Gennaio 2010. Eugenio Benetazzo ha pubblicato, scrivendo da Seattle dopo un mese di permanenza negli Stati Uniti d'AmeriKKKa, un lungo scritto di cui non condividiamo né le attribuzioni causali né molte conclusioni, a cominciare dalla connotazione della multirazzialità come negativa a prescindere e come causa prima ed ultima dei fenomeni ritratti che emerge qua e là nel testo. Condividiamo invece, per averne avuto molte conferme indipendenti nel corso degli anni, il ritratto degli Stati Uniti che viene tratteggiato nelle ultime righe.
Secondo quanto abbiamo avuto modo di sapere, i primi campanelli d'allarme sulla deriva in corso avrebbero dovuto suonare all'inizio degli anni Settanta del XX secolo, quando la
middle class presentava comportamenti di spesa e di consumo autodistruttivi già nell'immediato.
Nel corso degli ultimi anni è avvenuto anche un cambiamento piuttosto percettibile nella strategia della sedicente "unica potenza mondiale". Un cambiamento talmente percettibile da trasparire senza difficoltà agli occhi di chiunque appartenga alla minoranza civile che non si è fatta accecare dalla propaganda. Mentre le economie di altri ed emergenti colossi, come la Cina e l'India, si espandono utilizzando metodi apparentemente pacifici, gli Stati Uniti hanno fatto ampio ricorso alla guerra per la tutela dei propri "interessi", riuscendo a fallire anche in questo. La popolazione yankee in genere viene ritratta da Benetazzo in termini tanto realistici quanto ingenerosi. Il problema principale per chi yankee non è, e che non può quindi escludere a priori di imbattersi un giorno o l'altro nelle piacevolezze della "democrazia da esportazione", è il successo conosciuto dalla weltanschauung che la caratterizza, diffusosi senza freno alcuno su scala mondiale.


[...]Non lo avrei potuto immaginare, ma vi è un risentimento ed un odio trasversale tra le varie etnie che popolano il paese che mi ha più volte intimorito: bianchi contro afroamericani, ispanici contro afroamericani, orientali contro ispanici, insomma tutti contro tutti. In più occasioni per le strade di Miami e Chicago ho assistito ad episodi di tensione razziale stile “Gran Torino”. Chi parla con ingenuità evangelica di integrazione razziale per questo paese, probabilmente ha studiato per corrispondenza all'Università per Barbieri di Krusty (noto personaggio della serie televisiva The Simpsons).
I bianchi benestanti che fanno gli executive (dirigenti, funzionari o colletti bianchi ben pagati) si autoghettizzano da soli in quartieri residenziali che assomigliano a paradisi dentro a delle prigioni, con videosorveglianza e servizi di sicurezza privati degni del Pentagono. Di contrasto dai fast food, ai jet market, alle pompe di benzina, a qualsiasi altro retail service a buon mercato, trovate tutte le altre razze che ramazzano i pavimenti, servono ai tavoli, lavano le vostre auto, consegnano pizze a domicilio o guidano i taxi per uno stipendio discutibilmente decoroso. L'AmeriKKKa per alcuni aspetti (opportunità di lavoro per i giovani che hanno indiscusse capacità) può sembrare superficialmente un buon paese, ma se ti soffermi ad osservarla con un occhio critico, sotto sotto è un paese marcio e primitivo da far schifo, a me si è rivelato per quello che è realmente ovvero un calderone multirazziale con la maggior parte delle persone (bianchi compresi) che hanno il senso di autocoscienza di uno scarafaggio. L'americano medio (che sia un bianco, cinese, messicano o afroamericano) se ne frega assolutamente dei problemi ambientali del pianeta, della sofferenza inaudita degli animali nei loro allevamenti intensivi, delle carestie in Africa o dei conflitti in Medio Oriente, si interessa solo che possa ingozzarsi di hotdog, bere fiumi di coca cola, guardarsi il superbowl e guidare il suo megatruck dai consumi spropositati. Pur tuttavia, nel lungo termine sono piuttosto dubbioso che si possa riprendere dal processo di imbarbarimento ed impoverimento sociale che lo sta caratterizzando, per quanto potenziale bellico possa vantare, questo non lo sottrarrà dalla sorte che lo attende, prima il collasso economico e dopo quello sociale, scenario confermato anche da molte fonti di informazione indipendente che non si mettono a scimmiottare a turno a seconda della corrente politica che vince le elezioni, tipo la CNN o la FOX.