Febbraio 2009. Alleanza Nazionale tenta una manifestazione a Firenze; una prova di forza tutt'altro che riuscita, in occasione della "giornata del ricordo" indetta da qualche anno per ricordare i "martiri delle foibe".
Brutto mestiere quello del politicante. Fare a cazzotti con la logica e con il buon senso in cambio di due lire non dev'essere molto gratificante per la coscienza.
Ammesso di averne una, ovviamente.
Jacopo Cellai è un consigliere comunale fiorentino; un politicante gggiovane. Uno di quelli appena al primo gradino del laido cursus honorum che, se tutto va male, lo porterà tra qualche lustro a scaldare una poltrona in uno di quei due begli stanzoni in cui a Roma si decide, per lo più senza alcuna cognizione di causa, cosa è bene e cosa è male per i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana.
Il 7 febbraio a Firenze il suo partito, Alleanza Nazionale, ha tentato di mobilitare attivisti e simpatizzanti in una manifestazione di livello nazionale in ricordo di quelli che solo negli ambienti di quel partito vengono definiti i "martiri delle foibe". Questi "martiri", detto molto a grandi linee, sono le vittime, uccise spesso in modo atroce, della violenza bellica e postbellica sul confine orientale della penisola italiana, grosso modo le ultime del tributo pagato al secolo delle stragi in quella regione d'Europa.
La prova di forza di Alleanza Nazionale è riuscita meno che a metà, tra le grida belluine, gli sberleffi ed i propositi da grand guignol di una contromanifestazione convocata in una piazza distante una trentina di metri.
Appena possibile, Jacopo Cellai dirama comunque il comunicato stampa che qui riportiamo per intero, e che svisceriamo con la sprezzante pignoleria ben nota ai lettori assidui dei nostri scritti.
«Sembra impossibile che nel 2009 si possa assistere ad una manifestazione contro coloro che ricordano il dramma delle foibe». E' quanto ha dichiarato Jacopo Cellai, vicecapogruppo di Alleanza Nazionale-PdL.
Invece è, per nostra fortuna, possibilissimo. Specialmente quando il ricordo di un avvenimento storico del genere viene asservito ad interessi elettorali prima e ancora che di parte e rappresenta l'unica occasione in cui l'Alleanza Nazionale fiorentina fa finta di occuparsi di qualcosa di diverso dalla criminalizzazione dell'Altro.
«Un presidio - ha proseguito Cellai - fatto di bandiere rosse con falce e martello, di slogan vergognosi inneggianti alle foibe come "fascisti nelle foibe", o "i covi fascisti si chiudono con il fuco" [sic, n.d.r.], con la musica a tutto volume tanto per disturbare e provocare, con i vessilli di Rifondazione comunista, l'invito alla partecipazione al contro-corteo della consigliera De Zordo e il silenzio pesante del Partito Democratico. Un partito che non si è in alcun modo espresso contro questa vergognosa provocazione, alla quale centinaia di giovani di destra spesso associati alle cose peggiori hanno risposto sventolando il tricolore in silenzio».
A giudicare dal travaso di bile provocato agli scaldasedie di A.N., l'operazione di disturbo pare perfettamente riuscita; e un'operazione di disturbo è un'operazione di disturbo, non una partita di bridge. Pretendere che altre forze politiche si associno ad un'iniziativa realizzata per intero ad uso e consumo dei propri iscritti è effettivamente pretendere troppo. I "giovani di destra", anche nelle ultime settimane, hanno pienamente meritato la pessima fama di cui godono. Se non vogliono essere trattati da vermi del creato, basterebbe che smettessero di comportarsi da vermi del creato.
