Runner Pizza è una rete di pizzerie di Firenze che fa portare le pizze a casa dei clienti da un fitto gruppo di lavoranti con lo scooter.
Negli ultimi anni andare a imboccare a domicilio gente talmente pigra da non saper metter un piede davanti all'altro fino alla rivendita all'angolo (a Firenze esiste una mangioteca ogni due isolati e si tratta di una stima per difetto) e talmente incompetente da non saper cucinare per proprio conto è diventato un andazzo -pardon, un trend- molto rilevante nella microeconomia dei contesti urbani.
Ci sono gazzette che sostengono che Runner Pizza è una delle aziende che vogliono Firenze sempre più smart city, qualsiasi cosa voglia dire.
E chi siamo noi per contraddirle.
Il 26 maggio 2018 il borgomastro di Firenze Dario Nardella elogiava la Runner Pizza per aver adottato scooter elettrici.
L'amministratore delegato Tiziano Capitani teneva un discorso pieno di ottime intenzioni:
“La Runner è un’azienda che per dimensioni e vocazione potrà diventare un esempio di come la sensibilità alle problematiche ambientali possano rendere possibile l’impiego di tecnologie di avanguardia ed energie rinnovabili su larga scala, specialmente nell’ambito dei servizi di logistica. Il percorso è segnato, l’azienda è convinta di procedere all’utilizzo di nuove tecnologie e fonti di energia alternative anche presso i laboratori diffusi sul territorio. Il cammino non è breve, ma lo pensiamo inesorabile. Da oltre 15 anni l’innovazione fa parte di noi. Vorremmo che entro due anni almeno il 50% dell’energia necessaria alla produzione dei prodotti provenga da fonti rinnovabili… sarebbe bello che le aziende toscane specializzate nel settore ci aiutassero, perché noi gli obiettivi li vogliamo raggiungere davvero!”
Solo che le ottime intenzioni sono una cosa, la realtà è un'altra.
Nella realtà l'innovazione fa così parte di loro, specialmente nell'ambito dei servizi di logistica, che stando all'edizione cartacea de "La Repubblica" del 14 novembre 2018 Andrea Menicagli, quarantasette anni e tre figli, morì nel febbraio 2016 dopo un incidente.
Era caduto dallo scooter il suo primo giorno di lavoro e indossava un casco vecchio.
Era caduto dallo scooter il suo primo giorno di lavoro e indossava un casco vecchio.
Vecchio di oltre 15 anni.
La gazzetta su specificata indugia con puntiglio sulle condizioni di un arnese -i complicatori di cose semplici vogliono che lo si chiami dispositivo di protezione individuale- davvero poco in linea con tanti propositi innovativi, e ci dice che Tiziano Capitani, con tale Roberta Gussoni amministratore unico di una Rpcoop società cooperativa e tale Federico Piccioli, amministratore unico della cooperativa Well Done (espressione che a Firenze viene spesso scherzosamente tradotta con bel danno), è stato accusato di omicidio colposo.
Si viene così a sapere che per portare in giro delle cose da mangiare non basta fare ditta con qualcuno che suda sette camicie davanti a un forno e qualcun altro che si scapicolla qua e là in motorino. Ci vogliono una società e due cooperative: una fornisce lo scooter, una il casco, un'altra il lavoratore. Con il dettaglio, innovativo anch'esso, di una retribuzione il più delle volte davvero incoraggiante. Nel senso che è più un incoraggiamento che altro.
Post scriptum. L'8 dicembre 2018 la stessa gazzetta su citata nota l'assoluzione di Federico Piccioli. E si cura di specificare che "se ci sono state responsabilità nell'incidente non sono da imputare ai tre a processo perché il casco non rientra tra i dispositivi di protezione individuale che le aziende devono fornire".
Post scriptum. L'8 dicembre 2018 la stessa gazzetta su citata nota l'assoluzione di Federico Piccioli. E si cura di specificare che "se ci sono state responsabilità nell'incidente non sono da imputare ai tre a processo perché il casco non rientra tra i dispositivi di protezione individuale che le aziende devono fornire".