Traduzione da Conflicts Forum.

I Fratelli Musulmani sono sotto attacco da ogni lato. Un'analisi di parte saudita raffigura Hassan Banna, il fondatore dei Fratelli, come un mero attore politico pragmatico; un'altra nota invece che i Fratelli hanno commesso un errore forse fatale in Egitto quando sono venuti ai ferri corti con Al Azhar -che è il simbolo istituzionale dell'islam sunnita moderato- e con il suo influente sceicco, e quando hanno perso le simpatie dei servizi segreti e del sistema giudiziario.
Ci si può comunque chiedere chi c'è dietro i Fratelli: in uno scritto che vede le cose da sinistra e che si intitola necessità della violenza rivoluzionaria, l'autore sostiene che l'irritazione dei rivoluzionari non è dovuta ai Fratelli in quanto tali, ma al loro tradimento nei confronti di un autentico mutamento sociale che passa dalla condiscendenza da essi mostrata nei confronti di tutte le strutture che fanno capo al potre neocolonialista, rimaste tutte al loro posto con le loro prerogative di violenza tutelata dallo stato a garanzia di interessi radicati. Secondo l'autore dello scritto la risposta consiste nel far fronte alla violenza istituzionale intrinseca nelle strutture neocolonialiste con la violenza rivoluzionaria.
Da un altro punto di vista ancora i Fratelli Musulmani devono affrontare le critiche dell'opposizione siriana in esilio per l'ingerenza esercitata nella sfera politica di essa al fine di mantenerne l'esclusivo controllo (almeno per quanto riguarda le organizzazioni dell'opposizione costituite all'estero). Qui in Conflicts Forum abbiamo già affrontato l'argomento di queste fratture politiche e sociali, che si stanno moltiplicando in tutto il Medio Oriente. I Fratelli tuttavia paiono continuare a non curarsi delle critiche e a proseguire imperterriti e fiduciosi nella costruzione del loro progetto. Forse si sentono più vulnerabili nei confronti delle pressioni dei salafiti e si comportano in modo da venire loro incontro. Alcuni dei Fratelli, ma non tutti, fanno dei veri sforzi per mitigare il brutto settarismo che prevale al giorno d'oggi sottolineando i motivi politici e sociali del conflitto piuttosto che quelli settari, ma anche in questo modo si trovano in ogni caso obbligati a prendere in considerazione l'atteggiamento settario che resta prevalente. Fino ad oggi il centro di tutte queste divisioni politiche e religiose è stato la Siria, ma è verosimile che in futuro le loro irradiazioni si concentrino, attraverso la lente della politica, sull'infiammabile materiale rappresentato dall'Egitto. Ci sono commentatori che parlano con disinvoltura dell'arrivo sulla scena dei militari, come se essi costituissero una soluzione facile. Potrà anche essere, ma quello che è certo anche per le montanti critiche è che i Fratelli Musulmani restano una forza potente e profondamente radicata, specialmente in Egitto. Sarebbe un errore avere poca considerazione per questo, o pensare che i Fratelli Musulmani si farebbero estromettere dalla stanza dei bottoni senza resistere.

La deflagrazione interna all'Islam sunnita radicale e le sue ripercussioni (specie nell'area che va dalla Siria all'Iraq) è ben rappresentata da quanto segue. Intanto che l'attenzione si concentra sulla Siria, ecco cosa succede in un solo giorno, il quindici di aprile del 2013, in Iraq.
1. Almeno settantacinque iracheni sono morti, e altri trecentocinquantasei sono rimasti feriti, in una serie di attacchi in tutto il paese. Solo nell'estremo sud e nel Kurdistan iracheno non si sono verificati fatti di sangue. Molti degli attacchi paiono essere coordinati, e si sono verificati più o meno alla stessa ora del mattino. Hanno anche preceduto di pochi giorni una tornata elettorale locale nella maggior parte delle province. Il governo a guida sciita ha rinviato le elezioni nelle province di Ninive e di Anbar, a forte preponderanza sunnita.
