Agosto 2008. Credendosi chissà chi, il presidente georgiano Mikheil Saakashvili fa aggredire dall'esercito nazionale l'Ossezia del Sud, secessionista da oltre quindici anni. La reazione delle forze separatiste e soprattutto il successivo intervento russo lo mettono in pochi giorni nelle condizioni ideali per recitare, a beneficio dei media "occidentali", la parte della povera vittima.
Il blogger Venik, che secondo ogni evidenza non si fa incantare dalle stronzate diffuse dagli organi di stampa più servili, commenta il rovescio subito dai georgiani con considerazioni schiette e piuttosto irridenti, come quella che segue.
Il blogger Venik, che secondo ogni evidenza non si fa incantare dalle stronzate diffuse dagli organi di stampa più servili, commenta il rovescio subito dai georgiani con considerazioni schiette e piuttosto irridenti, come quella che segue.
Marzo 2006. Soldati georgiani addestrati dagli USA durante la cerimonia di fine corso al centro di addestramento militare di Krtwsanisi, poco distante dalla capitale Tbilisi, in procinto di partire per l'Iraq (fonte di foto e didascalia: Jane's Defense Weekly, 2 gennaio 2007). Commento di Venik: qualcuno avrebbe dovuto dire a Saakashvili che per combattere contro i russi non è sufficiente vestire il suo esercito come quello americano.
La mossa di Saakashvili è stata preparata per almeno due anni con affannosi e pubblicizzatissimi acquisti di armi, ed era il segreto di Pulcinella della geopolitica caucasica. Resta da quantificare in quale misura i suoi padroni lo hanno incoraggiato o indirizzato, ed in quale misura invece lo spettacoloso risultato delle operazioni è frutto di sue iniziative pressappoco indipendenti. La campagna d'Ossezia è cominciata con l'idea di spezzare le reni ai "terroristi" e si è conclusa, per il momento, grazie alla mediazione francese. Ha portato ai seguenti, folgoranti risultati: estesi danni alla città di Tskhinvali, riconquista russa di tutti i territori osseti, entrata in guerra dell'Abkhazia, entrata delle truppe russe nel territorio georgiano con l'occupazione del porto di Poti e della città di Gori e cattura da parte dei russi di una mole sorprendente di mezzi e di materiali, che i militari georgiani hanno spesso abbandonato in perfette condizioni di funzionamento. In particolare, i russi hanno potuto entrare in possesso di sistemi d'arma americani ed israeliani di ultima generazione e di svariati documenti sulle mene degli yankee e del Mossad.
Nel corso di uno sbugiardamento in piena regola, avvenuto senza che dai media che operano nello stato che occupa la penisola italiana venisse una sola voce meno che servile nei confronti degli americani, i media ed i politici russi hanno dato alla cosa il massimo della pubblicità ipotizzando senza reticenze che l'origine dell'estrosa presa di iniziativa da parte del presidente georgiano, tutto teso ad accreditarsi come paladino del Bene, vada cercata anche e soprattutto di là dall'Atlantico. C'è anche la possibilità, ventilata da varie fonti, che il Mossad e i militari israeliani stessero cercando di utilizzare le basi georgiane per raid contro la Repubblica Islamica dell'Iran e che solo la sconfitta sul terreno abbia fatto sfumare il loro tentativo.
La piccola AmeriKKKa ai piedi del Caucaso è tutta da reinventare, dopo una guerra finita come finiscono di solito le avventure dementi, e Mikheil Saakashvili può dirsi fortunato che l'esercito russo non sia andato a cercarlo a casa sua.
La mossa di Saakashvili è stata preparata per almeno due anni con affannosi e pubblicizzatissimi acquisti di armi, ed era il segreto di Pulcinella della geopolitica caucasica. Resta da quantificare in quale misura i suoi padroni lo hanno incoraggiato o indirizzato, ed in quale misura invece lo spettacoloso risultato delle operazioni è frutto di sue iniziative pressappoco indipendenti. La campagna d'Ossezia è cominciata con l'idea di spezzare le reni ai "terroristi" e si è conclusa, per il momento, grazie alla mediazione francese. Ha portato ai seguenti, folgoranti risultati: estesi danni alla città di Tskhinvali, riconquista russa di tutti i territori osseti, entrata in guerra dell'Abkhazia, entrata delle truppe russe nel territorio georgiano con l'occupazione del porto di Poti e della città di Gori e cattura da parte dei russi di una mole sorprendente di mezzi e di materiali, che i militari georgiani hanno spesso abbandonato in perfette condizioni di funzionamento. In particolare, i russi hanno potuto entrare in possesso di sistemi d'arma americani ed israeliani di ultima generazione e di svariati documenti sulle mene degli yankee e del Mossad.
Nel corso di uno sbugiardamento in piena regola, avvenuto senza che dai media che operano nello stato che occupa la penisola italiana venisse una sola voce meno che servile nei confronti degli americani, i media ed i politici russi hanno dato alla cosa il massimo della pubblicità ipotizzando senza reticenze che l'origine dell'estrosa presa di iniziativa da parte del presidente georgiano, tutto teso ad accreditarsi come paladino del Bene, vada cercata anche e soprattutto di là dall'Atlantico. C'è anche la possibilità, ventilata da varie fonti, che il Mossad e i militari israeliani stessero cercando di utilizzare le basi georgiane per raid contro la Repubblica Islamica dell'Iran e che solo la sconfitta sul terreno abbia fatto sfumare il loro tentativo.
La piccola AmeriKKKa ai piedi del Caucaso è tutta da reinventare, dopo una guerra finita come finiscono di solito le avventure dementi, e Mikheil Saakashvili può dirsi fortunato che l'esercito russo non sia andato a cercarlo a casa sua.