Il 16 maggio 2009 abbiamo preso parte ad una manifestazione piuttosto nutrita (migliaia di persone) convocata a Firenze in risposta ad un'alzata d'ingegno della gendarmeria, della quale crediamo di aver identificato con buona approssimazione almeno una parte dei retroscena.
Le foto e i documenti qui riportati possono fornire qualche spunto sulla giornata; un confronto tra quanto succede nella vita reale e la descrizione che ne danno i pennaioli ed i guitti della politicanza "occidentalista" non può che rappresentare un'operazione costruttiva.
Il corteo ha seguito un percorso abbastanza tipico, partendo da piazza San Marco, percorrendo il centro storico e concludendosi in Piazza d'Azeglio. Una differenza sostanziale, al colpo d'occhio, è nella partecipazione; il materiale per verificare la cosa è dato dalle foto del corteo pubblicate in giro per il web. Contrariamente alle "manifestazioni" cui partecipano le poche decine di interessati che si accalcano a questa o a quella greppia rappresentata da un partito istituzionale, c'erano pochissime bandiere (di partito, quasi nessuna) e moltissime persone. Le scarse presenze di piazza dell'attivismo "occidentalista", rappresentato a Firenze da un'Azione Giovani in via di smantellamento, sono orientate in senso opposto in considerazione di esigenze mediatiche di cui l'attivismo politico di base non ha alcuna ragione di occuparsi, ed arrivano per questo ad exploit grotteschi, tipo due bandiere per partecipante.
Il corteo ha seguito un percorso abbastanza tipico, partendo da piazza San Marco, percorrendo il centro storico e concludendosi in Piazza d'Azeglio. Una differenza sostanziale, al colpo d'occhio, è nella partecipazione; il materiale per verificare la cosa è dato dalle foto del corteo pubblicate in giro per il web. Contrariamente alle "manifestazioni" cui partecipano le poche decine di interessati che si accalcano a questa o a quella greppia rappresentata da un partito istituzionale, c'erano pochissime bandiere (di partito, quasi nessuna) e moltissime persone. Le scarse presenze di piazza dell'attivismo "occidentalista", rappresentato a Firenze da un'Azione Giovani in via di smantellamento, sono orientate in senso opposto in considerazione di esigenze mediatiche di cui l'attivismo politico di base non ha alcuna ragione di occuparsi, ed arrivano per questo ad exploit grotteschi, tipo due bandiere per partecipante.
Percorrendo via Martelli verso il Duomo c'è un'edicola. Le locandine esposte quel giorno rendevano abbastanza l'idea il rapporto sempre più labile che i giornalisti hanno con la realtà e al tempo stesso confermavano la pervasività della scala dei valori "occidentali". Si noti "Il Giornale della Toscana": il centro città era così blindato che il corteo ha potuto percorrere per intero via Calzaiuoli, uno dei tanti (troppi) salotti buoni di Firenze... ma a quelli di via Cittadella non è parso il vero di far passare avanti 'sta faccenda, scalzando dalla headline uno di quei casi di corruttela spicciola talmente diffusi che c'è da pensare rappresentino l'essenza della vita associata contemporanea, di quella western way of life che in quella redazione devono difendere col sangue. Il giorno seguente "Il Giornale della Toscana" lamenterà al suo scarso pubblico che la presenza del corteo cittadino ha sottratto ai candidati del palloniere Giovanni Galli una preziosa giornata di propaganda. Davvero roba da dispiacersi.
"Il Nuovo [ah, e che ci sarebbe di "nuovo"?, N.d.R.] Corriere di Firenze" tiene famigghia, e non può certo alzar la cresta affrontando argomenti degni di questi anni di sostanziale smantellamento della democrazia, di economia a pallino, di impoverimento generale e di sistematica distruzione dei diritti acquisiti. Per lo meno riesce ad ottimizzare le risorse: risparmia paroloni e fiato e lascia il campo a una con poca roba addosso. Quella pare la capiscano anche gli "occidentalisti".
"Il Nuovo [ah, e che ci sarebbe di "nuovo"?, N.d.R.] Corriere di Firenze" tiene famigghia, e non può certo alzar la cresta affrontando argomenti degni di questi anni di sostanziale smantellamento della democrazia, di economia a pallino, di impoverimento generale e di sistematica distruzione dei diritti acquisiti. Per lo meno riesce ad ottimizzare le risorse: risparmia paroloni e fiato e lascia il campo a una con poca roba addosso. Quella pare la capiscano anche gli "occidentalisti".
