dell'episodio dalla geopolitica e dalle circostanze contingenti che avrebbero costituito un grosso intoppo per la collaudata fabbrica della paura in cui si sono trasformati televisione e giornali.
Gli "occidentalisti" hanno presentato Vladimir Putin, ex nemico giurato in quanto appartenente al ben noto KGB, come una vittima di eventi di una crudeltà metafisica e per questo come amico collettivo dell'"Occidente". Un silenzio assordante sulla guerra in Cecenia che ha decimato la popolazione e che da Mosca conducono da anni senza lesinare in mezzi ed in crudeltà.
Ricordare certe non lontane simpatie di noti militanti dell'"occidentalismo" renderebbe molte operazioni mediatiche e molte comparsate piuttosto imbarazzanti; ai tempi eroici del parlamento mantovano, col ceceno Dudayev flirtavano leghisti e radicali, in qualche caso gli stessi individui che oggi fanno gli islamofobi a tutto campo.
In un quadro di mobilitazione totale, e come tale totalmente idiota, totalmente superficiale, totalmente cieco, totalmente vergognoso, quanti "occidentalisti" moderati possiamo aspettarci di trovare? E quanto contano? Poco o nulla, spesso sono intellettuali costretti a vivere in esilio, isolati, condannati dai loro stessi connazionali.
Giriamola come vi pare, ma l'"Occidente" è ciò che è, e i cosiddetti "occidentalisti", oltre ad essere tantissimi, non sono il suo volto degenere, ma il volto fedele: può un "occidentalista" accettare lo Stato di diritto, la libertà, la democrazia, la nostra Costituzione, le nostre leggi laiche? Temiamo di no, non più.
Intanto, in nome dei nostri ideali democratici, li lasciamo parlare ed agire, diamo a loro le nostre stesse libertà, lasciamo che costruiscano le loro lobbies, i loro centri studi (sì, quelli che valutano gli effetti sociopolitici delle guerre preventive e poi pubblicano i risultati da cui risulta quello che si vuole che risulti), i loro organi di "informazione" senza che ci sia nessun diritto di reciprocità; lasciamo che occupino intere tribune, piano piano senza fare troppo rumore; i loro rappresentanti sono gli unici invitati ai talkshow, fatta eccezione per qualche soggetto in grado di incarnare lo stereotipo del loro "nemico" e che serve usualmente per un'interazione da poligono di tiro; sono voce unica sui giornali ed hanno anche un bel po' di voti e di rappresentanti in parlamento, voto che per loro è "democratico" ed esente da critiche solo quando è esercitato sotto il controllo delle armi americane, come a Kabul o a Baghdad; istituiamo consulte ad hoc, permettiamo che usino strumentalmente e per i loro fini i nostri valori culturali, quali libertà, democrazia, uguaglianza di diritti, quegli stessi valori che nella loro visione del mondo sarebbero bestemmie, ma che in nome del potere non si astengono certo dall'invocare.