Quando deve rivoltarsi contro le moschee,
Francesca Lorenzi si fa chiamare "San Jacopino" o anche "Il quartiere".
 
I pennaioli de "La Nazione" (sì, quella gazzettina lì) tengono le rivolte in ben strano concetto, al pari del gazzettaio in generale.
L'undici giugno del 2016 hanno scribacchiato appunto di un quartiere in rivolta e di un rione arrabbiato.
La faccenda pare grave.
Una sommaria scorsa dei flash di agenzia però non fa notare nulla di strano: niente sedi della gendarmeria incendiate, nessuna armeria saccheggiata, niente interruzioni nelle linee telefoniche, niente problemi di traffico quando basta il più inoffensivo dei cortei per procurarne qualcuno, niente centri commerciali con le vetrine fracassate, niente simboli del potere ammucchiati ai crocevia in attesa del rogo, niente comunicati da parte di qualche comitato di insorti.
Men che meno luoghi di culto danneggiati in qualche modo.
Sicché viene da pensare che abbiano esagerato.
Anche perché se qualcuno si azzarda a fare appena appena un po' più sul serio, invece di lodarne l'intraprendenza "La Nazione" ne trae di che tirare avanti almeno quindici giorni col solito gnè gnè, battuta in questo solo da quel morto in piedi di Paolo Ermini e dal suo "Corriere Fiorentino", di prassi abituati a contare pisciate e scritte sui muri e a concedere taumaturgicamente di esistere o meno ad ambienti, organizzazioni e persone che hanno almeno la signorilità di trattare gazzette e gazzettisti con meno di un millesimo del disprezzo che meriterebbero.
 
 
Poi si va a leggere l'articolo e si scopre che il quartiere in rivolta ed il rione arrabbiato si chiamano Francesca Lorenzi.
Se ne conclude che Francesca Lorenzi quando deve rivoltarsi contro le moschee cambia nome in San Jacopino.
Detto Il Quartiere dagli amici.
O forse in Il Quartiere, detto San Jacopino. Chissà.
Francesca Lorenzi è indispettita per ragioni sue con un gruppo di credenti che si ritrova per la preghiera del venerdi in uno dei fondi commerciali dismessi di cui Firenze gronda, specie nei quartieri periferici.
Solo che è difficile rivoltarsi da soli, quale che sia il motivo, specie se si pesa una sessantina di chili scarsi e se il bersaglio della rivoltosa insurrezione è rappresentato da un fitto gruppo di maschi adulti già alle prese con le difficoltà della vita quotidiana in un "paese" di gazzettieri impiccioni e di cialtroni incompetenti, ed ipso facto con pochissima voglia di scherzare.
Meglio ricorrere alla delazione tramite giornalino e sperare che il colpo vada a segno.
Speranza fallace, se si vuole infierire coi giochi di parole.
Non sapendo letteralmente a cosa attaccarsi, la Rossella Conte che firma il pezzo è costretta ad allungare la broda con note incredibili. Una spiata fra gli spiragli della ex cartoleria, maledizione, non ha messo in luce né rastrelliere di AK47 né autobombe in via di approntamento. E dire che ci sperano tanto.
 
All’interno l’arredamento è spoglio, fatta eccezione per i lunghi tappeti, molto morbidi dove i musulmani pregano comodi.
 
Come si azzardano. Abbiano almeno il buon gusto di inginocchiarsi sull'impiantito di graniglia.
Ma non basta.
 
Spesso all’esterno, denunciano i residenti, ci sono decine e decine di scarpe lasciate in strada, una accanto all’altra.
 
Insomma, scarpe in divieto di sosta.
Addirittura appaiate.
In attesa della Delta Force si chiami almeno il carro attrezzi.
Ma poi, peggio del peggio,
 
sembrerebbe che "ogni venerdì – raccontano – ci siano delle riunioni di preghiera, senza alcuna formale comunicazione e richiesta di autorizzazioni.
 
Si immagini la faccia di un sottufficiale della gendarmeria che vede presentarsi una denuncia con motivazioni del genere.
 
"Non accettiamo zone franche dell’illegalità, tanto più in un momento di massima allerta terroristica" si ribella il quartiere.
 
