L'ultimo giorno dell'anno 2016 a Firenze è stato festeggiato a cura dell'amministrazione con il concerto di uno dei sempre più insignificanti autori di musica leggera sfornati a leve intere dal mainstream, di quelli che fanno senz'altro concludere che tutto quanto attiene a quel mondo possa essere serenamente considerato parte dei problemi e che non vi sia comunque alcun motivo per interessarsene.
Per evitare che lo Stato Islamico in persona piombasse (magari con un autospurgo) sulle adolescenti appostate per l'intera giornata a due gradi sotto zero in attesa di uno che canta di cuori infranti e roba così, la gendarmeria e i politici locali hanno fatto del loro meglio. Prefiltraggi come per le bestie del pallonaio, divieto di seminare il panico con razzetti, fischioni e petardi vari, metal detector, blindati, personale armato ed altre cose del genere.
Intanto a Roma con una firma su un foglio si stabiliva
la riapertura dei campi di concentramento, quelli che sono costati censure piuttosto aspre alle compagini governative peninsulari proprio ad opera di quegli organismi sovranazionali che solitamente si evita di inimicarsi e che magari si invocano frignando quando c'è da esportare la democrazia a casa di chi non desidera affatto trovarsi tra i piedi merce difettosa.
Poi si viene a sapere che qualcuno ha sistemato un ordigno rudimentale non troppo lontano da adolescenti, cantanti e tutto il resto, e che ne ha fatto le spese un artificiere della gendarmeria.
Poteva succedere qualcosa di molto peggio, con tanti saluti ai metal detector, agli auguri di capodanno e quant'altro.
Una disconferma piuttosto secca della propaganda governativa ed una conferma ai limiti dell'ovvio di quello che pensano i realisti; se qualcuno vuole ricorrere a certi sistemi lo fa, e basta.
Il principio di realtà è il peggior nemico di politici e gazzettieri "occidentali", che dicono di odiare queste sue incursioni più di ogni cosa al mondo.
Miguel Guillermo Martinez Ball ha approfittato della giornata di calma per omaggiarlo, con una di quelle analisi gelide per le quali gode di un certo credito presso le persone serie e che riportiamo qui per intero.


Dal sito Airwars, apprendo alcuni dati interessanti sulla campagna di bombardamenti aerei contro il cosiddetto Stato Islamico.
La campagna è in corso da 872 giorni, sono stati buttati quasi 63.000 bombe e missili in oltre 17.000 azioni e si stimano almeno 2.000 civili uccisi. Delle vittime militari non ci viene detto nulla, anche se sarebbero quelle più utili per valutare l’efficacia della campagna.
Morale della favola: lo “Stato Islamico” è ancora saldamente in piedi.
 
Per i bombardamenti del 25 dicembre scorso, i piloti americani buontemponi si sono messi i cappellini da Babbo Natale
 
