Traduzione da Conflicts Forum.
Nell'ultimo scritto abbiamo citato il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti. "La questione è parte non secondaria della strategia che stiamo adottando sul terreno: se quel governo [Baghdad, N.d.A.] non fa quello che si ritiene faccia, dobbiamo cercare un'altra volta di mettere le forze di terra locali -sempre che vogliano ancora stare a nostro fianco- in condizioni di mantenere stabile il paese. Solo che non ci sarà un solo stato, in Iraq".
Poi abbiamo riferito che gli USA considerano lo YPG -un affiliato siriano al PKK- come caso esemplare per la messa in pratica di questa strategia. Abbiamo anche considerato che la pura e semplice prospettiva che lo YPG fondi un territorio curdo nel nord della Siria sarebbe sufficiente a sconvolgere politicamente tutta la regione.
Il governo turco è piuttosto sicuro che questo possa accadere, sicché ha reagito alzando il livello dello scontro ed ordinando immediatamente ad una divisione dell'esercito regolare di attraversare la frontiera per prendere il controllo della enclave di Jarabulus che si trova attualmente sotto il controllo di an Nusra, per evitare che cadesse nelle mani dello YPG. Un'incursione del genere, che dal punto di vista del diritto è un atto di guerra, avrebbe senza dubbio scatenato una escalation da parte degli alleati della Siria. L'esercito turco ha risposto picche all'ordine governativo, ed ha avuto buon gioco considerando che l'esito incerto delle elezioni fa del governo attualmente in carica qualcosa che può occuparsi solo degli affari correnti.
Il 2 luglio 2015 il britannico Daily Telegraph ha riferito che "alti ufficiali di paesi del Golfo e di altri stati" avevano riferito al Telegraph che "Gli Stati Uniti hanno bloccato il tentativo da parte dei loro alleati mediorientali di consegnare per via aerea armi pesanti ai curdi [in Iraq] e che questi ultimi hanno annunciato che "avrebbero fatto da soli" rifornendo i curdi di armamenti anche se questo avrebbe significato aggirare le autorità irachene e i loro spalleggiatori ameriKKKani, che pretendono che tutte le armi arrivino per tramite di Baghdad".
Lo scopo ostentato di questa ulteriore "attivazione" dei curdi, a sentire quelli del Telegraph, è rappresentato dal metterli in condizioni di poter combattere lo Stato Islamico. Se si prosegue nella lettura però diventa chiaro che i paesi del Golfo vogliono armare specificamente i Peshmerga. E' bene essere chiari: la cosa non ha molto a che vedere con lo Stato Islamico, e qui il Telegraph racconta qualche balla. Lo scopo fondamentale è quello di puntellare un Barzani indebolito -che a quanto rivelano alcuni cablo diplomatici sauditi resi pubblici è un fedele alleato dell'Arabia Saudita, oltre che dello stato sionista- nella lotta in corso contro altre fazioni curde tra le quali c'è lo YPG che è ostile a Barzani, sta acquistando il predominio e resta vicino al Presidente Assad.
I paesi del Golfo si sono uniti anche loro al baraccone di quelli che attivano gente che gli faccia la guerra per procura, e le loro vere intenzioni sono chiare: aggirare Baghdad ed indebolirne l'autorità. In pratica, fare a pezzi l'Iraq come la Siria.
Di tutti i casi di "abilitazione" che alla fine riusciranno a ridurre in briciole l'Iraq o la Siria, questo non è che un esempio. Ce ne sono altri: anche la Giordania sta pensando di armare le tribù sunnite della provincia di Anbar grazie a finanziamenti sauditi (fonte: Al Quds al Arabi, 29 giugno) e di servirsi di an Nusra, vale a dire di al Qaeda, per farle mettere in piesdi una "zona di sicurezza" a Daraa e nella Siria meridionale.