Le ribellioni, come si è detto, sono una cosa un po' più seria.
Sarebbe una cosa un po' più seria anche la "legalità", ma gli "occidentalisti" ne hanno un concetto tanto singolare quanto ben noto alle persone serie, sul quale è inutile soffermarsi oltre.
Ed il "momento di massima allerta terroristica" va avanti da una quindicina d'anni con i risultati che sappiamo e che solo le gazzette e le Francesca Lorenzi (alias San Jacopino, alias Il Quartiere) fanno finta di non conoscere.
Ovviamente
 
"Non abbiamo niente contro queste persone – dice – ma ci vorrebbe più controllo, non vogliamo che San Jacopino, un quartiere già con tanti problemi, si trasformi in un ghetto da cui tenersi lontani". La paura, infatti, è che in questi posti si infiltrino persone con doppi fini che non farebbero altro che peggiorare le condizioni di vita del quartiere.
 
Insomma, si mandi la polizia politica e speriamo che salti fuori almeno qualche Adidas con la matricola limata.
Quali siano questi doppi fini e in che modo potrebbero peggiorare le condizioni di vita del quartiere non è ovviamente dato saperlo. Quando si arriva al perché di certe iniziative e alle distinte dettagliate di rischi e pericoli concreti gazzettieri e committenza diventano stranamente laconici: probabilmente gli passa persino la voglia di contare le paia di scarpe. Il rischio più probabile è che durante gli incontri del venerdi qualcuno tratti il Grande Satana da Grande Satana e lo stato sionista da stato sionista, ma l'obiettività e l'indipendenza cui certi signori dicono di tenere tanto non arrivano neppure a fargli mettere nero su bianco un dato di fatto che le persone serie trovano del tutto ovvio, logico e normale.
In questa sede non si riconosce alcun diritto all'oblio; qualche tempo fa ha avuto ad accorgersene un certo Matteo Calì, cacciato da un convegno in cui doveva essere il relatore principale grazie ad uno scritto in cui ci limitavamo ad avanzare qualche considerazione poco condiscendente sulla sua persona e sulla sua competenza.
 
Un motore di ricerca qualsiasi è dunque sufficiente perché dal recentissimo passato di Francesca Lorenzi emerga una candidatura alle elezioni amministrative per una formazione "occidentalista", finita con il plebiscito di trentotto preferenze su oltre centoottantasettemila voti validi.
Su Youtube esiste anche una negletta videointervista di propaganda, in cui questa Lorenzi lamenta il proprio status di drop out dal mercato del lavoro in un ambiente arredato con cura ed eleganza, che fa ovviamente a pugni con la perentoria tristezza di una simile condizione.
La cosa fa pensare che non ci sia da preoccuparsi eccessivamente per le sue condizioni economiche, tanto più che si è laureata in agraria a trentasei anni rispettando con ossequio la tradizione che vuole i politici "occidentalisti" invecchiare in ateneo fin quando non si libera un posto in qualche ministero.
Esiste anche una schedatura sul Libro dei Ceffi in cui si inventariano cani, roba di pallone ed altro ciarpame conformista ed inutile, come in milioni di altre schedature conformiste ed inutili. La mala parata elettorale ha anche consigliato alla Lorenzi di mettersi a trescare con un divorziato fannullone e in sovrappeso incapace di laurearsi anche in dodici anni ma sperabilmente in grado di farle raschiare qualche preferenza in più al prossimo giro di ruota.
In chiusura dell'articolo interviene una certa Arianna Xekalos, cui devono aver chiesto aiuto per avere un avallo minimanente autorevole. Purtroppo per chi ha ideato questa roba si tratta con ogni evidenza di altre braccia sottratte alle costruttive fatiche del lavoro domestico, che altro non hanno saputo fare che caldeggiare la nuova fattispecie di reato di scarpa in divieto di sosta. La formazione politica cui appartiene questa Xekalos è il "Movimento Cinque Stelle", da considerare a buon diritto il successore dei partiti "occidentalisti" per quanto riguarda la preparazione e la competenza dell'elettorato passivo.