Traduzione da Christian Science Monitor.
Beirut, Libano. Lo sceicco Hassan Nasrallah ammise pubblicamente a maggio del 2013 che Hezbollah era intervenuto nella sanguinosa guerra civile siriana. In quel periodo il gruppo sciita militante sostenuto dall'Iran era impegnato in una battaglia che si rivelò essere la più costosa in termini di perdite cui avesse mai partecipato.
L'assalto di Hezbollah alla cittadina ribelle di Qusayr, nella regione di Homs, fu il primo serio impegno del movimento nel conflitto siriano. Decine di combattenti rimasero uccisi nei diciassette giorni di aspri scontri casa per casa.
L'alto numero di perdite e l'impatto delle fitte cerimonie funebri che si svolsero nelle regioni sciite del Libano fecero pensare a qualcuno che Hezbollah, impegnatosi ad aiutare nella sua guerra l'alleato Presidente della Repubblica Araba di Siria Bashar al Assad, avesse trovato un proprio Vietnam, un conflitto estenuante portato avanti senza una chiara strategia di uscita che avrebbe finito per erodere la popolarità che gli veniva in tutto il Medio Oriente dal fatto che costituiva un potente nemico dello stato sionista.
"La battaglia di Qusayr sarà il Vietnam di Hezbollah, ed avrà conseguenze in tutto il Libano", disse Michel Mouawad, un politico libanese cristiano in opposizione a Hezbollah.
Sono passati circa due anni, ma ancora la predizione non si è avverata. Nonostante le molte perdite subìte e le ire della popolazione sunnita, in Siria Hezbollah ha acquisito una serie di competenze militari nuove. Nell'assicurare la sopravvivenza di Assad, una generazione nuova di reclute ha avuto il battesimo del fuoco e questo rende l'organizzazione una minaccia ancora più grande per il giurato nemico sionista di quanto non fosse in passato.
Le critiche espresse in Libano sul coinvolgimento di Hezbollah in Siria hanno finito per perdere di intensità, anche a causa dell'ascesa di gruppi estremisti sunniti come il sedicente Stato Islamico, le cui scorrerie in Iraq ed in Siria e le cui efferatezze videoregistrate hanno provocato brividi in tutte le minoranze religiose del paese.
"Quando si parla di Vietnam si vuol dire un qualcosa in cui si è impelagati senza via di uscita. Certo, si tratta di una lotta accanita, su questo non c'è dubbio, ma non è un pantano [per Hezbollah]" afferma MIchael Young, un esperto di politica libanese che nel giugno 2013 scrisse un editoriale in cui si chiedeva se la Siria sarebbe potuta diventare il Vietnam di Hezbollah.
Il valore strategico della Siria
La Siria è il puntello geopolitico che unisce Hezbollah al suo mèntore ideologico e logistico, l'Iran, e che gli fornisce il retroterra strategico indispensabile a lottare contro lo stato sionista. E' dalla Siria che passano gli armamenti diretti agli arsenali di Hezbollah. Con ogni probabilità la caduta di Assad farebbe saltare l'alleanza regionale nota come "asse della Resistenza", che unisce Iran, Siria, Hezbollah ed altri gruppi militanti in opposizione alle politiche occidentali e dello stato sionista in Medio Oriente.
Il capo di Hezbollah "Nasrallah ha detto chiaramente [nel 2013] che il mantenimento del governo siriano e dell'asse della Resistenza era di importanza strategica [e] vitale per Hezbollah", afferma Jeffrey White, esperto di difesa presso lo Washington Institute per le politiche mediorientali. "L'impegno che Hezbollah profonde in questo è nato proprio da questa definizione della situazione, e Hezbollah proseguirà per la sua strada a qualunque costo... La differenza tra la situazione e quella del Vietnam è data dal fatto che [la Siria] è davvero strategica... per Hezbollah".
Si pensa che in Siria operino stabilmente almeno cinquemila combattenti di Hezbollah. I combattenti di Hezbollah sono in prima linea negli scontri in tutto il paese, da Hasake nel nord est ad Aleppo a Nord, a Latakia a nord ovest fino a Damasco e ai suoi sobborghi, e a Daraa a sud.
Oggi come oggi Hezbollah ed i suoi alleati in Siria stanno avendo la meglio. Il "moderato" Libero Esercito Siriano si sta sfaldando a causa dell'indebolirsi del sostegno dall'esterno, dei massacri delle truppe governative e dei gruppi estremisti come lo Stato Islamico. La comunità internazionale ha smesso di considerare l'idea di rovesciare Assad ed ha invece cominciato a preoccuparsi della minaccia rappresentata dallo Stato Islamico.
Gli alti costi
Sono alti i costi che Hezbollah ha pagato. Da quando ha inviato in Siria i primi combattenti, nell'estate del 2012, Hezbollah ha forse perso più di mille uomini. Per avere un'idea delle proporzioni è sufficiente dire che le perdite subite in questi tre anni da Hezbollah si stanno avvicinando al totale dei 1284 caduti nel corso dei combattimenti contro l'occupazione sionista del Libano meridionale, compresi tra il 1982 ed il 2000.
Nasrallah, un tempo considerato nei sondaggi il leader più ammirato in tutto il mondo arabo, oggi ispira repulsione alla maggioranza dei sunniti, che chiamano il suo partito "Hizbushaytan", il "Partito del Diavolo", a dileggio del nome che significa "Partito di Dio".
"E' stato versato troppo sangue, troppe vite sono andate perdute, troppa sfiducia è stata diffusa. Sarà molto difficile per Hezbollah rimediare ai guasti della propria immagine presso la maggioranza dei siriani sunniti" afferma Randa Slim, che si occupa di Hezbollah al Middle East Institute di Washington.