Anche in questo caso l'iniziativa viene presentata come utile a combattere lo Stato Islamico. Solo che se dovesse divenire realtà istituzionalizzerebbe i rapporti che ci sono tra le tribù sunnite giordane e quelle della provincia irachena di Anbar, che metterebbero in piedi un nuovo centro di potere in Iraq in contrapposizione a qualsiasi governo a guida sciita. E gli sciiti in Iraq sono la maggioranza assoluta, pari al sessanta o settanta per cento della popolazione. Su questa "espansione" dello stato giordano nelle zone arabe sunnite dell'Iraq e della Siria, che trasformerebbe la Giordania in un nuovo centro di potere sunnita, sono in corso accese discussioni. Un editorialista giordano ha scritto: "La Giordania, al pari di altri paesi del Medio Oriente, rischia di rimanere vittima di sabotaggio e frammentazione.... Oppure potrebbe dirsi essa stessa un incubatore per gli arabi sunniti. In sostanza, o ci espandiamo secondo una nuova modalità, o cessiamo di esistere!". Vari paesi europei in passato si sono baloccati con l'idea di una tresca del genere, allo scopo dichiarato di "bilanciare" l'influenza iraniana in Iraq.
I funzionari giordani si affannano a garantire che non hanno intenzione di mettersi contro Baghdad, eppure la Giordania, come gli stati del Golfo, considera Baghdad "l'espressione dell'aborrito settarismo che permea di sé le élite e l'attuale governo [iracheno]" (Al Quds al Arabi, 20 giugno).
Come ha recentemente scritto Foreign Policy,
Anche consegnare armi alle milizie sunnite rappresenta una decisione rischiosa. Prima di armare direttamente altre milizie di orientamento etnico o settario, sia i responsabili della politica statunitense che l'opinione pubblica dovrebbero capire meglio il passato dei nostri potenziali alleati, ed anche i loro possibili interessi per il futuro. E dovrebbero capire soprattutto quali potrebbero essere le conseguenze indesiderate dell'aver armato queste milizie sunnite.Secondo documenti recentemente resi pubblici provenienti dal predecessore dello Stato Islamico, ottenuti durante un raid statunitense-iracheno nel 2010 e pubblicati dal Combating Terrorism Center di West Point fanno pensare che alcuni dei politici sunniti iracheni di maggiore importanza abbiano collaborato col predecessore dello Stato Islamico nel 2009, quando il gruppo attraversò il suo periodo peggiore. Alcune di queste rilevanti personalità possono aver collaborato con lo Stato Islamico a vantaggio proprio, altre a vantaggio della comunità sunnita, altre ancora per indebolire la presa dei curdi nelle aree etnicamente miste a nord del paese. La minaccia dello Stato Islamico oggi come oggi ha imposto la sordina a quest dinamiche, ma c'è da pensare che esse riemergeranno se e quando le condizioni di sicurezza saranno migliorate. Adesso, alcuni di quegli stessi uomini politici stanno facendo lobby negli Stati Uniti perché le milizie che fanno capo ai loro rispettivi feudi ricevano denaro ed armi...Le voci ricorrenti affermano che lo Stato Islamico deve la posizione che occupa nella lotta politica a carattere settario in Iraq alla confusione che seguì il ritiro degli Stati Uniti. Fu quello il momento in cui i sunniti iracheni vennero lasciati a difendersi da soli dal dispotico governo centrale favorevole agli sciiti. La recrudescenza dello Stato Islamico in Iraq nel 2013 e nel 2014 si è verificata in u momento in cui la minoranza sunnita del paese era propensa ad accettare il gruppo [lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante] considerandolo un baluardo contro la marginalizzazione politica e contro la repressione per mano del governo allora presieduto da Nouri al Maliki.Nei mass media e nei luoghi della politica statunitense questo modo di vedere le cose è stato predominante, per cui al Maliki e i suoi alleati sciiti nel governo iracheno portano il marchio della colpa per aver soffiato sul fuoco delle nuovamente inasprite frizioni settarie, lo stesso che ha permesso allo Stato Islamico di affermarsi un'altra volta e di scatenare la brutale campagna che ha lasciato il mondo attonito.I nuovi documenti pubblicati dal CTC invece indicano che le voci ricorrenti vanno considerate con attenzione. Sono ricchi di importanti implicazioni per comprendere lo scisma settario in corso in Iraq e di informazioni utili al dibattito attualmente in corso sul come stabilizzare il paese messo in ginocchio dalla guerra.