«Questo è accaduto sabato scorso a Firenze. Ma non è così impossibile da capire - ha sottolineato il vicecapogruppo di AN - se oggi si visita in Palazzo Vecchio la mostra organizzata con 10 pannelli su fascismo, esodo e foibe. Chiunque e, spero pochi, veda la mostra ne esce senza avere alcuna sensazione della drammaticità, della inumanità, della crudeltà mostruosa delle foibe. Ne esce invece con un piccolo excursus in mano sulla storia di Istria, Dalamazia e Venezia Giulia, dal 1919 al 1956, con la consapevolezza che le foibe sono una brutta cosa nell'ambito di soprusi e violenze scatenate dal nazifascismo che hanno innescato la reazione jugoslava. Il giustificazionismo alla base delle foibe, cioè la stessa linea di pensiero che è stata espressa nella prolusione di oggi in consiglio comunale, è la stessa motivazione di chi sabato teneva in mano la bandiera rossa».
La questione storica dei confini orientali della penisola italiana è stata sviscerata con metodo anche nel mondo della scuola e ci risulta che proprio un istituto superiore toscano sia stato premiato istituzionalmente per gli ottimi risultati conseguiti nella ricerca.
Jacopo Cellai vuole invece considerare le "foibe" una sorta di masso erratico della storia europea. L'intento dell'operazione, molto chiaro e perfettamente degno di lui e dei suoi commensali, segue sempre la stessa prassi: si estrae un episodio storico dal suo contesto, gli si attribuiscono cause metafisicamente malvagie, e si ascrivono al Male assoluto anche i responsabili, che si avrà cura di identificare perentoriamente nelle schiere "nemiche", secondo una visione dualistica utilissima per la palloneria ma deleteria in tutti gli altri campi dello scibile. In assenza di un contraddittorio l'operazione porta frutti elettorali di tutto rispetto, e se proprio i contraddittori arrivano si può sempre delegittimarli dando loro dei "terroristi", vocabolo che negli ultimi dieci anni ha identificato, nella comunicazione politica istituzionale, chiunque non si adeguasse in modo supino ed immediato alla weltanschauung di chi comanda. Con "giustificazionismo", in Alleanza Nazionale, si indica quello che in ambienti meno ingozzati di spaghetti prende il nome di "obiettività", se non di "competenza".
«E allora - ha concluso Cellai - fra le due cose 'preferisco' chi almeno ha la franchezza di manifestare in piazza contro un presunto revisionismo storico piuttosto che usare un'istituzione per lanciare lo stesso messaggio appena ammorbidito con l'ammissione della violenza jugoslava legata ai disegni di annessione di Tito. La doverosa contestualizzazione degli eventi storici non può tramutarsi in giustificazione più o meno velata, altrimenti si rimetterebbero in discussione tragedie ed orrori che devono essere invece ricordati e celebrati semplicemente per ciò che sono stati. Le foibe sono foibe, la storia di quelle terre è altra cosa. Non l'abbiamo ancora capito tutti. Per la sinistra radicale e riformista c'è ancora molta strada da fare. I fatti di sabato, la mostra e la prolusione di oggi ne sono la prova». (fn)
Il revisionismo storico è una cosa seria, e presume per lo meno una cognizione di causa sufficiente a truccare le carte. Alleanza Nazionale fa qualcosa di meno, ed ovviamente qualcosa di ancora più basso, perché si limita ad applicare alla storia del confine orientale quelle tecniche di denigrazione che sono la base della comunicazione politica lobbysta di tipo yankee.
Il paragrafo permette di apprezzare l'insistenza con cui Jacopo Cellai pretende ascolto per la propaganda che gli hanno insegnato a travestire da Verità: a sentir affermare "le foibe sono foibe, la storia di quelle terre è un'altra cosa" anche il semplice appassionato di divulgazione storica non può che sorridere sprezzantemente.
I responsabili politici del ventennio fascista hanno improntato la loro azione politica e sociale alla cecità ed all'incompetenza più assolute, ed hanno anche tentato di uscire da una tragedia mondiale senza pagare a nessuno il prezzo della propria consapevole avventatezza. Un esame obiettivo -e quindi dannoso, agli occhi di Alleanza Nazionale- degli avvenimenti in questione potrebbe partire da questo assunto.