Dopo un percorso piuttosto lungo per tutto il centro città, il corteo è tornato nella zona da cui era partito, dirigendosi al Liceo Carcere Michelangelo, sedicente fucina dei talenti e della classe dirigente del domani. Da qualche anno in qua sulla facciata compare anche una lapide che ricorda gli ex studenti rimasti vittime della seconda guerra mondiale, tra i quali l'oculista e rav Nathan Cassuto. Questo non significa che certi fasti debbano finire nel dimenticatoio: tutt'altro. Il liceo tramanda dunque orgoglioso il nome e l'esempio di due partecipanti all'aggressione contro l'Etiopia. Settant'anni dopo la coerenza e la logica vorrebbero che gli studenti di oggi andassero a far la fila al distretto: quale migliore prospettiva, per i fiorentini diciottenni, dello spargere le proprie interiora sull'asfalto di qualche cittadina irachena?
Alla facciata del liceo, ottimo pendant alla lapide su descritta, è finito appeso uno striscione che inquadra con buona approssimazione il ruolo del preside -pardon, del "dirigente scolastico" o come altro li chiamano da quando li hanno nominati manager per decreto legge- nelle procedure di incanalamento e soprattutto di repressione del dissenso messe in atto negli ultimi mesi.
Sul sito istituzionale del liceo è apparsa attorno alla metà del mese una lettera firmata dal dirigente scolastico Massimo Primerano.
Non sapremmo dire se il testo ispiri più tenerezza o più indignazione. Massimo Primerano, in pratica, ammette d'aver abboccato come un ghiozzo all'esca avvelenata servitagli da un giornalista, e poi tìtuba, annaspa e cincischia di "rispetto delle idee e della legalità" in nome di ciò che secondo ogni evidenza gli sta a cuore davvero: "salvaguardare l'immagine del liceo".
Il concetto ed il discrimine di "immagine" hanno acquisito importanza nel corso degli anni Ottanta del passato secolo, quando tutti i canali di comunicazione sono stati incrostati da un'ideologia che nell'"immagine", strettamente connessa con il tornaconto, aveva uno dei propri punti fermi. Anzi, l'unico punto fermo, verrebbe da dire, trasformando dapprima la vita quotidiana in una passerella di stracci firmati, e poi imponendo con gli anni la stessa "firma" a tutti gli aspetti della convivenza civile, con l'ovvia stigmatizzazione di chi non si adeguava e a tutt'oggi non si adegua.
Ora, a questo "disimpegno" lodatissimo nelle redazioni, si affianca una realtà di fatto ormai priva di alcun freno e di alcun ritegno: la penisola italiana è saldamente in mano ad una cricca di politicanti cui tutto è concesso, e che da decenni offre di sé il più miserando e ripugnante degli spettacoli, costituendo in questo un perfetto specchio dei sudditi, delle cui aspirazioni e dei cui "valori" è il perfetto sublimato. Sotto, una marea crescente di individui dal potere d'acquisto in libera caduta non da oggi, ma da decenni, da tenere buoni con tutti i sistemi leciti e non; l'importante e che non facciano (e possibilmente neppure si facciano) domande scomode, e che non disturbino il manovratore. Un'adorazione del diritto di proprietà che già il sacerdote cattolico Lorenzo Milani definiva mostruosa ed un'idolatria per i potenti che assegna validità di legge sacra ad ogni editto da questi partorito completano il quadro in cui si sdipana una realtà quotidiana sempre più umiliante e avvilente.
Non bastando tutto questo, negli ultimi anni potenti e sedicenti tali hanno spesso affiancato ad uno stato di cose già orribile anche la frequente ostentazione di una disumanità profonda e condivisa.
In questa situazione, che Massimo Primerano si occupi innanzitutto della salvaguardia di un'"immagine", e che lo faccia tirando in ballo una "legalità" di cui i protagonisti del lunare mondo cui compartecipano gazzettieri e politici fanno strame in ogni loro atto, non può certo sorprendere.
Può sorprendere invece la convinzione con la quale lui, e soprattutto la ben retribuita pattuglia che tutela sui media e nelle sedi istituzionali i "valori" dei benpensanti della città, pensano che negare un luogo d'aggregazione possa per il futuro metterli al riparo da certe brutte sorprese. Nel mese di Jumaada al-Awwal del 1430, epoca di comunicazione diffusa a livelli capillari, hanno l'atteggiamento di chi, trovatasi la città piena di volantini di denuncia, pensi a rastrellarne le cartolerie per requisire cannucce e inchiostro di china, paventandovi gli strumenti principe di ogni sovversione.
