Giugno 2010. Il sito-bersaglio che a suo tempo fornì l'idea per la realizzazione di Io non sto con Oriana ha un brevissimo guizzo di vitalità dopo l'abbordaggio della nave turca Mavi Marmara da parte dei sionisti. Sulla sostanza di esso guizzo di vitalità, giudichi chi legge. Dunque: ...Loro stanno con Oriana, loro stanno con la ragione...

...E per un po' può anche andargli bene, o addirittura benone, tra presentazioni a Firenze in Palazzo Vecchio con camparini tiepidi e panini di ieri l'altro; a volte, purtroppo, arriva a guastargli la festa qualcuno che con la ragione ci sta sul serio, come ben sanno i nostri lettori.

Sono almeno una decina d'anni che "occidentalismo" e sionismo di complemento sono concetti che in gran parte coincidono: criticare l'esecutivo sionista significa beccarsi di terroristi e peggio, solitamente ad opera di qualche gazzettiere grasso da fare schifo o da qualche scaldapoltrone di politico parimenti in sovrappeso.
Dopo l'abbordaggio sionista della nave turca diretta a Gaza i sionisti peninsulari hanno copiaincollato un po' di propaganda stizzita, alla cui demolizione ci pregiamo di aver dato un piccolo contributo, e fine della questione.
Intanto, Hürriyet ha pubblicato una galleria fotografica in cui si vedono alcuni soldati sionisti conciati piuttosto male, complice un probabilissimo accompagnamento a calci giù per qualche rampa di scale ad opera di passeggeri del Mavi Marmara che non avevano alcuna intenzione di facilitargli le cose.

Dunque; in home page, Chi sta con Oriana ha pubblicato una livorosa invettiva (o disperante paragrafetto, per meglio dire) firmata Silvana de Mari in cui si espone una listarella mistilingue di gente che avrebbe tentato di distuggere lo stato sionista, tra i quali spiccano un "impero romeno d'Occidente" e dei "palestinesi halas", qualunque cosa siano; ma volete mettere quei bei gone e deleted, lapidari e definitivi come il destino di uno hamburger amriki fatto sparire in due bocconi in un fast food di Quarto Oggiaro?
Più su ancora c'è una frase attribuita a Martin Luther King:

”Tu dichiari, amico mio, di non odiare gli ebrei, di essere semplicemente ‘antisionista’. E io dico: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei. E che cos’è l’antisionismo? È negare al popolo ebraico un diritto fondamentale che rivendichiamo giustamente per la gente dell’Africa e accordiamo senza riserve alle altre nazioni del globo. È una discriminazione nei confronti degli ebrei per il fatto che sono ebrei, amico mio. In poche parole, è antisemitismo… Lascia che le mie parole echeggino nel profondo della tua anima: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei, puoi starne certo.”

Della questione ebbe ad occuparsi, nel 2006, il documentato e spietato blog Kelebek, il cui post riportiamo per intero perché denuncia una volta di più un approccio cialtrone alla comunicazione politica che certa gente non ha ancora imparato a ridimensionare, nonostante gli esiti disastrosi di tante lotte a coltello contro il principio di realtà.