Brutto mestiere quello del politicante. Fare a cazzotti con la logica e con il buon senso in cambio di due lire non dev'essere molto gratificante per la coscienza.
Ammesso di averne una, ovviamente.
Jacopo Cellai è un consigliere comunale fiorentino; un politicante gggiovane. Uno di quelli appena al primo gradino del laido cursus honorum che, se tutto va male, lo porterà tra qualche lustro a scaldare una poltrona in uno di quei due begli stanzoni in cui a Roma si decide, per lo più senza alcuna cognizione di causa, cosa è bene e cosa è male per i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana.
Il 7 febbraio a Firenze il suo partito, Alleanza Nazionale, ha tentato di mobilitare attivisti e simpatizzanti in una manifestazione di livello nazionale in ricordo di quelli che solo negli ambienti di quel partito vengono definiti i "martiri delle foibe". Questi "martiri", detto molto a grandi linee, sono le vittime, uccise spesso in modo atroce, della violenza bellica e postbellica sul confine orientale della penisola italiana, grosso modo le ultime del tributo pagato al secolo delle stragi in quella regione d'Europa.
La prova di forza di Alleanza Nazionale è riuscita meno che a metà, tra le grida belluine, gli sberleffi ed i propositi da grand guignol di una contromanifestazione convocata in una piazza distante una trentina di metri.
Appena possibile, Jacopo Cellai dirama comunque il comunicato stampa che qui riportiamo per intero, e che svisceriamo con la sprezzante pignoleria ben nota ai lettori assidui dei nostri scritti.
«Sembra impossibile che nel 2009 si possa assistere ad una manifestazione contro coloro che ricordano il dramma delle foibe». E' quanto ha dichiarato Jacopo Cellai, vicecapogruppo di Alleanza Nazionale-PdL.
Invece è, per nostra fortuna, possibilissimo. Specialmente quando il ricordo di un avvenimento storico del genere viene asservito ad interessi elettorali prima e ancora che di parte e rappresenta l'unica occasione in cui l'Alleanza Nazionale fiorentina fa finta di occuparsi di qualcosa di diverso dalla criminalizzazione dell'Altro.
«Un presidio - ha proseguito Cellai - fatto di bandiere rosse con falce e martello, di slogan vergognosi inneggianti alle foibe come "fascisti nelle foibe", o "i covi fascisti si chiudono con il fuco" [sic, n.d.r.], con la musica a tutto volume tanto per disturbare e provocare, con i vessilli di Rifondazione comunista, l'invito alla partecipazione al contro-corteo della consigliera De Zordo e il silenzio pesante del Partito Democratico. Un partito che non si è in alcun modo espresso contro questa vergognosa provocazione, alla quale centinaia di giovani di destra spesso associati alle cose peggiori hanno risposto sventolando il tricolore in silenzio».
A giudicare dal travaso di bile provocato agli scaldasedie di A.N., l'operazione di disturbo pare perfettamente riuscita; e un'operazione di disturbo è un'operazione di disturbo, non una partita di bridge. Pretendere che altre forze politiche si associno ad un'iniziativa realizzata per intero ad uso e consumo dei propri iscritti è effettivamente pretendere troppo. I "giovani di destra", anche nelle ultime settimane, hanno pienamente meritato la pessima fama di cui godono. Se non vogliono essere trattati da vermi del creato, basterebbe che smettessero di comportarsi da vermi del creato.