2. A Baghdad le bombe hanno fatto trenta morti e novantadue feriti. Una di queste è esplosa nel sobborgo di Kamaliya facendo quattro morti e tredici feriti: le forze di sicurezza hanno sparato in aria per disperdere la folla. Vicino all'aeroporto due bombe hanno ucciso tre persone e ne hanno ferite altre sedici. Quattro persone sono morte e altre quindici sono rimaste ferite quando degli ordigni sono esplosi al mercato e alla stazione degli autobus di Umm al Maalif. A Karrada un'altra bomba ha fatto due morti e quindici feriti. Un'autobomba a Shurta ha ucciso due persone e ne ha ferite altre nove. Un ordigno a bordo strada ha ferito cinque poliziotti a Baladiyat. Due persone sono rimaste uccise e altre nove ferite in un'esplosione a Habibiya.
3. A Kirkuk almeno nove persone sono state uccise e settantanove ferite da una serie di sei autobombe. In periferia le bombe sono esplose in tre sobborghi di diversa connotazione etnica, facendo pensare che i bersagli non fossero costituiti da un gruppo etnico in particolare. Sono esplosi ordigni in zone arabe, turkmene e curde. Le altre tre esplosioni si sono verificate in sobborghi esterni al centro urbano: una ha avuto per bersaglio la casa di un politico sciita. Uomini armati di fucile hanno ferito un medico nel corso della notte.
4. Alcune esplosioni a Tuz Khormato hanno fatto sei morti e sessantasette feriti.
5. A Mossul uomini armati hanno ucciso un civile. Due persone sono rimaste ferite da bombe a bordo strada. Una coppia di sposi è stata uccisa. Le forze di sicurezza hanno ucciso un uomo che portava una bomba. Un'altra esplosione non ha fatto vittime. Un soldato è morto in uno scontro. Tre poliziotti sono rimasti feriti da un ordigno.
6. A Falluja un attacco suicida con un'autobomba ha ucciso due poliziotti e ne ha feriti altri sei ad un posto di blocco.Un civile è stato ferito a morte. Una granata ha ucciso due civili. Un'altra bomba nella zona sud della città è esplosa senza fare vittime.
8. In una sede di partito a Tikrit quattro persone sono morte e tre sono rimaste ferite da una bomba. Un'altra bomba ha ferito tredici poliziotti.
10. Un poliziotto è stato ucciso a Buhriz dall'esplosione di una granata.
11. Vicino a Ramadi, una bomba che aveva per bersaglio un religioso sunnita leader di proteste antigovernative ha ucciso due delle sue guardie del corpo e ne ha ferita almeno un'altra. Suo cugino era stato ucciso dall'esplosione di una granata a Falluja.
12. Un poliziotto è stato colpito a morte con armi da fuoco a Tarmiya.
13. Una bomba a Khalis ha ucciso un bambino e ne ha feriti otto.
14. Diciannove persone sono rimaste ferite da ordigni nella provincia di Babil.
15. A Dowr, tredici persone sono rimaste ferite da un'esplosione.
16. Sette persone sono rimaste ferite da ordigni lanciati contro l'abitazione di un candidato alle elezioni della provincia di Salah ad Din.
17. A Muqdadiya un'autobomba ha ferito sette persone.
18. A Tal Abta, un'esplosione ha ucciso un poliziotto e ne ha feriti altri due.
19. A Baquba due poliziotti sono rimasti feriti per l'esplosione di una bomba. In un altro caso analogo sono rimaste ferite tre persone.