Insomma, i paesi del Golfo ed i loro alleati sembra abbiano l'intenzione di smontare pezzo a pezzo importanti compagini statali del Medio Oriente. Va detto che gli Stati Uniti ed i loro alleati, entro certi limiti, stanno cercando di dissuaderli dal procedere in questo senso, per esempio cercando di evitare che si scavalchi Baghdad mandando armi ai curdi. Solo che l'AmeriKKKa, l'Europa e lo stato sionista portano tutti parte della responsabilità e dei demeriti. La sala operativa che si trova a nord di Amnman "controlla", stipendia ed arma forze controllate da al Qaeda o an Nusra che dir si voglia, il cosiddetto "Esercito dello Hermon" in Siria, e ne fanno parte anche ameriKKKani e britannici, con lo stato sionista che "opera dietro le quinte". Per quanto tempo ancora gli stati europei pretenderanno di mandare in tribunale musulmani che sono cittadini europei -e di spedirli in galera a vita- per aver aiutato al Qaeda, quando loro stessi stanno facendo la stessa cosa?
Pare che i paesi del Golfo e i loro alleati, con lo stato sionista che agisce sottobanco, stiano portando a compimento la strategia esposta nel 1997 in "A Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm" ["Un taglio netto: una nuova strategia per il dominio"] , un brogliaccio neo-con buttato giù dopo che nello stato sionista i laburisti erano stati sconfitti alle elezioni del 1996, anno in cui era salito al potere il Likud di Netanyahu. Nel documento si proponeva "...Di dare un taglio netto a slogan come quelli che cercano una 'pace generale' [era l'obiettivo del partito laburista, N.d.A.] in favore di un concetto tradizionale di strategia basato sull'equilibrio dei poteri".
L'idea di arrivare ad una pace generale con tutti i confinanti dello stato sionista fu abbandonata in favore del concetto di pace selettiva con alcuni paesi (la Turchia e la Giordania, per la precisione) e di implacabile antagonismo nei confronti di altri (Iraq, Siria, Iran). Il peso specifico dei suoi alleati strategici avrebbe sempre fatto sì che l'equilibrio dei poteri rimanesse favorevole allo stato sionista, che avrebbe potuto usare la posizione di vantaggio per rovesciare i governi dei suoi avversari strategici utilizzando qualche "terza forza" controllata sottobanco oltre al "principio di prelazione". "Ridisegnando" in questo modo "la mappa del Medio Oriente", lo stato sionista avrebbe "plasmato la realtà regionale" e secondo le affermazioni degli autori sarebbe arrivato "non soltanto ad arginare i propri avversari, ma a superarli".
Ci si riferisce spesso a questo "A Clean Break" vedendovi il prologo della guerra in Iraq, ma ci si dimentica spesso che il documento aveva proposto il rovesciamento del governo in Iraq soprattutto come mezzo per "indebolire, contenere ed infine mettere all'angolo la Siria". Rovesciare Saddam in Iraq era solo una tappa in un cammino che doveva ostacolare e infine rovesciare il Presidente Assad nella confinante Siria. L'analista strategico statunitense Pat Buchanan così scrive: "Nella strategia di Perle, Feith e Wurmser il nemico per eccelelnza dello stato sionista è la Siria, ma la via per arrivare a Damasco passa per Baghdad".
Nel 2007, dopo la guerra del 2006 in cui lo stato sionista aveva fallito l'obiettivo di sbaragliare Hezbollah, il Daily Telegraph riportava un'affermazione di David Wurmser, il principale autore di "A Clean Break".
"Abbiamo bisogno di fare tutto quanto è in nostro potere per destabilizzare il governo siriano e sfruttare ogni singolo momento in cui esso dovesse sovraesporsi a livello strategico, ha detto David Wurmser, che di recente ha rassegnato le dimissioni dopo quattro anni in cui ha svolto le funzioni di consigliere per le questioni mediorientali per il vice Presidente Dick Cheney."Questo dovrebbe prevedere anche l'elevazione deliberata del livello dello scontro, per quel tanto che serve a rovesciare il governo se necessario". Secondo Wurmser la fine della presenza baathista a Damasco potrebbe innescare un effetto domino che finirebbe per coinvolgere anche Tehran".
