In quindici giorni Walter Veltroni è riuscito laddove avevano fallito in tanti prima di lui: perdere tutto quello che c'era da perdere, distruggere la sinistra parlamentare e consegnare Roma agli alamanni.
L'idea fissa del veltronismo: liberarsi con sufficienza dalla "sinistra antagonista" (come la chiamano) in nome di uno sfondamento al centro che non c'è stato. I cliché berlusconiani ripetuti con dieci anni di ritardo hanno reso il Partito "Democratico" lunare almeno quanto è a tutt'oggi lunare la sua apparente controparte del Volgo della Libertà. E per produrre questo spettacoloso risultato, i media di "sinistra" come Repubblica hanno aderito da anni a precisi ordini di scuderia, accodandosi a riprodurre e ad amplificare quella tempesta di cronaca nera granguignolesca e di quel razzismo di default che sono diventati la colonna portante dell'"informazione" -o meglio, dell'indementimento- occidentale.
Messi in condizione di scegliere tra l'originale e la copia, in pochi elettori hanno avuto dubbi, pur nelle condizioni da barzelletta cui è ridotta la "democrazia" rappresentativa peninsulare.
La base della "sinistra antagonista" non si è posta neppure il problema ed ha semplicemente evitato di andare a votare. Presi in giro per mesi da un governo eletto perché facesse poche e semplici cose, come la commissione d'inchiesta sul macello genovese, il ritiro dei contingenti mandati a tenere bordone alle pazzesche imprese di yankee e sionisti, contratti di lavoro e salari che non sembrassero più delle prese per il culo che altro, gli attivisti della sinistra -tra i pochi rimasti a far politica gratis- hanno assistito ad un anno e mezzo di "altolà di Mastella" e di altri ributtanti siparietti dello stesso genere. Meglio fuori dal parlamento, allora; meglio nelle piazze, che ritrovarsi a compromessi umilianti con un gruppo di potere imbarbarito anche più dei suoi elettori.
Escono di scena bastonati i finti proletari e gli indossatori di cachemire, con la Fabbrica della Paura che gira come e più di prima, e che non solo produce dividendi elettorali alla grande, ma col suo emergenzialismo perenne ed inventato sta facendo imputridire già da un pezzo anche la vita quotidiana. Lasciamo la parola a Riccardo Venturi, che esponeva dalla Svizzera su usenet già nel 2005 le considerazioni che seguono. Chi ha votato con tanto entusiasmo per l'ordine e la disciplina avrà modo di meditarvi, quando, ad idillio finito, capirà che l'unica traduzione operazionale e tangibile della "sicurezza" elettorale è che chi esce di casa senza patente viene fermato dalla stradale dopo due chilometri.


L'italia l'è moribonda
(Riccardo Venturi, da it.politica) 

