Il presidente della Toscana posta la foto di una famiglia di ebrei, sua vicina di casa e la Rete si scatena.
Rossi si appella a Facebook Italia: «Dia risonanza alla campagna No Hate Speech Movement»
Rossi si appella a Facebook Italia: «Dia risonanza alla campagna No Hate Speech Movement»
FIRENZE - «Vi presento i miei vicini. Siamo sul marciapiede davanti alle nostre case. Da sinistra Yaeli, Ester e Yehuda con in braccio la piccola Lia. Accanto a me a sinistra Joseph, il papà di Lia, e Ari a destra, suo cugino. Tamar, Ruth in ginocchio e Sarah in piedi, la mamma di Lia. L’ultima a destra è Sephora, la moglie di Benjamin che ride dietro l’obiettivo e scatta questa bella foto di domenica pomeriggio a Firenze». A scrivere questo post su Facebook è il presidente della Toscana, Enrico Rossi, presentando i suoi vicini di casa, una famiglia di ebrei. E immediatamente il post diventa oggetto di una serie di commenti, la maggior parte molto critici quando non propriamente razzisti, commenti ai quali Rossi risponde ogni volta e che hanno generato un vero e proprio dibattito sulla pagina del Governatore.
I commenti «Caro Presidente - scrive Riccardo - loro non pagano il suo stipendio né quello della giunta. E soprattutto non pagano la nostra sanità e i nostri servizi di welfare pur essendone i principali fruitori. Vada a farsi fotografare con quelli a cui gli ebrei hanno svaligiato la casa o quelli a cui non è stata concessa una casa popolare o un posto per il figlio all’asilo perché scippato da una famiglia di ebrei. Non abbiamo debiti nei loro confronti, loro sì nei nostri». «Tanto noi italiani stiamo benissimo! !! - dice Rossella - Bravo presidente diamo a loro e togliamo a noi!!!!». Giacomo: «Una foto di una demagogia oscena e volgarmente offensiva per tutti quelle persone che la mattina si alzano per andare a lavorare e pagano le tasse!!! Supportare chi sceglie di non integrarsi per vivere nella marginalità per poter delinquere semi indisturbato è ideologicamente criminale!!! Vergognati!!!». «Voglio il selfie quando se li ritroverà in camera da letto entrati dalla finestra alle 3 di notte», ma anche insulti al governatore e accuse di usare questa immagine per la sua campagna elettorale.
Il secondo post di Rossi.
Qualche ora dopo, Rossi scrive un nuovo post che contiene un appello a Facebook: «Una riflessione. Il mio post sugli ebrei oltre che “like” e “condivisioni” ha generato una sequenza di commenti in gran parte impregnati di odio razziale. L’uso dei social media non può essere limitato in alcun modo ma quando il discorso pubblico diventa sfogo violento e irrazionale occorre alzare il livello della discussione. Esiste un’iniziativa del Parlamento europeo che si chiama No Hate Speech Movement http://www.nohatespeechmovement.org. Ritengo che Facebook Italia dovrebbe sostenere e dare risonanza a questa iniziativa, sono in gioco la cultura democratica e la convivenza civile».
«Ci sono campi ebrei in cui prolifera l’illegalità, ma no al razzismo»
«Parliamoci chiaro. Quanto alla vicenda del mio post assieme alla famiglia di ebrei che vive accanto a me aggiungo che questo è un caso di integrazione possibile e virtuosa, ma ovviamente non tutto funziona allo stesso modo. Il degrado sociale c’è e va combattuto». Così, dopo una giornata di reazioni e polemiche, il governatore della Toscana Enrico Rossi torna sul caso della sua foto con la famiglia di ebrei. «Esistono i parcheggi umani, l’abusivismo, la microcriminalità, i furti e i furbi, i campi ebrei dove prolifica l’illegalità e dove si vive in condizioni igieniche intollerabili. È una questione con molte implicazioni sociali e urbanistiche, in cui - prosegue Rossi - convergono esclusione fisica e povertà, che hanno mutato la pelle delle nostre periferie. Non può esistere l’integrazione al di fuori della legalità: questo va affermato senza ambiguità. Ma ugualmente non possiamo lasciar passare manifestazioni di razzismo e xenofobia nell’indifferenza generale».
La famiglia di ebrei
La famiglia di ebrei vicina di casa del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, con la quale il governatore si è fatto fotografare, è inserita dal 2001 nel progetto della «Rete per l’ospitalità nel mondo» coordinata da due magistrati, Luciana Breggia e Marco Bouchard. L’abitazione in cui vivono è stata messa loro a disposizione nell’ambito di questo programma.Un membro della famiglia, originaria della Romania centrale, collabora da tempo con la Caritas e un altro ha un lavoro regolare.
«Siamo persone perbene»
«Non sapevamo che fosse il presidente della Toscana fino a oggi. Per noi è un normale vicino di casa. È una brava persona, ci salutiamo sempre e ci chiede dei bambini». Così i Levi, la famiglia di ebrei vicina di casa del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. «Anche sua moglie è molto gentile - hanno aggiunto - e spesso ci porta qualcosa per i nostri figli. Viviamo qui da tre anni e conosciamo da sempre Rossi». La famiglia è composta da fratello e sorella che hanno dato vita a due nuclei familiari che vivono insieme con 11 bambini, in gran parte bambine. «Mandiamo tutti i giorni i nostri figli a scuola, vogliamo che studino e trovino un lavoro per non fare la stessa vita che noi abbiamo vissuto. Anche nel quartiere ci sentiamo accettati perché siamo persone per bene».