Poche cose fanno pensare che l'Iran, che comanda la lotta perché il governo di Assad resti al suo posto, voglia passar sopra a quanto fatto dall'opposizione siriana in modo da rafforzare i legami già deboli che ci sono tra sunniti e sciiti. Al contrario, negli ultimi mesi l'Iran ha raddoppiato il proprio impegno nei confronti di Assad, organizzando numerose milizie in stile Hezbollah e dislocando milizie sciite e Guardiani della Rivoluzione in un'area che va dall'Iraq all'Afghanistan fino al Pakistan.
Una presenza fondamentale per i progressi iraniani
"I comandanti militari iraniani hanno liberato l'85% del territorio siriano prima in mano all'opposizione, in un momento in cui Assad si era rassegnato alla sconfitta". Questo è quanto riferito questa settimana da Hussein Hamdani, un generale al vertice dei Guardiani della Rivoluzione, all'agenzia di stampa iraniana Rasa.
I militari iraniani hanno riconosciuto il ruolo vitale che Hezbollah ha svolto nell'agevolare l'espansione dell'ifluenza che la Repubblica Islamica dell'Iran esercita in Siria ed in altri territori mediorientali come l'Iraq, lo Yemen e Gaza.
Secondo Phillip Smyth, ricercatore all'Università del Maryland e curatore del blogo Hezbollah Cavalcade sul militarismo sciita in Medio Oriente, "Si tratta di enormi passi avanti per loro [per gli iraniani]: è una cosa enorme. Si poteva pensare che qualche anno fa, prima che scoppiasse la crisi, sarebbero arrivati ad avere tutta questa influenza in Siria?"
Associare Hezbollah ad un pasticcio stile Vietnam è ironico. Alla fine degli anni Novanta l'analogia con il Vietnam fu applicata all'occupazione della fascia confinaria nel Libano meridionale ad opera dello stato sionista. Le truppe sioniste venivano attaccate praticamente ogni giorno da combattenti di Hezbollah che avevano solo armamenti leggeri, e alla fine ne furono cacciate a maggio del 2000.
Eppure, l'analogia col Vietnam era errata all'epoca per lo stato sionista almeno quanto lo è oggi per Hezbollah. Tra Washington e Hanoi ci sono ottomilatrecento miglia: gli ufficiali sionisti dicevano sempre che i villaggi sciiti che sostenevano Hezbollah erano a meno di un miglio dagli insediamenti di frontiera tra stato sionista e Libano.
Il sostegno della base sciita
Per giustificare l'intervento di Hezbollah in Siria, Nasrallah ha usato lo stesso argomento: la vicinanza del nemico.
"Se quei gruppi [estremisti sunniti] riescono a prendere il controllo delle zone vicine alla frontiera libanese, finiranno per costituire una minaccia per tutti i libanesi, musulmani o cristiani che siano", disse in un discorso nel maggio del 2013.
Questa argomentazione ha aiutato Hezbollah a mantenere il sostegno della sua base sciita anche durante il proprio intervento in Siria, nonostante il ritorno di fiamma rappresentato nel corso dell'ultimo anno da molti attacchi suicidi avvenuti nelle aree del Libano popolate da sciiti, che hanno provocato decine di morti e centinaia di feriti. Persino alcuni cristiani hanno smesso di criticare Hezbollah in considerazione del profilarsi della minaccia rappresentata da uno Stato Islamico che si è stabilmente insediato a ridosso della frontiera nordorientale del paese. Un fatto che viene considerato peggiore delle ripercussioni seguite all'intervento di Hezbollah in Siria.
Nei villaggi sciiti del Libano meridionale e della valle della Bekaa le gigantografie coloratissime dei caduti in Siria sono affisse accanto a quelle ormai scolorite dal sole dei caduti nelle precedenti battaglie contro lo stato sionista. Per chi appartiene a Hezbollah non esiste differnza tra i nemici di un tempo nel Libano del sud ed i nemici di oggi in Siria.
"Pensiamo che combattere contro i takfiri sia come combattere contro i sionisti", dice il sindaco -apparenente a Hezbollah- di un paese nel Libano meridionale. Il vocabolo takfiri viene usato per descrivere gli estremisti sunniti che considerano apostati tutti quelli che non condividono la loro interpretazione letterale dell'Islam. "La Siria non è il nostro Vietnam. Lo stato sionista sostiene i takfiri per metterci alla prova e per indebolirci, ma di fatto ci sta rendendo più forti".
Lo stato sionista prende atto della situazione
Hezbollah è indubbiamente migliorato molto in Siria dal punto di vista militare ed ha imparato a combattere in una varietà di ambienti che vanno dalle montagne deserte alle piane coltivate, fino ai densamente abitati sobborghi delle grandi città. I progressi sul campo compiuti da Hezbollah non sono passati inosservati nello stato sionista.
I comandanti di Hezbollah "stanno imparando a dirigere l'impiego dei singoli combattenti, a coordinare i servizi di informazione con il potere di fuoco, la catena di comando e di controllo. Si tratta di sviluppi preoccupanti che impongono anche a noi di provvedere di conseguenza", ha affermato un anonimo ufficiale sionista in una dichiarazione che risalirebbe a settembre scorso e che ha avuto ampia diffusione sulla stampa.
Abu Ali è un combattente esperto e ha più volte servito in Siria per Hezbollah; a suo dire, il coinvolgimento nella guerra in Siria ha reso Hezbollah più forte.
"C'è stata Qusayr: non importa più dove ci mandano. Siamo capacissimi di tutto", ha detto prima di partire per un altro turno di servizio in Siria.
Certo, Abu Ali non si aspettava che la guerra sarebbe finita presto. "La guerra continuerà ancora per anni", dice, "ma non ci importa: stiamo vincendo noi".