domenica, 15 gennaio 2006

Bufale e giochi di prestigio

Nella terra che la Bibbia chiama Canaan, metà della popolazione gode di una splendida e ricca democrazia, il 10% se la cava così e così, e il 40% vive nella totale assenza di diritti e nella quasi totale assenza di altre cose importanti, come l'acqua.
Ci vuole un gigantesco gioco di prestigio, per trasformare una realtà di questo tipo in qualcosa di positivo, capace di suscitare il consenso di milioni di persone nel mondo.
Questo gioco di prestigio si chiama hasbarà, o pubblicità sionista. Ogni anno, l'organizzazione Hasbara Fellowships, assieme al governo israeliano educa oltre mille pubblicitari militanti nei suoi seminari, solo per lavorare nelle università americane.
Tipicamente, la hasbarà, come ogni pubblicità, crea un'immagine o una frase facilmente comprensibile e indirizzata a uno specifico target.
Esistono versioni per gli europei e per gli americani, per i razzisti occidentalisti e per i neri, per i cristiani religiosi e per i gay.
Prendiamo un esempio classico, la frase attribuita a Martin Luther King:
"...Tu dichiari, amico mio, di non odiare gli ebrei, di essere semplicemente 'antisionista'. E io dico, lascia che la verita' risuoni alta dalle montagne, lascia che echeggi attraverso le valli della verde terra di Dio: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei, questa e' la verita' di Dio... Tutti gli uomini di buona volonta' esulternno nel compimento della promessa di Dio, che il suo Popolo sarebbe ritornato nella gioia per ricostruire la terra di cui era stato depredato. Questo e' il sionismo, niente di piu', niente di meno... E che cos'e' l'antisionismo? E' negare al popolo ebraico un diritto fondamentale che rivendichiamo giustamente per la gente dell'Africa e accordiamo senza riserve alle altre nazioni del globo. E' una discriminazione nei confronti degli ebrei per il fatto che sono ebrei, amico mio. In poche parole, e' antisemitismo... Lascia che le mie parole echeggino nel profondo della tua anima: quando qualcuno attacca il sionismo, intende gli ebrei, puoi starne certo."
Questa frase viene sempre seguita dalla citazione, molto precisa, della fonte:
Martin Luther King, 'Letter to an Anti-Zionist Friend', Saturday Review, XLVII (agosto 1967), ristampata in MARTIN LUTHER KING, This I Believe: Selection from the Writings of Dr. Martin Luther King jr., New York 1971, pp.234-235.
La frase compare ovunque. In italiano, si trova ad esempio citata in bella evidenza, come presentazione del libro, L'abbandono. Come l'Occidente ha tradito gli ebrei, di Fiamma Nirenstein. Il 31 luglio del 2001, Michael Salberg dell'Anti-Defamation League (ADL) la citò di fronte a una commissione della camera dei deputati degli Stati Uniti; è comparsa innumerevoli volte in editoriali nella stampa di destra americana.
Un'organizzazione sionista dall'orwelliano nome di "Studiosi per la pace in Medio Oriente" (SPME) cita la frase sul proprio sito, accanto alla dichiarazione del proprio obiettivo, quello di occuparsi della "integrità morale accademica riguardo alla fabbricazione e alla falsificazione dei dati nelle discussioni sul Medio Oriente".
Ora, il bello è che la frase attribuita a Martin Luther King è proprio un esempio di "fabbricazione e di falsificazione dei dati". In altre parole, è una clamorosa bufala.
A scoprirlo
fu lo studioso antirazzista Tim Wise che era semplicemente andato a controllare la fonte citata, e aveva scoperto che il testo non era mai uscito sul Saturday Review. L'altra presunta fonte del testo, il libro "This I Believe", invece non esisteva in alcun catalogo librario.
Per limitare i danni, l'organizzazione sionista CAMERA - senza citare Wise, e agendo come se la scoperta fosse stata loro - pubblicò un comunicato in cui sostenevano che si trattava "probabilmente" di una beffa. Ma, assicuravano i propri sostenitori e finanziatori, rispecchierebbe ugualmente il vero pensiero di Martin Luther King, perché lui avrebbe pronunciato parole simili in un "discorso a Harvard nel 1968".
A sostegno dell'esistenza di questo "discorso a Harvard", abbiamo soltanto la parola del sionista militante, Seymour Martin Lipset, e di un deputato, che dicono di aver sentito Martin Luther King pronunciare, non un discorso, ma una battuta del genere durante una cena.
Può essere che sia vero; ma curiosamente, altre fonti indicano che Martin Luther King visitò Cambridge, il comune in cui si trova l'università di Harvard, per l'ultima volta nel 1967.

Insomma, come dicono i nostri amici, un po' di informazione corretta.