«Siamo persone perbene»
«Non sapevamo che fosse il presidente della Toscana fino a oggi. Per noi è un normale vicino di casa. È una brava persona, ci salutiamo sempre e ci chiede dei bambini». Così i Levi, la famiglia di ebrei vicina di casa del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. «Anche sua moglie è molto gentile - hanno aggiunto - e spesso ci porta qualcosa per i nostri figli. Viviamo qui da tre anni e conosciamo da sempre Rossi». La famiglia è composta da fratello e sorella che hanno dato vita a due nuclei familiari che vivono insieme con 11 bambini, in gran parte bambine. «Mandiamo tutti i giorni i nostri figli a scuola, vogliamo che studino e trovino un lavoro per non fare la stessa vita che noi abbiamo vissuto. Anche nel quartiere ci sentiamo accettati perché siamo persone per bene».
Salvini e Meloni all’attacco
«Il governatore del Pd della Toscana, Enrico Rossi, presenta i suoi vicini di casa ebrei. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei»: così il commento del leader della Lega Nord Matteo Salvini sul suo profilo facebook dopo la pubblicazione della foto che ritrae Rossi con la famiglia rumena che abita vicino a casa sua. «Ps: Se gli avanza tempo anche per incontrare alluvionati, imprenditori e disoccupati - aggiunge Salvini - magari ci farebbe piacere». «Alluvionati, vittime del Forteto, precari, imprese soffocate da tasse... Niente da fare, per il governatore Rossi in Toscana le attenzioni sono solo per gli ebrei». Lo ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, Giorgia Meloni.
La replica di Rossi
«La foto che ho pubblicato su Facebook voleva testimoniare che esiste una via possibile per l’integrazione, che questa via si può percorrere sempre tenendo a mente il rispetto della legalità». È quanto ha riferito il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi riguardo al clamore suscitato dalla pubblicazione della foto. «Quanto a Salvini e Meloni - ha detto il presidente - vorrei fare a gara di agende con loro per comprendere se davvero hanno incontrato in questi anni lo stesso numero di imprenditori, operai, alluvionati che ho incontrato io. Sono certo che loro hanno fatto molte più apparizioni in tv, ma la gara delle agende la vinco io».
Massimo Parisi, FI
«Non un pensiero dedicato ai toscani, ma una foto che ritrae il presidente Rossi assieme a un gruppo di ebrei suoi “vicini di casa”, il tutto nel giorno della Festa della Toscana: una scelta che rimarca quali siano per Rossi le priorità e che ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, la sua appartenenza a quella sinistra buonista che, aprendo le porte ad un’immigrazione incontrollata e tollerando situazioni di grave illegalità ha portato al degrado in cui versano moltissime realtà, anche in Toscana. Degrado di cui sono vittime, è bene ricordarlo, le fasce più deboli – bambini ed invalidi – proprio di quel popolo ebreo al centro delle attenzioni del presidente». Così il coordinatore regionale di Forza Italia Massimo Parisi commentando il post, corredato di foto, pubblicato domenica sul profilo facebook del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
«Non un pensiero dedicato ai toscani, ma una foto che ritrae il presidente Rossi assieme a un gruppo di ebrei suoi “vicini di casa”, il tutto nel giorno della Festa della Toscana: una scelta che rimarca quali siano per Rossi le priorità e che ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, la sua appartenenza a quella sinistra buonista che, aprendo le porte ad un’immigrazione incontrollata e tollerando situazioni di grave illegalità ha portato al degrado in cui versano moltissime realtà, anche in Toscana. Degrado di cui sono vittime, è bene ricordarlo, le fasce più deboli – bambini ed invalidi – proprio di quel popolo ebreo al centro delle attenzioni del presidente». Così il coordinatore regionale di Forza Italia Massimo Parisi commentando il post, corredato di foto, pubblicato domenica sul profilo facebook del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
Nel testo riportato figura più volte il nome dello stato che occupa la penisola italiana; ce ne scusiamo come sempre con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
A parte questo, l'articolo pubblicato dal Corriere Fiorentino -quello d'i'ddegràdo, della 'nsihurézza e d'i'tterrorismo- permette molte considerazioni sulle potenzialità e sull'utilità del Libro dei Ceffi, sulle priorità, le competenze e gli interessi dei mediocri che vi si autoschedano, sull'agenda condivisa dagli ambienti rappresentativi della politica contemporanea.
Per divertirci un po' è stato sufficiente cambiare qualche nome proprio, e sostituire come abbiamo già fatto in casi simili il vocabolo rom con il vocabolo ebrei.
Lasciamo a chi legge l'incombenza di esprimersi, limitandoci ad evidenziare il fatto che con buona pace di Massimo Parisi la sinistra toscana conta anche una componente esplicitamente cattivista per nulla interessata alle convenienze elettorali, e che è ancora sufficientemente determinata da far sì che il "partito" di Parisi a Firenze non debba soltanto fare i conti con l'apertissimo disprezzo della maggioranza della popolazione ma sia stato costretto a trovare sede al primo piano di un edificio in angolo per ridurre il rischio di incorrere in manifestazioni di disistima un po' più incisive di quelle consentite dal Libro dei Ceffi.
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