Il 7 ottobre 2023 le formazioni combattenti di Gaza hanno sorpreso i servizi di intelligence dello stato sionista, il suo governo e le sue forze armate e hanno sferrato una serie di attacchi estremamente sanguinosi.
La propaganda ha intensificato i toni, che sono gli stessi da decenni. Li abbiamo irrisi in molte occasioni e ne abbiamo scherniti gli alfieri, non è roba su cui valga la pena insistere.
Ilan Pappé è uno storico nato a Haifa nel 1954, ha fatto per decenni politica di estrema sinistra prima di abbandonare lo stato sionista e di trasferirsi nel Regno Unito.
Questa scritto è comparso il 10 ottobre su The Palestine Chronicle.


Non è sempre facile seguire la propria bussola morale. Se il suo nord è tuttavia rappresentato dalla decolonizzazione e dalla liberazione, essa vi farà probabilmente da guida per attraversare le nebbie dei veleni della propaganda.

È difficile tenere dietro alla propria bussola morale quando la società cui si appartiene -i suoi leader e i suoi media allo stesso modo- si arrocca moralmente e pretende che si condivida la stessa giustificata furia con cui ha reagito agli eventi dello scorso sabato 7 ottobre. 
Una sola cosa permette di resistere alla tentazione di unirsi ad essa: l'aver compreso prima o poi nella vita -sia pure come cittadini ebrei dello stato sionista- quale sia la natura colonialista del sionismo, ed essere rimasti inorriditi dalle sue politiche contro gli abitanti originari della Palestina.
Se avete acquisito questa consapevolezza non avrete dubbi, nemmeno davanti ad asserzioni velenose che ritraggono i palestinesi come animali o come "animali umani" [riferimento alla definizione loro riservata dal ministro della difesa dello stato sionista Yoav Gallant, n.d.t.]. Sono le stesse persone che insistono nel descrivere ciò che è avvenuto sabato scorso come uno "Olocausto" e abusano così della memoria di una tragedia immensa. Giorno e notte i media e i politici dello stato sionista veicolano istanze del genere.
È questa bussola morale che ha portato me e altri membri della nella nostra società a stare al fianco del popolo palestinese in ogni modo possibile: essa ci permette al tempo stesso di provare ammirazione per il coraggio dei combattenti palestinesi, che hanno conquistato una decina di postazioni militari surclassando l'esercito più forte del Medio Oriente.
Inoltre, persone come me non possono fare a meno di interrogarsi sul valore morale o strategico di alcune delle azioni che hanno accompagnato questa operazione.
Poiché siamo sempre stati sostenitori della decolonizzazione della Palestina, sapevamo che quanto più a lungo fosse continuata l'oppressione sionista tanto meno la lotta di liberazione sarebbe stata esente da critiche sul piano morale, come è successo per ogni giusta lotta di liberazione del passato in ogni parte del mondo.
Questo non significa che si debba perdere di vista il quadro generale, nemmeno per un minuto. Il quadro generale è quello di un popolo colonizzato che lotta per la sopravvivenza, in un momento in cui i suoi oppressori hanno eletto un governo deciso ad accelerare la distruzione -di fatto la cancellazione- del popolo palestinese, o addirittura della sua stessa pretesa di costituire un popolo.
Hamas doveva agire, e in fretta.
È difficile dare voce a queste controargomentazioni perché i media e i politici occidentali hanno assecondato la versione e la narrativa dello stato sionista, per quanto zoppicanti fossero. 
Mi chiedo quanti di coloro che hanno deciso di rivestire il Palazzo del Parlamento di Londra e la Torre Eiffel di Parigi con i colori della bandiera dello stato sionista capiscano veramente come questo gesto apparentemente simbolico venga accolto nello stato sionista.
Persino i liberali hanno dimostrato un minimo di decenza e hanno interpretato questo gesto come una completa assoluzione da tutti i crimini che i sionisti hanno commesso contro il popolo palestinese a partire dal 1948, e quindi come un concedere carta bianca perché vada avanti il genocidio che lo stato sionista sta oggi perpetrando contro la popolazione di Gaza.
Fortunatamente agli eventi che si sono svolti negli ultimi giorni ci sono state anche reazioni differenti.
Come in passato, ampi settori della società civile occidentale non si lasciano facilmente ingannare da questa ipocrisia che ha già fatto bella mostra di sé nel caso dell'Ucraina.
Molti sanno che a partire dal giugno 1967 un milione di palestinesi è finito in carcere almeno una volta nella vita. E con il carcere arrivano anche gli abusi, le torture e la detenzione a tempo indeterminato senza processo.
Sono le stesse persone che conoscono anche l'orribile realtà che lo stato sionista ha creato nella Striscia di Gaza quando ha sigillato la zona tenendola ermeticamente sotto assedio a partire dal 2007, un assedio cui si accompagna lo stillicidio di uccisioni di bambini nella Cisgiordania occupata. Questa violenza non è un fenomeno nuovo: è l'inalterato volto del sionismo sin dalla fondazione dello stato sionista nel 1948.
Proprio grazie a questa società civile, cari amici dello stato sionista, il vostro governo e i vostri media saranno alla fine smentiti: non potranno rivendicare il ruolo di vittime, ricevere sostegno incondizionato e farla franca per i propri crimini.
Alla fine sarà questo quadro generale ad emergere, nonostante i media occidentali siano di parte per loro stessa natura.
La grande domanda, tuttavia, è questa: sarete in grado di vederlo anche voi, amici nello stato sionista? Sarete in grado di afferrare il quadro d'insieme nonostante anni di indottrinamento e di ingegneria sociale?
E, cosa non meno importante, sarete in grado di interiorizzare l'altra importante lezione che si può trarre dagli eventi recenti, ovvero che la forza pura e semplice non può trovare l'equilibrio tra un assetto giusto da una parte e un progetto politico immorale dall'altra?
In effetti un'altra possibilità esiste: è sempre esistita.
È la possibilità di una Palestina senza sionismo, libera e democratica dal fiume al mare. Una Palestina che riaccolga i rifugiati e costruisca una società che non discrimini sulla base della cultura, della religione o dell'etnia.
Questo nuovo Stato si impegnerebbe a correggere per quanto possibile, i mali del passato in termini di disuguaglianza economica, espropriazioni e diritti negati. Una cosa che potrebbe annunciare una nuova alba per tutto il Medio Oriente.
Non è sempre facile seguire la propria bussola morale. Se il suo nord è tuttavia rappresentato dalla decolonizzazione e dalla liberazione, essa vi farà probabilmente da guida per attraversare le nebbie dei veleni della propaganda, delle politiche ipocrite e della disumanità che viene spesso perpetrata in nome dei "nostri comuni valori occidentali".