La risposta dello “Stato Islamico” consiste in una serie di azioni, per la maggior parte in Medio Oriente e di cui non ci occuperemo qui; ma anche alcune in “Occidente”.
E’ difficile fare un confronto preciso, comunque nel 2015, secondo l’Europol, nell’Unione Europea, ci sono stati 17 attentati “jihadisti” (riusciti o falliti) con 150 vittime.
Per avere un’idea, lo stesso anno 13,286 persone persero la vita a causa di armi da fuoco nei soli Stati Uniti. E anche se le due cifre non sono perfettamente paragonabili, colpisce l’elegante sproporzione degli attacchi: 17 dell’Isis, 17.000 contro l’Isis.
Le vittime europee dell’Isis (ma in realtà non tutti gli attentati del 2015 erano legati all’Isis) sono  insignificanti anche sul sul piano militare, mentre possiamo presumere che i 17.000 bombardamenti anti-Isis abbiano colpito, fosse anche solo per sbaglio, qualche combattente o qualche deposito d’armi.
Consideriamo poi che gli attacchi contro l’Isis hanno comportato pochissime perdite per gli attaccanti, mentre quasi tutti gli attacchi condotti dai “jihadisti” hanno comportato perdite dirette del 100%,  oltre a un numero successivo di arresti superiore a quello delle vittime stesse.
Cosa pensare di un esercito costituito da pochissimi volontari, disposto a perderne tre pur di far fuori una sola innocua casalinga?
Se lo scopo fosse davvero quello di “colpire i nostri valori” o addirittura “conquistare l’Occidente”, sarebbe la strategia più autolesionista mai ideata.
Però non è affatto demenziale, se pensiamo che si cerca sostanzialmente di creare uno spettacolo, che susciti alcune reazioni automatiche. Anche perché non dobbiamo mai dimenticare che mentre un “occidentale” possiede un solo mondo, la maggioranza degli abitanti del pianeta, di mondi ne possiede diversi e non sono cretini.
Una caratteristica delle azioni dell’Isis (a differenza di quelle di al-Qaeda) è la provocazione: fanno proprio i cattivi, in un mondo in cui anche i peggiori mostri cercano di farsi vedere buoni. Questo comportamento garantisce un fascino spettacolare straordinario. I giornalisti campano scovando mostri, ed ecco un vero mostro che regala loro, che so, un video di un gruppo di bambini che sgozza dei prigionieri? Permette di ottenere una visibilità mediatica incredibile, a un costo almeno economico ridicolo.
La visibilità mediatica offre molti vantaggi, tra cui il primo è quello di creare l’illusione che il mondo sia diviso in due parti confrontabili tra di loro: da una parte, tutte le potenze politiche, economiche e militari del pianeta, dall’altra un piccolo gruppo di squinternati.
Ma soprattutto serve a suscitare reazioni di estrema ostilità. Idealmente, lo spettatore deve essere indotto a pensare che queste piccolissime e fallimentari azioni di pochi siano il principale problema del mondo; e che bisogna fare qualcosa subito.
E poiché è impossibile fare qualcosa contro un attentatore che ci ha già lasciato le penne, il “qualcosa” deve necessariamente prendere una delle seguenti forme:
1) Il rafforzamento dei dispositivi di sicurezza ovunque: lo Stato deve spendere somme enormi per blindare luoghi, nessuno dei quali sarà attaccato (tanto, un posto non blindato si troverà sempre); e lo spettacolo militare non fa che ricordare in ogni momento lo spettacolo dell’attentato che lo giustifica.
Perché mai i cattivi monoteisti dovrebbero scegliere proprio il Colosseo, che non era nemmeno un santuario politeista?
Ma tutto fa spettacolo e anche questo potrebbe essere un ottimo sfondo televisivo
 
2) Spingere ad “attaccare la base del nemico“: ma questo è da sempre l’obiettivo – peraltro dichiarato – dell’Isis. Attirando Europa e Russia in Siria, si spera di ripetere il miracolo dell’Aghanistan, dove fu distrutta l’Unione Sovietica.
3) Spingere i non musulmani contro gli immigrati musulmani. La pressione antislamica dovrebbe rimandare idealmente tanti musulmani in paesi islamici, dove saranno coinvolti nella lotta militare; ma di quelli che restano, milioni smetteranno di essere indifferenti e per difendersi contro i governi e le masse dei non musulmani, inizieranno ad armarsi e combattere, creando un focolaio inestinguibile all’interno del territorio nemico. Ripetendo così la parabola del sionismo, che potè conquistare la simpatia di tanti tranquilli ebrei solo grazie all’aiuto dei pogrom zaristi e delle persecuzioni naziste.
Per smascherare il meccanismo, dobbiamo innanzitutto liberarci dall’idea narcisista che i “terroristi odino i nostri valori”, dove “nostri valori” indica un confuso misto di Gay Pride e crocifissi nelle aule scolastiche.
Ricordiamo che  per i cattivi esistono cose infinitamente peggiori di entrambi, ad esempio, secondo loro, striscerebbero su questo pianeta degli esseri immondi che crederebbero che Ali fosse vissuto senza peccato, o che visitare la tomba di Hussein salvi dall’Inferno, i criminali seguaci del giudeo Abdullah ibn Saba, del furbo Harmuzan zoroastriano che finse di farsi musulmano e del trinodeista cristiano, Jafina al-Khalil, i tre che tramarono nell’ombra per assassinare il califfo Omar e distruggere per sempre l’Islam.
Nota: per correttezza, si ricorda che l’Isis di cui stiamo parlando non è l’Isis a cui appartiene Magdi Allam.