Giorgio Bocca intitola il suo ultimo saggio "L'Italia l'è malada".
Ohibò, non pensavo che l'ex partigiano, in tarda età, riuscisse ancora nonostante tutto- ad essere così ottimista. L'Italia non è "malada", è semplicemente moribonda. Un paese in piena agonia sociale, brutto, stupido e volgare.
Vi sono stato per qualche mese, ultimamente. La prima considerazione che mi viene da fare riguarda le facce della gente comune. Quelle che si vedono a giro, sui marciapiedi. Sono facce torve. Ghigne di passanti. La paura reale o creata ad arte, perché con la paura si domina il mondo e non solo un paese. La dittatura della paura e della "sicurezza".
Quelle facce sono la migliore risposta, e la più efficace, a chi ciancia di una specie d' inesistente paese del Bengodi sciorinando quintali di "cifre" false e manipolate. Non importa fornire controcifre e controdati su tale o tal altra cosa. Basta guardare in faccia la gente e osservare. Dicono molte e più vere cose delle cifre.
Osservare i suoi comportamenti, anche. Nelle cose quotidiane.
Osservare il modo in cui è gestito il territorio.
Osservare la totale scomparsa di ogni tipo di senso civico.
Osservare l'invecchiamento della popolazione, con tutto ciò che comporta; un paese, oramai, di ultrasessantenni onnipotenti, senza alcun rinnovo generazionale. Non solo per quanto riguarda la "classe
politica" (che, comunque, è un fedele specchio delle condizioni del paese), ma anche le componenti sociali fondamentali. E poi ci vengono ancora a parlare della "gerontocrazia sovietica"; l'Italia attuale è un paese di dinosauri molto più dell'ex Unione Sovietica.
Un paese di cartelloni pubblicitari oramai affissi anche sui tronchi degli alberi.
Un paese di "SUV".
Un paese in preda alle più terribili atrofizzazioni del cervello, dal calcio ai "reality show" televisivi.
Un paese di un'ignoranza colossale, abissale; un'ignoranza che si esprime benissimo nell'attuale "governo", ma che non trova nessun contraltare valido neppure in quella che viene definita "opposizione". Opposizione a che cosa? A che cosa si oppongono realmente questi signori? Allo sfacelo del paese che anche loro hanno contribuito a creare?
Un paese dove "cultura" è oramai una parolaccia, un insulto che teste sempre più vuote sbavano quotidianamente nei confronti dei pochi che ancora cercano di rappresentarci degnamente. Basta vedere che cosa è avvenuto pochi mesi fa con Mario Luzi. Chi ha detto che, al posto di Mario Luzi, avrebbe dovuto essere creato senatore a vita Mike Bongiorno, ha in questo caso pienamente ragione. L'Italia attuale è molto meglio rappresentata da Mike Bongiorno che da Mario Luzi.
Un paese dove le forze ancora vive che cercano di resistere si vedono sempre più mancare il terreno sotto i piedi, bollate quasi come una feccia da eliminare. Per forza: sono le sole, ancora, nella loro diversità, capaci di opporsi. Di fare un'opposizione autentica, dura, senza compromessi. Logico che vadano tolte di mezzo. Ancora, però, se ne ha paura.
Un paese dove è tornato di moda uno stupido "patriottismo" di facciata a base di bandierine, "soldati di pace" e sceneggiati televisivi costantemente infarciti di poliziotti e carabinieri.
Un paese dove la verità storica viene sempre di più sconciata, banalizzata, piegata al potere di turno.
Sconciata al pari dell'ambiente. L'Italia è quel paese dove il "ministro per l'ambiente", tale Altero Matteoli, esponente del Partito Nazionale Fascista, viene indagato per una faccenda di costruzioni abusive all'Isola d'Elba, in uno degli angoli paesaggisticamente più belli.
Un paese da un lato sempre meno elevato, che sprofonda nel baratro del suo spirito; e più vi sprofonda, più la viscida facciata "religiosa" della chiesa cattolica invade ogni sfera della vita umana. E così, nel paese meno "spirituale" e più buzzurro del mondo, preti e pretonzoli spadroneggiano con le loro voci suadenti. Ovunque. Talmente ovunque da sapersi in gravissimo pericolo; e poi parlano di "scristianizzazione". Ma tanto è colpa dell' "Islam".
Un paese sempre più spicciamente e subdolamente razzista. Non importa che scrittori volonterosi pubblichino saggi precisi in cui si fa notare come, solo pochi anni fa, gli "albanesi del mondo" eravamo noi, con tutto ciò che ne è conseguito. Adesso ci sentiamo tanto superiori da puntare il dito e da invocare
"misure restrittive" sempre più draconiane perché vogliamo sentirci "sicuri dai barbari" quando i veri barbari siamo diventati noi.

E' questa l'Italia che ho visto. Senza peraltro leggere neanche una riga del saggio di Giorgio Bocca, a parte qualcosa passata sui giornali.
E' l'Italia che ho percepito coi miei occhi, quella del "Natale" più triste che mi sia capitato di vedere in tutta la mia vita. Un'Italia sempre più povera. Ma non parlo strettamente dell'economia. E' un'Italia sempre più povera di energia, di autentica forza vitale. Un paese oramai incapace di proporre idee valide. Un paese stanco fino all'esaurimento. Un paese che ha cessato di credere in se stesso e si affida per questo passivamente a degli sciacalli, a delle iene che stanno spolpando quel poco che ancora è rimasto per arricchirsi sempre di più.

Opporsi.
Chi ha ancora voglia di farlo?
Chi ne è ancora capace, ognuno coi propri mezzi?
Chi è ancora vivo in questo paese di morti?