Firenze non cessa di produrre e di ospitare un certo numero di persone serie piuttosto allergiche alle ciance che la feccia con la cravatta produce a ritmi più serrati del solito in occasione delle consultazioni elettorali. 
Invece di perdere tempo col Libro dei Ceffi, queste persone serie usano i vecchi sistemi del volantino, del manifesto e dell'affissione. Ed espongono quello che pensano in paragrafi stringati, che se ne fregano dei tag, degli emoticon e della correttezza politica e curano invece di avere la memoria un po' più lunga di quanto gradirebbero quelli che "non ci sono alternative, è l'Europa che ce lo chiede".
Lo stato che occupa la penisola italiana è nominato nel documento originale; ce ne scusiamo come sempre con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.


Gli aguzzini del mare e del deserto 
La politica del governo italiano in Libia 
 
 Ciò che accade al largo delle coste e all'interno del territorio libico è davvero rappresentativo dei tempi ignobili in cui viviamo. 
Con lo spudorato pretesto della lotta ai trafficanti di uomini, lo Stato italiano sta lautamente finanziando signori della guerra. Guardie e milizie (quello che si definisce maldestramente "governo libico") per il controllo e l'internamento di massa dei poveri in fuga. Pattugliamenti e respingimenti sulle coste del Mediterraneo, detenzione nei campi di concentramento libici di circa 600.000 persone, costruzione di un muro nel deserto lungo il confine con il Niger, il Ciad e il Mali. Le stesse milizie che si sono arricchite per mesi con i viaggi della disperazione, ora sono pagate per impedirli. Sono le stesse milizie a cui l'Eni delega la difesa armata dei propri pozzi. Nei 34 campi di concentramento (di cui 24 nel territorio controllato dal governo di Tripoli, alleato dell'Italia) si praticano quotidianamente torture, violenze, stupri. L'importante è che la merce umana non richiesta non venga a turbare i bisogni di ordine e sicurezza in Italia e in Europa. Il resto non è affar nostro, giusto? D'altronde, con la Turchia di Erdogan non si sono stipulati gli stessi accordi? 
Nel grande caos seguito ai bombardamenti della Nato nel 2011 (proprio quando stavano scadendo le concessioni petrolifere alle potenze occidentali) i governi d'Italia, Francia e Inghilterra hanno cercato di farsi le scarpe a vicenda rinegoziando con le bombe e con i soldi la propria influenza nell'area. 
Lo stato italiano, di cui Gheddafi è sempre stato un ottimo alleato, non poteva certo perdere il proprio potere sull'ex colonia. La "ricostruzione" che i democratici annunciano ora in Libia in cambio del muro anti-immigrati è la continuazione di ciò che le loro bombe avevano cominciato. Le varie signorie libiche usano l'arma dei migranti da lasciar partire per contendersi i soldi e la legittimazione internazionale. Ciò che ogni potenza riconosce come "governo" è solo la banda di assassini più spietata e più affidabile. Così come la partecipazione alla guerra è stata spinta all'epoca dal sinistro Napolitano, è oggi uno sbirro del partito democratico come Minniti a pavoneggiarsi di aver ridotto gli sbarchi. L'Eni intanto ha aperto altri nove giacimenti petroliferi nei circa 30.000 chilometri quadrati di territorio libico su cui governa. 
Altre aziende italiane sono pronte, con armi e bagagli. 
Si militarizzano la città in nome del cosiddetto antiterrorismo, poi si pagano le milizie jihadiste libiche per i propri interessi. 
Si ciancia di diritti democratici, ma l'unico diritto che hanno milioni di poveri è quello di crepare. Non si scomoda più la nozione di "razze inferiori", ma il risultato è lo stesso. 
Mentre tanti nostri simili sprofondano nel terrore, attaccare i signori lo sfruttamento della guerra è il solo modo per non sprofondare in una disumana indifferenza. 
Se non lo avete capito, si parla anche di noi.