Paolo Cognetti ha ambientato in Valsesia una sua personale versione letteraria di Nebraska di Bruce Springsteen.
Stando alla "libera informazione", alla Lega e agli "occidentalisti" valsesiani questo Giù nella valle non è piaciuto: guai a chi ritrae i territori da loro amministrati in toni meno che oleografici.
Alcolismo, bracconaggio, emigrazione, risse, solitudini abissali, liti tra vicini o anche fra parenti per un maso, per una recinzione, per un metro di bosco? Tutte realtà familiari a chi conosca la vita nei borghi di montagna e tutti con puntuali riscontri nel reale.
Ma pretendono che si vada a cercarli altrove, preferibilmente lontano, magari dall'altra parte del mondo.
Ecco: l'ideale sarebbe qualche pietraia afghana, di quelle da redimere con la democrazia da esportazione.
Ovunque, ma non lì.
E quel Cognetti pensi bene a limitarsi a elogiare gli impianti sciistici all'avanguardia, la mocetta e la polenta concia, che ci basta un messaggio a certi nostri collaboratori specializzati in calzini e da domattina si ritrova islamonazianarcocomunista eterogay su tutte le gazzette della penisola.
Un motivo sufficiente per raccomandare la lettura del libro, cui chi scrive si è dedicato col brio primaverile con cui esamina, elogia e divulga le cose suscettibili di infastidire un certo milieu di ben vestiti.