Va qui ricordato come uno dei più grandi rivoluzionari del secolo passato, Ruhullah Musavi Khomeini, prima messo dalle autorità iraniane in condizione di non poter più parlare in pubblico e alla fine esiliato nel confinante Iraq, avesse cominciato ad incidere su nastro i suoi discorsi, e a farli clandestinamente entrare nel paese partendo dalla città di Najaf...
Sul sito istituzionale del liceo è apparsa attorno alla metà del mese una lettera firmata dal dirigente scolastico Massimo Primerano.
Non sapremmo dire se il testo ispiri più tenerezza o più indignazione. Massimo Primerano, in pratica, ammette d'aver abboccato come un ghiozzo all'esca avvelenata servitagli da un giornalista, e poi tìtuba, annaspa e cincischia di "rispetto delle idee e della legalità" in nome di ciò che secondo ogni evidenza gli sta a cuore davvero: "salvaguardare l'immagine del liceo".
Il concetto ed il discrimine di "immagine" hanno acquisito importanza nel corso degli anni Ottanta del passato secolo, quando tutti i canali di comunicazione sono stati incrostati da un'ideologia che nell'"immagine", strettamente connessa con il tornaconto, aveva uno dei propri punti fermi. Anzi, l'unico punto fermo, verrebbe da dire, trasformando dapprima la vita quotidiana in una passerella di stracci firmati, e poi imponendo con gli anni la stessa "firma" a tutti gli aspetti della convivenza civile, con l'ovvia stigmatizzazione di chi non si adeguava e a tutt'oggi non si adegua.
Ora, a questo "disimpegno" lodatissimo nelle redazioni, si affianca una realtà di fatto ormai priva di alcun freno e di alcun ritegno: la penisola italiana è saldamente in mano ad una cricca di politicanti cui tutto è concesso, e che da decenni offre di sé il più miserando e ripugnante degli spettacoli, costituendo in questo un perfetto specchio dei sudditi, delle cui aspirazioni e dei cui "valori" è il perfetto sublimato. Sotto, una marea crescente di individui dal potere d'acquisto in libera caduta non da oggi, ma da decenni, da tenere buoni con tutti i sistemi leciti e non; l'importante e che non facciano (e possibilmente neppure si facciano) domande scomode, e che non disturbino il manovratore. Un'adorazione del diritto di proprietà che già il sacerdote cattolico Lorenzo Milani definiva mostruosa ed un'idolatria per i potenti che assegna validità di legge sacra ad ogni editto da questi partorito completano il quadro in cui si sdipana una realtà quotidiana sempre più umiliante e avvilente.
Non bastando tutto questo, negli ultimi anni potenti e sedicenti tali hanno spesso affiancato ad uno stato di cose già orribile anche la frequente ostentazione di una disumanità profonda e condivisa.
In questa situazione, che Massimo Primerano si occupi innanzitutto della salvaguardia di un'"immagine", e che lo faccia tirando in ballo una "legalità" di cui i protagonisti del lunare mondo cui compartecipano gazzettieri e politici fanno strame in ogni loro atto, non può certo sorprendere.
Può sorprendere invece la convinzione con la quale lui, e soprattutto la ben retribuita pattuglia che tutela sui media e nelle sedi istituzionali i "valori" dei benpensanti della città, pensano che negare un luogo d'aggregazione possa per il futuro metterli al riparo da certe brutte sorprese. Nel mese di Jumaada al-Awwal del 1430, epoca di comunicazione diffusa a livelli capillari, hanno l'atteggiamento di chi, trovatasi la città piena di volantini di denuncia, pensi a rastrellarne le cartolerie per requisire cannucce e inchiostro di china, paventandovi gli strumenti principe di ogni sovversione.
Va qui ricordato come uno dei più grandi rivoluzionari del secolo passato, Ruhullah Musavi Khomeini, prima messo dalle autorità iraniane in condizione di non poter più parlare in pubblico e alla fine esiliato nel confinante Iraq, avesse cominciato ad incidere su nastro i suoi discorsi, e a farli clandestinamente entrare nel paese partendo dalla città di Najaf...
Il corteo, al quale si sono mescolati gli autori di lecturae dantis tenutesi in giro per Firenze il giorno stesso, turisti, passanti ed ogni altro rappresentante di una realtà viva e vitale nonostante gli sforzi di una marmaglia giornalaia cui in tutta la giornata sono andati forse un millesimo degli insulti che meriterebbe, si è chiuso in una piazza d'Azeglio piena di bambini che giocavano, documentata in quest'ultima foto. Migliore smentita a i'ddegrado e alla sihurezza dei giornali, non sapremmo trovarne.