Estate 2010. I lettori di iononstoconoriana.com sanno benissimo cosa pensiamo della televisione. Qualcun altro, evidentemente, no.

L'immagine sopra fa riferimento ad una lettera inviata da Torino.
La RAI è l'ente radiotelevisivo dello stato che occupa la penisola italiana. Sulla qualità delle sue produzioni abbiamo opinioni tanto precise quanto irriferibili, peraltro estese alla televisione come medium in sé; ci siamo dunque sempre guardati dall'acquistare o comunque mettere in funzione apparati televisivi di qualunque genere.
In altre parole, il destinatario delle attenzioni di questa gente non ha mai posseduto televisioni e non ha la minima intenzione di procedere in merito.
Invece, l'ufficio di Torino statuisce in otto lingue che il destinatario la televisione ce l'ha, e che dunque deve pagare centonove euro.
Una tassa probabilmente unica al mondo, che chi proviene da realtà più normali è giusto che accolga straniato per l'assurdità o strozzandosi dalle risa.
In cambio dei centonove euro, il pagatore sarebbe autorizzato a farsi legalmente invadere la casa da un mondo vociante di ciarle offensive ed inutili in azione ventiquattro ore su ventiquattro. In questo, la produzione statale e la produzione privata sono in gara da decenni a fare del loro peggio: riempire gli spazi tra le pubblicità spendendo il meno possibile richiede una propensione al vuoto pneumatico e alla più offensiva mercificazione dell'esistente perfettamente rappresentative dei "valori occidentali".