Pare che l'Arabia Saudita ed i suoi alleati -con lo stato sionista che agisce da dietro le quinte- si siano in buona misura assunti la responsabilità di cercare di arrivare in fondo alla strategia descritta in A Clean Break. Il Presidente Obama ha pensato fosse necessario, dal punto di vista politico, assentire entro certi limiti al progetto, attenendosi comunque ad una "linea rossa" rappresentata dal non cacciare di nuovo e in modo determinante la macchina militare statunitense nel ginepraio mediorientale.
Che lo stato sionista voglia vedere Siria, Iraq, Iran e Libano frammentati in staterelli a carattere settario, tribale ed etnico è comprensibile: per quale motivo invece gli Stati del Golfo e i loro alleati nella regione dovrebbero dedicarsi con tanto impegno alla demolizione di grosse entità del mondo arabo? L'accreditato studioso ed editorialista indiano Aijaz Ahmad ha spiegato in poche parole, in una intervista del 2011, che
...La Siria è l'ultimo rappresentante rimasto del nazionalismo arabo così come lo si intendeva storicamente. La Siria si definisce ancora oggi socialista. Nonostante abbia varato riforme neoliberiste di ampia portata, il settore statale vi è ancora dominante. La Siria bandisce, alla lettera, la religione dalla politica. Non riconosce l'esistenza di partiti politici religiosi. La Siria è nemico storico dello stato sionista per molte ragioni diverse... laica, democratica -beh, non proprio democraticissima, ma laica e nazionalista araba, di un nazionalismo laico, repubblicano, antisionista ed antimonarchico che segue una politica sociale ed economica piuttosto progressista: per esempio ha distrutto gli ultimi retaggi di feudalesimo in Egitto.Ecco, la Siria è l'ultimo rappresentante rimasto di tutto questo. I sauditi, i qatarioti, le monarchie del Golfo odiano la Siria per vecchi motivi, la odiano in reazione al tipo di nazionalismo che essa rappresenta e questo odio è rinfocolato dal più recente allineamento compiuto dalla Siria sulle posizioni dell'Iran...Dai giorni della Dottrina Truman il mondo sunnita considera l'Islam come un baluardo contro ogni forza insurrezionale, nazionalista o comunista che sia, in questa parte del mondo. Uno dei più importanti capi dei Fratelli Musulmani, con tutto un gruppo di aderenti, fu ben accolto da Eisenhower alla Casa Bianca. La sintonia con i Fratelli Musulmani risale a quei tempi... Ed è lo stesso processo che ha portato gli jihadisti in Afghanistan. L'Islam avrebbe combattuto il nazionalismo arabo e il comunismo... [gli imperialisti] li hanno sconfitti ovunque [grazie a questo accordo] e la Siria viene considerata un nemico dello stesso genere, ovvero l'ultimo nemico del genere che sia rimasto da sconfiggere.Certo, qualcuno che storce il naso c'è sempre, c'era in Libia e c'era in Siria, per un sacco di ragioni. Ma in Siria erano davvero molto pochi ad essere scontenti. Storicamente i Fratelli Musulmani vi potevano contare su una base molto ridotta. Negli anni Sessanta e all'inizio dei Settanta erano abbastanza potenti... Ma il governo li teneva a freno molto bene. Quindi, in Siria c'erano i Fratelli Musulmani, e molti intellettuali in esilio a Parigi, soprattutto a Parigi anzi, ed anche altrove... Gli ameriKKKani e l'Occidente sapevano fin dall'inizio che la loro unica possibilità in Siria sarebbe stata quella di impiantare una cosiddetta "zona liberata", magari al confine con la Turchia, che sarebbe potuta diventare una specie di Bengasi... che sarebbe potuta diventare terreno per intervenire militarmente.Sapevano che non ci sarebbe stata alcuna insurrezione popolare del tipo che si è verificato in Egitto. In Siria sono in troppi a temere i Fratelli Musulmani. La Siria è un paese autenticamente laico, e di gran lunga: oltretutto il venticinque per cento della popolazione è fatto di minoranze di vario genere ed il fatto che il governo di Assad insista decisamente sul laicismo permette a questo venticinque per cento di confidare molto nello stato. Non c'era quindi alcun terreno utile. Tutto questo è stato orchestrato di proposito, fin dal principio.