«Questo è accaduto sabato scorso a Firenze. Ma non è così impossibile da capire - ha sottolineato il vicecapogruppo di AN - se oggi si visita in Palazzo Vecchio la mostra organizzata con 10 pannelli su fascismo, esodo e foibe. Chiunque e, spero pochi, veda la mostra ne esce senza avere alcuna sensazione della drammaticità, della inumanità, della crudeltà mostruosa delle foibe. Ne esce invece con un piccolo excursus in mano sulla storia di Istria, Dalamazia e Venezia Giulia, dal 1919 al 1956, con la consapevolezza che le foibe sono una brutta cosa nell'ambito di soprusi e violenze scatenate dal nazifascismo che hanno innescato la reazione jugoslava. Il giustificazionismo alla base delle foibe, cioè la stessa linea di pensiero che è stata espressa nella prolusione di oggi in consiglio comunale, è la stessa motivazione di chi sabato teneva in mano la bandiera rossa».
La questione storica dei confini orientali della penisola italiana è stata sviscerata con metodo anche nel mondo della scuola e ci risulta che proprio un istituto superiore toscano sia stato premiato istituzionalmente per gli ottimi risultati conseguiti nella ricerca.
Jacopo Cellai vuole invece considerare le "foibe" una sorta di masso erratico della storia europea. L'intento dell'operazione, molto chiaro e perfettamente degno di lui e dei suoi commensali, segue sempre la stessa prassi: si estrae un episodio storico dal suo contesto, gli si attribuiscono cause metafisicamente malvagie, e si ascrivono al Male assoluto anche i responsabili, che si avrà cura di identificare perentoriamente nelle schiere "nemiche", secondo una visione dualistica utilissima per la palloneria ma deleteria in tutti gli altri campi dello scibile. In assenza di un contraddittorio l'operazione porta frutti elettorali di tutto rispetto, e se proprio i contraddittori arrivano si può sempre delegittimarli dando loro dei "terroristi", vocabolo che negli ultimi dieci anni ha identificato, nella comunicazione politica istituzionale, chiunque non si adeguasse in modo supino ed immediato alla weltanschauung di chi comanda. Con "giustificazionismo", in Alleanza Nazionale, si indica quello che in ambienti meno ingozzati di spaghetti prende il nome di "obiettività", se non di "competenza".
«E allora - ha concluso Cellai - fra le due cose 'preferisco' chi almeno ha la franchezza di manifestare in piazza contro un presunto revisionismo storico piuttosto che usare un'istituzione per lanciare lo stesso messaggio appena ammorbidito con l'ammissione della violenza jugoslava legata ai disegni di annessione di Tito. La doverosa contestualizzazione degli eventi storici non può tramutarsi in giustificazione più o meno velata, altrimenti si rimetterebbero in discussione tragedie ed orrori che devono essere invece ricordati e celebrati semplicemente per ciò che sono stati. Le foibe sono foibe, la storia di quelle terre è altra cosa. Non l'abbiamo ancora capito tutti. Per la sinistra radicale e riformista c'è ancora molta strada da fare. I fatti di sabato, la mostra e la prolusione di oggi ne sono la prova». (fn)
Il revisionismo storico è una cosa seria, e presume per lo meno una cognizione di causa sufficiente a truccare le carte. Alleanza Nazionale fa qualcosa di meno, ed ovviamente qualcosa di ancora più basso, perché si limita ad applicare alla storia del confine orientale quelle tecniche di denigrazione che sono la base della comunicazione politica lobbysta di tipo yankee.
Il paragrafo permette di apprezzare l'insistenza con cui Jacopo Cellai pretende ascolto per la propaganda che gli hanno insegnato a travestire da Verità: a sentir affermare "le foibe sono foibe, la storia di quelle terre è un'altra cosa" anche il semplice appassionato di divulgazione storica non può che sorridere sprezzantemente.
I responsabili politici del ventennio fascista hanno improntato la loro azione politica e sociale alla cecità ed all'incompetenza più assolute, ed hanno anche tentato di uscire da una tragedia mondiale senza pagare a nessuno il prezzo della propria consapevole avventatezza. Un esame obiettivo -e quindi dannoso, agli occhi di Alleanza Nazionale- degli avvenimenti in questione potrebbe partire da questo assunto.