21. Un giovane 22. Un civile è rimasto ferito per una bomba su una strada di campagna a Bani Saad. 

I più eminenti tra gli "Amici della Siria" (sic) dovrebbero incontrarsi oggi [il 19 aprile 2013, n.d.t.] ad Istanbul. Un ex diplomatico che ha lavorato nella stessa sede scrive: le osservazioni sulla Siria fatte mercoledi dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov vanno considerate tra le più perentorie mai fatte. Il suo ammonimento contro un intervento militare straniero significa che se qualcosa di simile si verificasse la situazione continuerebbe a precipitare e l'unico risultato non potrebbe essere altro che l'emergere di Al Qaeda. Lavrov ha affrontato direttamente i cosiddetti "Amici della Siria", il cui obiettivo è quello di rovesciare il governo. Ha detto che "se viene messo in piedi qualcosa che  sia in grado di isolare una delle due parti in conflitto, o che cerchi anche soltanto di farlo, perdiamo ogni possibilità di dialogare e di cercare una via d'uscita che porti ad una soluzione". Queste osservazioni erano dirette essenzialmente allo zoccolo duro degli "Amici della Siria" in procinto di riunirsi ad Istanbul venerdi; secondo i turchi all'incontro parteciperanno almeno dieci personalità, tra le quali il Segretario di Stato statunitense John kerry. A Washington pare che sia il Presidente Obama che il Segretario Hegel si mantengano molto cauti: Hegel ha detto ad alcuni senatori: "Prima di prendere qualsiasi iniziativa farete meglio ad essere più sicuri che potete: una volta che si comincia non si può tornare indietro, se si tratta di una zona con divieto di sorvolo, di un corridoio sicuro... Non è che poi si può dire 'Le cose non vanno bene come pensavamo, sicché lasciamo perdere'". Nonostante le forti pressioni esercitate dalla lobby interventista il Presidente, a nostro modo di vedere, sa che chi parteggia per un'intervento occidentale, anche se sta rumorosamente perorando a favore di una zona con divieto di sorvolo su tutta la Siria o su una parte di essa, deve ancora trovare degli argomenti validi in favore dell'idea che l'uso del potenziale aereo occidentale inciderebbe in modo positivo sulla situazione generale invece che peggiorarla e renderla ancora più ingarbugliata. Negli Stati Uniti si comincia anche a dubitare del fatto che mandare altre armi all'opposizione filooccidentale consentirebbe ad essa di prevalere sul Fronte di Al Nusra piuttosto che il contrario, e del fatto stesso che l'opposizione armata possa giungere alla vittoria. La visita in turchia del Segretario Kerry (la terza) secondo i resoconti (disponibili qui) forse ha a che vedere con il disaccordo statunitense per l'apparente convinzione dei turchi che sia intelligente servirsi del Fronte di Al Nusra (una locale emanazione di Al Qaeda) come strumento per rovesciare il Presidente Assad, sull'assunto del fine che giustifica i mezzi.
 
In conclusione, un giornalista dello stato sionista ha fatto qualche riflessione sull'incontro del comitato politico di Hamas previsto per oggi a Doha. Si tratta del primo incontro della leadership di Hamas dopo che Khaled Meshaal è diventato per la quarta volta il capo del comitato politico dell'organizzazione. Ci si aspetta che dall'incontro emergano decisioni significative, prima fra tutte quella sull'atteggiamento di Hamas nei confronti dello stato sionista e dell'Occidente. L'autore, notando che gli incontri precedenti si tenevano di solito a Damasco, capitale e nucleo dell'"asse di resistenza" e degli intransigenti, si chiede se il cambiamento di sede e di atmosfera non possa influire sul risultato. Il giornalista nota che al contrario di Damasco, l'emiro del Qatar è per mentalità e per orientamento politico interamente filooccidentale. Adesso che i vertici di Hamas sono a Doha, possono accordarsi con lo Hamas di Gaza per un appello a "mettere a ferro e fuoco il Medio Oriente" o per lanciare una terza Intifada? Hamas sarebbe in grado di lanciare attacchi suicidi in risposta ad un'altra aggressione da parte dello stato sionista? In queste condizioni Hamas può decidere di rinnovare e riformulare le strette relazioni che intratteneva con l'Iran, e farsi finanziare da Tehran? Nell'articolo, nessuna delle tre domande trova una risposta.